L’art. 48 della COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, in vigore dal 1° gennaio 1948, stabilisce che “il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. Pare un’ovvietà ma, a ben vedere, le elezioni comunali del 4 maggio prossimo in provincia di Trento delineano la possibilità che, in 84 dei 154 comuni chiamati alle urne, il voto “libero e segreto” potrebbe non essere tale.
Taluno potrebbe osservare che il ragionamento è senza solido fondamento. Ma il dubbio è il sale della vita e, dunque, pure della democrazia. Nella provincia autonoma di Trento ci sono 84 comuni nei quali è stata presentata una sola lista, con un altrettanto solitario candidato/candidata sindaco.
Temendo l’astensione più della partecipazione al voto, il consiglio provinciale di Trento, la scorsa estate ha modificato (ne ha competenza primaria) la legge elettorale. Ha abbassato il “quorum”, cioè la soglia minima di partecipazione al voto, al 40% più uno degli iscritti alle liste elettorali del singolo comune. In precedenza la soglia minima di votanti era del 50% più uno.
Nei comuni dove è stata presentata una sola lista, se non sarà raggiunta la partecipazione al voto almeno del 40% degli aventi diritto le elezioni saranno nulle. In attesa di nuove elezioni, l’amministrazione comunale sarà affidata a un commissario nominato dalla Giunta Provinciale. È ciò che accadrà in tre comuni (Luserna, Madruzzo e Capriana) dove, per la convocazione elettorale di maggio, non è stata presentata alcuna lista.
Ma una sola lista può garantire la libertà e la segretezza del voto così come stabilito dall’art. 48 della Costituzione della Repubblica Italiana?
Non possediamo studi e competenze costituzionali. Tuttavia, a lume di naso, in presenza di una sola lista, il voto “libero e segreto” non sarà. Vediamo perché.
Ogni elettore che si reca al seggio è segnato su un registro elettorale che ne certifica il diritto di voto. Accanto a nome e cognome, il presidente di seggio segna il numero del documento di riconoscimento presentato dall’elettore e, una volta posta nell’urna la scheda elettorale, ne certifica l’avvenuta votazione.
Dove sta il problema? Il diavolo si nasconde nei dettagli, direbbe qualcuno. Infatti, a elezione avvenuta, il nuovo sindaco e il nuovo consiglio comunale potrebbero verificare chi è andato alle urne. Pertanto conoscere nome e cognome di chi ha votato per l’amministrazione e di chi, per contro, non avendo alcuna fiducia in quell’unica lista elettorale si è astenuto.
È ben vero che un elettore, sfiduciato o contrario alla lista unica, potrebbe votare scheda bianca o annullare la scheda, ma la sua partecipazione al voto sarebbe un contributo al raggiungimento del “quorum”, del quoziente elettorale necessario per rendere valida l’elezione.
E coloro i quali non fossero andati alle urne? Potrebbero essere discriminati dalla nuova amministrazione comunale. A questo punto si può parlare di “voto libero e segreto”? A nostro modestissimo parere, no.
Ci fu il sindaco di un paese trentino che molti anni fa scese a Trento, si presentò nel palazzo della Provincia in piazza Dante e chiese udienza all’assessore (allora non serviva fare anticamera, mandare email, prenotare un appuntamento con largo anticipo…). Fu fatto entrare al cospetto dell’importante amministratore. Dopo i convenevoli di rito, il sindaco domandò all’assessore un contributo per la propria comunità. Avuto il nome del comune di provenienza, l’assessore aprì un cassetto e (allora non c’era il computer) scartabellò un registro con l’elenco dei comuni della provincia di Trento. “Caro sindaco, dunque lei viene da… Vede, nel suo comune, quando ci furono le elezioni, io presi soltanto tre voti. Pochi, troppo pochi. Torni alla prossima tornata elettorale. Se sarò rieletto (sottinteso: grazie anche ai voti del suo comune) vedremo di fare qualcosa”.
Mutatis mutandis non si vorrebbe che il “nostro” elettore che il 4 maggio non sarà andato a votare, davanti a una richiesta di intervento al sindaco della lista unica possa trovarsi… in mutande.
Ps. Ci sarebbe una soluzione. Anche per evitare che qualcuno, in vena di puntiglio, possa chiedere l’annullamento delle elezioni nei comuni con una sola lista e rivolgersi alla Corte Costituzionale per un quesito sulla “libertà e segretezza del voto”. Basta un codicillo della legge elettorale: “Non concorrono al quorum le schede bianche o nulle”. Ma tant’è.
Intanto, l’arch. Pier Dal Rì, dopo aver letto quanto sopra, scrive:
“Ricordo bene quando lavoravo ai Beni culturali della Provincia con Guido Lorenzi, l’assessore con addentellati familiari a Ospedaletto, in Valsugana. In quel paese stavo ristrutturando per conto della Provincia la chiesa parrocchiale per un importo di circa 80 milioni di lire. Un giorno venne il sindaco, credo si chiamasse Osti, e domandò una integrazione dei lavori. Guido Lorenzi aprì un cassetto, a destra della scrivania, e lesse: “Lorenzi: a Ospedaletto, paese natale, 40 preferenze”. Guardò il sindaco e poi il sottoscritto. E sentenziò: “Due milioni di lire a voto, me par massa”. Voto segreto, ma dati pubblici”.
Tanto per ribadire il concetto.
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