Ha suscitato un’interrogazione in Consiglio provinciale a Trento l’intervista che Giuliano Beltrami ha rilasciato l’altro giorno al “T-quotidiano” che l’ha pubblicata sotto il titolo “La Provincia taglia i rimborsi ai ciechi”. Il consigliere provinciale di “Campobase”, Michele Malfer, lette le dichiarazioni rilasciate al giornale da Giuliano Beltrami ha presentato immediatamente un’interrogazione cofirmata da Chiara Maule, Roberto Stanchina e Francesco Valduga. Si chiede alla Giunta provinciale di rivedere la decisione che ha portato a diminuire il chilometraggio annuo che consente un rimborso ai ciechi, e sono circa 800 in Trentino, per i viaggi effettuati nell’ambito del programma “Muoversi”.
Giuliano Beltrami, 70 anni il prossimo 15 ottobre, è cieco dalla nascita ma quando si tratta di combattere per i più deboli ci vede benissimo. Laureato in lettere a Padova, per anni docente di scuola media, pure insegnante di musica, le canta e le suona da una vita soprattutto a chi detiene (pro tempore) il potere. Da alcuni decenni fa anche il giornalista, corrispondente dalla penna felice per il giornale “l’Adige”; è direttore editoriale del periodico “Judicaria”, ma è stato presidente di “Italia Nostra”, consigliere comunale a Storo (con la minoranza e dunque di opposizione, ça va sans dire) e presidente di varie cooperative sociali, compreso Consolida, il Consorzio della Cooperazione sociale Trentina. Insomma uomo di battaglia e di battaglie, spesso vinte perché per i buoni, come per gli alpini, non esiste l’impossibile.
Trent’anni fa, con sua moglie, Maria Teresa, insegnante pure lei, s’era messo in mente di adottare un bambino. È andato fino in Russia a prenderlo, in un orfanotrofio, e già che c’era ne ha accolti due: fratello e sorella. Ma non avrebbe potuto ottenerli in affidamento perché, essendo cieco, la normativa sull’adozione non lo consentiva. Si rivolse al Tribunale di Trento (giudice Carlo Ancona) che gli diede ragione.
La battaglia per gli spostamenti con rimborso da parte della Provincia non è per se stesso: “Io sono un privilegiato – ha dichiarato a ilT-quotidiano – perché quando finisco i chilometri riconosciuti pago di tasca mia e non mi lamento. Ma ci sono persone cieche che se non prendono il taxi o un’autovettura con autista non si possono muovere”. Per molto tempo, sua moglie, Maria Teresa, che è una persona straordinaria perché stare accanto a un vulcano non è proprio agevole, gli ha fatto da autista. Anche oggi, quando serve.
Per quanto lo riguarda lui ha cominciato a muoversi fin da piccolo. A cinque anni, suo papà lo mise su una bicicletta e gli disse: “vai!”. E lui cominciò a districarsi fra le stradine e i vicoli di Darzo, il suo paese. Come avesse sempre pedalato e come se fosse stato un bambino vedente. “Annusavo l’aria, avvertivo gli ostacoli. Solo una volta sono finito di schianto contro un cancello.”
A scuola, quando insegnava, stupiva i ragazzini che lanciavano in aria aeroplanini di carta. “Metteteli via”, rampognava gli stupefatti allievi. Quanto a lui, ha preso l’aereo mille volte, spesso da solo. Viaggi in Africa per verificare di persona, per “vedere” da vicino il progresso dei progetti e delle micro-realizzazioni avviati con le sue cooperative di solidarietà internazionale.
L’ultimo viaggio pochi giorni fa, in Brasile, nelle favelas del Nord-est non prima di essere passato da Rio de Janeiro ed esser salito sul Corcovado sotto la statua del Cristo Redentore. Da dove si domina la baia di Copacabana e la città dei Meninos da Rua, i bambini di strada abbandonati e violati.
“In Brasile ho lasciato l’anima” racconta. Detto da lui, che l’anima la usa al posto degli occhi, dice quanto lo abbia coinvolto la trasferta sudamericana. Ne scriverà, ha promesso, per il nostro foglio liquido.
