Non passa settimana che l’ing. Mario Basile, benemerita figura della città di Trento, non scriva le sue riflessioni e i suoi peana sulle pagine che il giornale l’Adige destina alle lettere dei lettori. È un esercizio quotidiano che l’ing. Basile onora con puntiglio, passeggiando a piccoli passi per la città, sotto il peso degli anni e dell’impegno politico che lo ha avvinghiato fin dal giorno in cui, l’Unto dal Signore è sceso in campo, ha fondato un partito e ha rastrellato milioni di voti facendo credere che era esclusivamente al servizio del Paese. Diceva mia nonna: “Ogni giorno nasce un cucco, beato chi lo cucca”. S’è visto come è andata.
Ecco, il nostro Torquemada dei graffiti si compiace di segnalare al direttore del giornale le nefandezze che incontra per la strada – scritte mal scritte, storture e buche, insulti al buongusto e via discorrendo – perché si è proclamato in cuor suo, probabilmente, difensore civico dalla inciviltà di taluni appartenenti al popolo trentino. Bravo, ben fatto e ben scritto.
Siamo certi che l’ingegnere ai telefoni (è stato direttore della SIP per anni, quando l’azienda telefonica – dal 1964 al 1994 si chiamava così prima di finire nel letto di Telecom, oggi di TIM) metterebbe tanto impegno nel denunciare le malefatte anche se a palazzo Thun sedesse qualcuno che discende dai nobili lombi del Cavaliere di grata (da parte sua, naturalmente) memoria. Difatti, benché la città sia in mano ai sindacalisti “rossi”, il sindacalista “azzurro” della cittadinanza dà atto all’amministrazione di essere impegnata “ad eliminare tali sfregi alla bellezza della città, ma – scrive – purtroppo molti di questi vengono rifatti nottetempo o durante manifestazioni politiche”. Ciò detto, il nostro amanuense ammette di non capire perché non si interviene sulla recinzione dell’ex carcere. “Personalmente – conclude la sua settimanale nota al giornale l’ingegnere virtuoso – penso che la soluzione definitiva di questo ultimo caso sarebbe la demolizione del detto manufatto che non ha alcun valore artistico”.
Il carcere asburgico è un monumento storico e non si può né si deve abbattere. Anche perché, sia mai che, visto l’andazzo, non possa servire per noi “liberi pensatori” che non abbiamo denaro e avvocati eletti al parlamento per far cambiare le leggi e rinviare i processi “finché morte non ci separi”. (Scusate i vaneggiamenti di un vecchio rimbambito.)
Tornando al nostro, adesso gli addetti-stampa dell’ufficio del sindaco dovranno darsi da fare per assicurare il solerte ingegnere sulla “vigile attenzione” della amministrazione comunale. Perché, va detto, lo scrivano di via Pilati sembra fidarsi poco del vigile operato dei vigili urbani (adesso il “corpo” si chiama pomposamente “Polizia municipale”) se non perde occasione per denunciare ciò che a suo modo di vedere sporca l’occhio e la città. Ma invece di continuare a scrivere non basterebbe una telefonata? Del resto, proprio al tempo in cui l’ing. Basile era direttore della SIP fu coniato lo slogan, efficace quanto pochi: “Una telefonata allunga la vita”. Vero è che hanno levato anche le ultime cabine del telefono. Forse non allungavano la vita ma avrebbero evitato tante lettere.