La Cassa (un tempo Rurale) di Trento chiude due sportelli in val di Cembra: dal 1° marzo la popolazione di Faver e Grumes avrà a disposizione soltanto il bancomat. Serve a contenere i costi così si potranno vantare e votare bilanci ancor più pingui di quello appena passato in archivio (un attivo di oltre 20 milioni di euro). Tutto in nome e per conto di una Cooperazione di servizio, naturalmente. Del resto, levato l’aggettivo Rurale, alla Cassa non resta che fare la Banca. Come le altre, né più né meno, sia pure con allargamento “regionale” in provincia di Bolzano. Il presidente della Comunità della val di Cembra, Simone Santuari, allarga le braccia: “A questo punto non so nemmeno se vale la pena di protestare, tanto hanno sempre ragione loro”.
Capita di vedere pagine intere di promo-pubblicità (a pagamento) che annunciano trionfi societari, accorpamenti sontuosi, un’avvenuta regionalizzazione con bilinguismo annesso nelle insegne e un corso obbligatorio di tedesco per il personale addetto allo sportello. La Cassa Rurale si è trasformata in Banca.
Intanto, “sopra la Banca la capra campa”, sotto la banca, la val di Cembra crepa. Eppure erano due manager dell’alta valle di Cembra che diedero il via alla fusione promettendo: “Fusi non sarete delusi”. Avremo, avrete una “grande banca”. Sai che soddisfazione.
Chi diceva tutto questo è rimasto sull’onda mentre per il popolo dei soci si sono susseguite continue prese d’atto senza nulla poter (o voler) fare. I servizi bancari di valle si sono liquefatti e le promesse, proclamate per ottenere la fusione, si sono manifestate per quello che erano. “Passata la festa, gabbato lo santo”, non è vero?
Una valle di gente generosa ma ingenua ha abboccato con una fiducia mal riposta. Potenzieremo il servizio, non chiuderemo nulla. Dal 1° marzo, intanto, gli sportelli della Cassa di Trento, a Grumes e Faver, saranno trasferiti armi e bagagli a Cembra e ai 1.700 abitanti dell’Altavalle, bontà loro, resterà soltanto il Bancomat. È la “cooperazione” bellezza, e tu non ci puoi fare nulla, nulla.
Incantatori da fiera di paese, quella notte al “Palarotari” hanno avviato, come si paventava, lo smantellamento in periferia di un sistema bancario popolare e di servizio anche sociale. Chi ha votato con entusiasmo la fusione non può che dolersi. Chi l’ha contrastata, consolarsi (?) col dire “avevo ragione” ma è una ben magra soddisfazione. E le pagine di pubblicità trionfante sui giornali non cancellano gli annunci mortuari sulle porte delle (tra poco) defunte filiali.
Questo ormai pare essere il destino delle Casse Rurali di paese. Divenute Banche quasi per tutti, tranne che per il fisco, il quale concede ancora loro lo status di Istituto di credito con base sociale che giustifica una tassazione simbolica.
La val di Cembra si rassegni: spenti gli alambicchi, i celebri ciclisti di un tempo hanno attaccato al chiodo bicicletta e fatica nel salotto buono e i ministri argentini con cognome dell’emigrazione cembrana cercano traccia delle loro origini nei villaggi dai camini spenti. Costretti a trovarle nel cimitero dei ricordi. Nei racconti di quando la cooperazione aveva solo lo scopo e la funzione di rendere questi villaggi e la vita dei loro abitanti meno precaria.