Tornano gli orsi dal letargo nel quale erano rinchiusi, chi dalla natura chi dalla legge. E subito la Provincia autonoma di Trento e il Parco che è tutto fuorché parco di consigli, danno istruzioni per l’uso. Della paura e dell’orso. E il Golem, che è attento alla cronaca ursina e giudiziaria non ha perso tempo. Del resto la campagna elettorale soccorre gli audaci.
Sono fatto d’argilla, come tutti sanno e, non possedendo il dono della parola, trascorro il tempo pensando. D’altronde, non lo fa più nessuno e allora ci provo io, che son meno di nessuno.
Ho così fatto alcune scoperte straordinarie. Ad esempio, ho compreso come l’orso sia, in realtà, il primo e più ascoltato consigliere del Presidente Fugatti. Non ci sono leghisti, né sovranisti, né culturisti (che qualcuno dell’entourage ritiene essere turisti di cultura) che tengano. L’orso è il vero regista occulto. D’altronde non si spiegherebbe, ad esempio, la straordinaria efficacia comunicativa che dimostrano le indicazioni elargite, con generosa competenza in questi giorni, rispettivamente dalla Provincia e dalla direzione del Parco Nazionale Adamello–Brenta, per i casi di eventuale incontro con un orso aggressivo. E qui, insieme alle budella, il pensiero si contorce su sé stesso.
Infatti, mentre la Provincia – che come Giove tutto sa, tutto vede e (non sempre) risolve – consiglia vivamente di non avere alcuna reazione violenta, il Parco – che dovrebbe sapere, vedere e controllare e invece impasta i canederli – in perfetta coerenza suggerisce di reagire “urlando e cercando di colpire l’orso sul muso, con preferenza agli occhi e al “tartufo”, cioè la parte terminale del naso”.
Un raro esempio di raccordo e di condivisione convinta e convincente.
Un meccanismo perfetto che l’orso padroneggia sapientemente quando, di notte, lo si vede aggirarsi per i corridoi del “Palazzo” ingiungendo alle guardie notturne: “Valà, vèi chì!”, spingendo i poveretti a girare nella stessa confusione della sanità trentina.
In quel caos, furtivo il plantigrado si siede nell’ufficio di Fugatti e telefona … alla sua mamma, che è reclusa all’estero e non la vede da venticinque anni. Si finge la Meloni e ordina che gliela riportino al Casteller con un volo di Stato. In prigione, ma vicino a casa. Detto, fatto. Per il conto, ci pensa il Consiglio dei Ministri.