Il mondo dell’informazione regionale, i giornalisti che lo hanno avuto collega o compagno di banco, hanno salutato martedì 16 aprile, a Villazzano, Mauro Lando. Il giornalista e scrittore aveva 77 anni. Per più di quarant’anni ha raccontato il Trentino sulle pagine del giornale “Alto Adige” (edizione di Trento), testata di teste pensanti che hanno avuto un peso anche nelle scelte economiche e politiche per lo sviluppo di questa terra-ponte fra mondo latino e mondo tedesco.
Nel mondo del giornalismo regionale, Mauro Lando è stata una figura di rilievo. Sconosciuto alla generazione Z, i cosiddetti “Centennials” (nati fra il 1997 e il 2012), per non dire della generazione Alpha o “Screenagers” (dal 2013 ai nostri giorni), Mauro Lando ha lasciato proprio a loro il frutto di una certosina ricerca d’archivio su fatti e misfatti, grandezze e miserie del secolo breve.
Ha trasformato la cronaca in storia e l’ha condensata in due volumi di un “Dizionario dei fatti, dei personaggi, delle storie del Trentino” (1945-1975 e 1976-2000) che sono anche la sintesi di un lungo impegno umano e professionale.
Per chi vive in città, ha descritto la “Trento nuova”, con le sue strade, le sue storie; la genesi e lo sviluppo urbanistico con l’espansione di vie e palazzi. Ma ha pure esplorato le radici dell’Autonomia (l’autogoverno e lo sviluppo del Trentino); ha raccontato lo sfruttamento idroelettrico (Energia nel Trentino: il lungo cammino dell’Autonomia); ha insistito sull’autogoverno con un “Dizionario delle parole dell’Autonomia”. Ha compilato le schede di un volume sui monumenti vegetali: “Alberi maestri nella città e nel territorio di Trento” (2017).
Per Villazzano, la sua comunità di elezione (era nato a Rovereto l’11 giugno 1946) dove è vissuto con l’amata moglie Gabriella, aveva scritto: “Da paese a quasi città: mezzo secolo di avvenimenti a Villazzano” (1990); “La natura in Marzola – geologia, piante, animali e sentieri della montagna” (1995).
Giornalista attento e curioso, cronista delle radici, aveva una passione inconsueta: dai viaggi in Italia e all’estero portava a casa immagini e riproduzioni su Adamo ed Eva formando, negli anni, un’iconografia smisurata sui leggendari “genitori del mondo”.
Un puzzle di immagini come il racconto, di drammatica attualità, tradotto in francese e in portoghese: “Il viaggio in treno da Jundaì al deserto del Néguev”. Disponibile in formato Kindle, narra l’arrivo di giovani emigranti brasiliani dallo Stato di San Paolo del Brasile in un kibbutz nel deserto del Nèguev in Israele e la loro disillusione; la guerra dei sei giorni, le manifestazioni degli studenti a Rio de Janeiro e il colpo di stato militare del 1968 in Brasile; la guerra di attrito nel canale di Suez e nella valle di Bet Shean nel 1969-71; l’intervento americano in Vietnam; un falso giornalista al Festival di Cannes. Questo lo sfondo su cui si dipana la storia di due fratelli e dei loro viaggi, tra il Brasile, l’Europa e Israele.
Approdato alla redazione trentina del giornale “Alto Adige”, dopo la laurea in Sociologia, Mauro Lando è stato per quarant’anni il giornalista autorevole e discreto, l’uomo sul quale, da direttore, Franco de Battaglia faceva affidamento per un lavoro di squadra al servizio dei lettori. Nel mese di gennaio del 1985 fu autore di uno scoop su una vicenda che, per qualche tempo, fece traballare gli scranni della politica provinciale e regionale. Il giornale “Alto Adige” del 24 gennaio 1985 uscì con il titolo clamoroso: “Trentino: nulle le elezioni provinciali. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un elettore”. Fu il cosiddetto “caso Zanetti” che si inseriva nella guerra, in atto nel mondo autonomista trentino, fra l’ala fedele al fondatore del PPTT, Enrico Pruner, e transfughi dell’UATT di Franco Tretter. La data su un atto notarile (13 novembre anziché 13 ottobre) di uno studio di Bolzano con il quale la SVP, e per essa Silvius Magnago, concedeva il simbolo della stella alpina all’UATT di Franco Tretter, provocò il ricorso al Consiglio di Stato (non c’era ancora il TAR, il Tribunale di giustizia amministrativa) di un elettore del PPTT, Sergio Zanetti (1927-1996).
L’incertezza e lo sconcerto fra la classe politico-amministrativa del Trentino si dilungarono per molti giorni. Poi tutto fu risolto all’italiana, con i tempi della giustizia che pronunciò un giudizio definitivo nell’autunno del 1988, a ridosso della scadenza naturale della legislatura.
Per la piccola storia del giornalismo trentino va detto che, quando Mauro Lando ebbe in mano il documento di annullamento delle elezioni, si precipitò a casa di Sergio Zanetti. Per evitare che l’uomo raccontasse a qualcuno la “sua” vittoria e la notizia arrivasse nelle redazioni dei giornali concorrenti (allora non c’erano gli smartphone), scarrozzò Zanetti in giro per il Trentino fino a tarda sera. Quando cioè l’articolo con l’annullamento delle elezioni era già in pagina e nelle rotative del giornale.
Fu uno dei tanti “buchi”, una delle tante notizie pubblicate in esclusiva, scovate con una paziente e meticolosa ricerca nei palazzi delle istituzioni così come fra la gente comune cui “il Lando” si rivolgeva con garbo e rispetto. Mai sopra le righe, sempre dalla parte dei più deboli, ha fatto del giornalismo una palestra quotidiana di umiltà. Lasciava ad altri il protagonismo, una delle malattie di questo mestiere. Osservava il lavoro dei colleghi con rispetto. Non si è mai atteggiato a maestro, lui, figlio di una insegnante che gli aveva instillato il senso del rigore anche con sé stesso.
Ai giornalisti ha dedicato anni di servizio negli organismi della categoria. Per 15 anni è stato il segretario del Consiglio dell’Ordine professionale; ha operato nel sindacato, è stato segretario generale dell’Unione nazionale giornalisti pensionati. È stato una persona perbene.