Per tornare dove abbiamo cominciato, ecco alcuni passaggi della lunga intervista a ilT-quotidiano.
Giuliano Beltrami, che cosa vuol dire essere disabile della vista?
“Vuol dire che hai gran parte dell’autonomia possibile ma non tutta.”
In quale contesto?
“Fin quando non arriveranno le automobili che si muovono senza conducente, per noi viaggiare sarà sempre un ostacolo”.
Per il resto?
“Va tutto bene perché oggi la tecnologia ti offre: dal computer alla bilancia che parla, al contagocce che dà i numeri, all’orologio tattile. C’è tutta la tecnologia che desideri al tuo servizio”.
Meno l’auto-guida.
“Appunto. E questo vuol dire dipendere dagli altri”.
Solo in questo?
“Per quanto mi riguarda io sono stato fortunato. Ho una moglie, Maria Teresa, che mi ha scarrozzato per centinaia di migliaia di chilometri. Su e giù per il Trentino. Le ho fatto fare veramente dei salti mortali.”
Autista e segretaria a tempo pieno.
“Quando non c’era lo scanner, per tradurre, come diciamo noi, il testo dal “nero” al Braille, il sistema di scrittura che consente di leggere con i polpastrelli della mano, dovevo ricorrere a mia moglie. La quale mi leggeva libri, giornali, comunicati stampa, i testi più vari.”
Veniamo ai trasporti.
“In Trentino, soprattutto per chi abita nell’estrema periferia della provincia, ci sono certo i servizi pubblici. Ma per uno come me che fa una vita piuttosto disordinata (collaboro con giornali, ho riunioni, assemblee da seguire, persone da incontrare) gli impegni spesso non coincidono con gli orari dei mezzi del trasporto pubblico”.
Insomma, per tornare a casa è inevitabile far ricorso agli amici o al taxi.
“Infatti, devo arrangiarmi con il trasporto privato”.
Non c’è un supporto dall’Ente Pubblico?
“C’è la legge n. 1 del 1991 sulle barriere architettoniche. Legge importante perché aveva istituito il trasporto e l’accompagnamento dei disabili. A seguito di questa legge sono sorte cooperative come La Ruota, La Casa, La Mano, La Strada. L’evoluzione si è avuta con “Muoversi”, la formula riservata ai soggetti accreditati”.
Quanti sono i chilometri che si possono usufruire, pagati dalla Provincia?
“Dipende dalle esigenze di ciascuno dei circa 800 utenti. In principio i trasferimenti erano gratis, poi abbiamo sollecitato, in anni lontani, gli assessori competenti a modificare la normativa.”
In quale misura?
“Nel far pagare una quota a seconda del reddito di chi usufruiva del servizio. Perché sono convinto che se offri una prestazione gratuita la sfruttano tutti, anche chi non ne ha bisogno, e questo fa implodere il sistema”.
All’inizio il servizio era gratuito e a chilometraggio illimitato. Adesso?
“Fino a qualche anno fa, pagando 2.600 euro, usufruivo delle facilitazioni per complessivi 13 mila chilometri. Poi, di anno in anno, con l’aumento dei costi e degli utenti, senza modificare il budget la Provincia ha diminuito il contributo a 8 mila chilometri-anno.”
Non sono pochi.
“Sembrano tanti ma con la mia attività finisco il plafond a settembre”.
Quanto costa il trasporto, superato il tetto garantito da “Muoversi”?
“C’è un accordo con qualche vettore che mi chiede 1 euro a chilometro. Da Darzo a Trento e ritorno fanno 150 euro. Ma io sono un caso anomalo.”
Una battaglia, più che personale, per i disabili in generale?
“Ho sollecitato la Provincia a rivedere lo stanziamento per il servizio “Muoversi”. Hanno trovato il denaro per campi da calcio e concerti, per banchetti e cotillon, nelle pieghe del bilancio non possono recuperare le briciole”?
Già, perché no?
Ps. Giuliano Beltrami è un caro amico e, se non si fosse capito, gli vogliamo bene.
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