Il FAI, fondo per l’ambiente italiano, ha aperto al pubblico quella che fu una cappella, oggi sala del Simonino, a palazzo Bortolazzi a Trento, lasciato in eredità (2018) al FAI e alla SOSAT da Marina Larcher Fogazzaro. Sarebbe stata una straordinaria occasione per lanciare “un messaggio di pace e tolleranza attraverso un luogo recuperato dal confine della vergogna” (Enrico Franco, Corriere della Sera del 13 luglio 2024). E invece si sono udite parole vuote, buone per ogni occasione. Per usare il dialetto trentino: “en brao e ‘n zigarét no se ‘l refuda a nessun”. Come dire: il nulla.
Ho appreso, per caso, di una cerimonia evocativa della vicenda del Simonino, ancora viva nella memoria dell’ebraismo e ho deciso di andare a Trento per vedere, “imbucandomi” clandestinamente.
Ritenevo fosse la narrazione di uno dei più noti drammi dell’antisemitismo, ma in realtà si è trattato di una esperienza “grandiosa”, soprattutto nel suo manifestare la piena consistenza del vuoto. Infatti, al momento degli immancabili discorsi ufficiali, l’intervento di una rappresentante istituzionale, del tutto casualmente anche assessore alla cultura, ha dimostrato un’incredibile capacità di parlare senza dire nulla.
Un profluvio festoso di vocali e consonanti e ringraziamenti e plausi e saluti e sorrisi e impegni e promesse e sforzi, è servito per comporre un vero sillabario del niente. Andando a braccio, anziché a Patrasso destinazione forse più consona, l’alta carica istituzionale è riuscita, in un luogo simbolico dell’antisemitismo europeo, nell’impresa titanica di non pronunciare nemmeno una volta la parola “antisemitismo”. Nemmeno un accenno, un sussurro, un bisbiglio, posto che un pensiero era forse troppo impegnativo. Nulla. E così mi sono convinto di non aver capito e di essere in un’altra cerimonia. Forse quella dell’inaugurazione di una scuola? Infatti subito dopo ha preso la parola una dirigente scolastica che ha parlato della bellezza. In un luogo che trasuda pregiudizio, persecuzione e morte, lei, ineffabile, ha parlato della bellezza.
Come essere mostruoso non ho alcun senso estetico, ma credevo che quel posto tutto potesse essere fuorché “bello”, altrimenti rischia di avere fascino anche Dachau.Ma evidentemente ho sbagliato cerimonia. Forse si trattava dell’inaugurazione di un supermercato. Quello della pochezza. Torno a Praga, dove anche lì ci sono inaugurazioni e cerimonie ma, almeno spero, assessori e dirigenti che sanno cosa stanno inaugurando.