Nell’altro secolo, a Trento, si cantava con gusto “El merlo de Camp Trentin”. Chissà perché quelle “strofette a voci miste” tornano in mente leggendo le note del Golem da Praga che col merlo c’entra poco. O forse no. Il testo del “merlo” raccontava: “‘Na nott for da la Fersena, a l’ombra misteriosa, lì soto a quele albere, menava la morosa […] A la stazion, domenega, encontro ‘na serveta, con do putei che sbrigola, n’altro ‘l vol la bozeta. Coi oci fati a mandorla, la salta su de bot: “Entant che neto ‘l Franzele, lu ‘l tegna ‘l matelot.” “El ven ben subito, l’è chi che ‘l ven” cantava ‘l merlo de Camp Trentin.
C’è sempre qualcuno che si crede Qualcuno. Non uno qualunque, ma Qualcuno che, proprio perché è Qualcuno, si crede anche esentato dal rispetto della legge, salvo poi dover restituire parte di un mutuo provinciale impropriamente ricevuto. Nel frattempo quel Qualcuno, che la sorte ha fatto anche sedere fra i banchi del Consiglio comunale di Trento dopo una sonora sconfitta elettorale, scopre di essere ricolmo del dono della tolleranza e matura così alcune originali convinzioni. Ritiene, ad esempio, che per dodici minorenni abbandonati, per quanto problematici e difficili, sia idonea una “location” in un container e a una domanda in proposito (L’Adige, 1 maggio 2024, p. 13), risponde: “La location non si capisce perché si ritiene inadeguata, posto che non è vicina a molte abitazioni”. Anche Auschwitz non è vicino a molte abitazioni. Quella “location” consente poi a Qualcuno di plaudere al “governatore particolarmente corretto e disponibile” che l’ha voluta.
Sono solo un mostro d’argilla e non Qualcuno, ma quella “location” mi ricorda purtroppo altri luoghi ermetici, destinati ad altri minorenni non accompagnati, indesiderati e detestabili, in nome di un dio, una patria e una famiglia. Sono trascorsi ottant’anni. Quei concetti di dio, patria e famiglia sono ancora patrimonio di Qualcuno, così come sono del tutto estranei alla civiltà e all’umanità che sono, a loro volta, evidentemente estranee a Qualcuno.