Una delle più iconiche immagini della Rivoluzione francese è quella delle popolane di Parigi che, nella piazza delle esecuzioni capitali e sotto il palco di “madama ghigliottina”, sferruzzano e sghignazzano quando la pesante lama si abbatte, troncando teste di nobili e di preti. Quel tonfo secco e sordo, nel mettere in atto una politica terroristica indiscriminata, alimenta, secondo i rivoluzionari, la nuova Virtù repubblicana, sulla quale fa perno la Rivoluzione. È questa Virtù che si oppone a quella monarchica e conservatrice, tutta impegnata nella difesa delle classi dirigenti e dello “statu quo” e che Maximilien de Robespierre, il rivoluzionario per eccellenza, così descrive: “Io parlo di quella Virtù magica che tanti prodigi operò in Grecia e nella Roma antica; di quella Virtù che non è altro, se non amore della patria e delle sue leggi” e il Terrore quindi “altro non è che la giustizia severa e inflessibile, ossia l’emanazione della Virtù!”
Sappiamo che le radici di questa particolare forma di terrorismo di massa vengono poste con la fuga del re Luigi XIV e della sua famiglia, il 10 agosto 1791. L’opinione pubblica francese, anche la più moderata, rimane scandalizzata e delusa da una fuga che appare soprattutto come un tradimento, contrapposto allo spirito patriottico che anima il Paese. D’altronde, in quel momento specifico, tutto ciò che non è conforme alle aspirazioni della Rivoluzione è, automaticamente, un tradimento e come tale va punito con la più “severa e inflessibile giustizia”.
Esattamente un anno dopo quel vano tentativo del monarca di riparare all’estero, il palazzo delle Tuileries viene preso d’assalto dal popolo che sospende il re da ogni sua funzione e, di fatto, abroga la monarchia. È questo l’avvio del cosiddetto “Terrore storico”, cioè un periodo segnato da inaudite e spesso arbitrarie violenze e dall’ossessione dell’invasione straniera volta a restaurare il potere regio. Il Terrore nasce insomma dalla collera verso il tradimento del re, in quanto padre e protettore della Francia e come tale tenuto a difendere la patria in pericolo e non darsi alla fuga nottetempo. Proprio l’ansia per il destino della Francia, identificata ovviamente nella Rivoluzione tradita ed esposta al rischio del fallimento a causa dell’incombere degli eserciti stranieri che premono ai confini, è il motivo che giustifica quindi ogni tipo di superamento del diritto e l’avvento di una stagione della paura collettiva.
Non si tratta solo delle passioni furenti dei “giacobini”, bensì di una reale sensazione che pervade anzitutto l’esercito di popolo creato dalla Rivoluzione stessa il quale, seppur mal organizzato e debole, è mosso da una passione patriottica straordinariamente intensa e profonda, capace di fornire le energie necessarie alla sconfitta delle agguerrite truppe austriache e prussiane e poi al dilagare in tutta Europa. In tale contesto, il Terrore, al netto degli inevitabili eccessi che sempre accadono in simili circostanze, rappresenta così una sorta di “legge di guerra”, che muove la politica e le sue scelte. Ci aiuta ancora Robespierre, quando scrive: “Il movente del governo popolare nella Rivoluzione è, nello stesso tempo, la Virtù e il Terrore”. Due volti della medesima medaglia rivoluzionaria, per la quale la paura della condanna e dell’esecuzione ha anzitutto un valore deterrente e di castigo esemplare e deve costituire l’ultimo eccesso, prima che la Giustizia e la Verità si impongano sopra la società iniqua e crudele degli umani.
È con questo spirito che si spiegano gli orrori delle stragi di innocenti prigionieri nelle carceri di La Force o dell’Abbaye, nel settembre del 1792. È per tali ragioni che la testa della principessa di Lamballe, infilzata su di una picca, viene portata in processione a Parigi, mentre l’intera famiglia reale subisce la decollazione. Il Terrore dilaga e colpisce, non tanto l’aristocratico in quanto tale, bensì il nemico del binomio “Patria Rivoluzione”. Sono i figli della Rivoluzione che vivono nella spaventata ansia del ritorno dell’“anciene regime” e con esso di tutto lo sfruttamento e la miseria entro cui il popolo è campato a stento per secoli ed è questa paura a generare risposte isteriche e gratuitamente violente, come appunto quelle prodotte nella stagione del Terrore, che sfuggono al controllo della politica.
Il Terrore degenera ben presto, fino a dar corso a quella mostruosità giuridica rappresentata dalla legge del 22 Pratile (10 giugno) del 1794, che stabilisce: “Niente più difensori nei processi contro i traditori. Difendere i traditori significa cospirare. Sono aboliti gli interrogatori preliminari, la fase istruttoria, le testimonianze scritte e i testimoni stessi. La prova morale è sufficiente!”
Nel successivo mese di Messidoro, l’elenco dei giustiziati è, a dir poco, incredibile: 19 uccisi il 1 luglio; 27 il giorno seguente e i giorni successivi la media delle condanne capitali, nella sola città di Parigi, è di circa cinquanta persone al giorno. Tra di loro molti autentici rivoluzionari, considerati ormai superati dalle nuove élites, pertanto traditori. La Rivoluzione, attraverso questo terrorismo di massa, divora i propri figli. Accade in Francia e accadrà, un secolo più tardi, nella Russia degli czar e della furia bolscevica. Il meccanismo si ripete con tragicità, segnando di sé appunto una modalità di governo d’emergenza poggiata sulla paura e la violenza.
Se alla sbarra della storia è rimasto, per secoli, Robespierre, quale massimo responsabile teorico del Terrore, oggi la scienza storica tende a correggere tale giudizio, consapevole che l’uomo non è il regista del “Comitato di Salute Pubblica”, dal quale il Terrore prende forma quotidiana, ma ne è solo un componente e nemmeno molto influente. Robespierre – come molti altri rivoluzionari suoi pari – è solo passione politica che crede ciecamente nella Rivoluzione di popolo e sogna di realizzarla a qualunque costo.
Egli è un “puro”; un integerrimo e non a caso soprannominato “l’incorruttibile”; un idealista disposto a tutto e per il quale “la libertà consiste nell’obbedire alle leggi che ci si è date e la servitù nell’essere costretti a sottomettersi ad una volontà estranea” e ancora Robespierre afferma: “nel sistema instaurato con la Rivoluzione, tutto ciò che è immorale è impolitico e tutto ciò che è atto a corrompere è controrivoluzionario”.
Si tratta della giustificazione del terrorismo di massa che la Rivoluzione ha codificato, creando una sorta di “immunità etica” nell’uso di questo terrore e dei suoi esiti. Viene così aperta una “porta oscura” e che verrà utilizzata, con crescente frequenza, negli anni e nei secoli successivi, per assolvere ogni comportamento violento e terroristico in nome del supremo trionfo della rivoluzione, qualunque essa sia: da quella bolscevica a quella fascista prima e nazista poi, per giungere fino ai giorni nostri.
4. – continua (le precedenti puntate sono state messe on-line il 18 ottobre; 3 novembre; 16 novembre 2024)