Anche il nuovo anno si aprirà sulle note di walzer e polke e su quella “Radetzky Marsch” di Johann Strauss senior che suggella un rito tutto europeo, seppur trasmesso in mondovisione, che affascina ancora milioni di spettatori e amanti della musica. Quest’anno il “Neujahrskozert der Wiener Philarmoniker” compie 84 anni.
È infatti il 1° gennaio 1941 quando, fra gli stucchi dorati della sala del “Musikverein” di Vienna, risuona la grande orchestra, diretta da Clemens Krauss che è anche l’ideatore di questo progetto, subito condiviso dal Ministro della Propaganda del III Reich, Joseph Goebbels. Se già due anni prima (31 dicembre 1939) un concerto a fini benefici, con incasso devoluto al “Winterhilfswerk” (Opera di soccorso invernale) organizzazione assistenziale nazista, ha dato esiti più che soddisfacenti, dopo un anno di sospensione, prende piede una tradizione che registra entusiastiche accoglienze e che spinge in direzione dell’ottimismo e della “immancabile vittoria finale”.
Il cuore dell’evento è costituito, da sempre, dalle composizioni della “dinastia Strauss” e la direzione dell’orchestra, dopo le stagioni segnate dalla bacchetta di Krauss e di Joseph Krips, per un quarto di secolo rimane saldamente in mano all’estro e alla simpatia di Willy Boskowsky. È quest’eclettico violinista che dirige e solo quando scende definitivamente dal podio, lo sostituiscono i più grandi direttori d’orchestra del mondo: da Maazel a Kleiber e Mehta; da Abbado a von Karajan e da Muti a Barenboim.
I “Wiener” vengono fondati nel 1842 e costituiscono una realtà particolare nel panorama delle grandi orchestre, anzitutto perché si autogestiscono, in base ad una totale autonomia ed indipendenza e poi perché le decisioni sono prese sulla base di un voto democratico, attraverso il quale i musicisti scelgono anche chi li può dirigere.
Alla metà degli anni Sessanta però, un enorme scandalo politico rischia di travolgere il concerto e con esso anche l’orchestra dei “Wiener Philarmoniker”. Il 30 settembre 1966 escono dal carcere di Spandau a Berlino Albert Speer e Baldur von Schirach, dopo avere scontato le pene inflitte dal Tribunale internazionale di Norimberga. Se il primo è stato il pupillo di Hitler, l’architetto del nazismo e l’efficiente ministro degli armamenti, il secondo ha ricoperto soprattutto il ruolo di responsabile della “Hitlerjugend” (Gioventù nazista) e poi di governatore di Vienna, nelle cui vesti collabora con Eichmann alla deportazione di 185.000 ebrei austriaci verso lo sterminio.
Pochi giorni dopo il rilascio, un emissario dell’orchestra raggiunge von Schirach per consegnargli una “reliquia del passato”, ovvero un Ehrenring (anello d’onore) assegnato al gerarca dall’orchestra ancora nel 1942, a simboleggiare gli stretti legami fra l’istituzione musicale e il regime nazista, al punto che ben tredici musicisti ebrei scompaiono nel gorgo della Shoah, grazie alla delazione dei loro colleghi e soprattutto del trombettista Helmuth Wobish. Quest’ultimo viene licenziato nel dopoguerra, per poi essere riammesso nella compagine orchestrale con il compito di direttore esecutivo.
D’altronde, è un intreccio inestricabile di luci e ombre che accompagna la storia dei “Wiener” durante il nazismo, con molti professori d’orchestra iscritti al partito ed alcuni addirittura membri delle SS. Bisogna attendere l’anno 2013, in occasione del 75.mo anniversario dell’ Anschluss (l’annessione dell’Austria al Reich) perché l’orchestra affidi ad un gruppo di storici indipendenti e guidati dal prof. O. Rathkolb l’incarico di fare luce sul periodo nazista ed è proprio grazie a questo lavoro di ricerca che emerge il dramma dei musicisti ebrei.
Ciò non toglie nulla al fatto che il concerto di Capodanno rimane uno degli eventi musicali più popolari e seguiti al mondo, con oltre un miliardo di spettatori grazie alla diffusione televisiva. Ancor oggi “An der schönen blauen Donau”, il più celebre walzer del mondo, introduce il nuovo anno con una spruzzata di leggerezza e ottimismo. Buon Anno a tutti!