Va bene tutto, ma c’è anche un limite. E quel limite il giovane neo assessore-segretario del PATT lo ha superato con l’imperdibile intervista data a Maria Luisa Patruno dell’Adige di venerdì 15 dicembre 2023. Con un riepilogo, doveroso, delle puntate precedenti.
Il neo assessore all’autonomia della Provincia Autonoma di Trento si chiama Simone Marchiori. Non è colpa sua. E non è colpa nostra se il partito (fu glorioso) delle stelle alpine in salsa trentina lo ha eletto segretario politico nel 2019 e lo ha rieletto nel 2022. È un giovane laureato in lettere che fino alla nomina ad assessore “esperto-esterno” insegnava storia e geografia ai ragazzini delle scuole medie dell’Istituto Salesiano a Trento. Si presume un “esperto” (ma non “esterno”) almeno in codeste materie.
Candidato alle elezioni provinciali del 22 ottobre scorso, dato per favorito in quanto segretario del partito, è stato beffato dai suoi competitor, più navigati e scaltri poiché confluiti nel PATT da altre esperienze politiche: Mario Tonina, già democristiano poi esponente di punta di Progetto Trentino e in quanto tale vicepresidente uscente della Giunta Provinciale; Walter Kaswalder, “piatitino” della prima ora, poi fondatore degli Autonomisti Popolari, tornato all’ovile con i galloni un po’ sdruciti di presidente del Consiglio Provinciale uscente. Maria Bosin, sindaca dimissionaria di Predazzo, risultata seconda degli eletti con 2.138 preferenze, dietro Tonina (2.549 preferenze) e prima di Kaswalder (1.832 preferenze).
L’ottimo Marchiori di preferenze ne ha raggranellate 1.055, ma è risultato terzo dei non eletti preceduto da Lorenzo Ossana e Mauro Fiamozzi.
Nella spartizione delle seggiole, il segretario del (fu glorioso) partito autonomista non poteva restare fuori dalla partita. Il suo mentore, Franco Panizza, già senatore e molto altro, è riuscito nell’impresa di imporlo a Fugatti quale assessore esterno, cioè non eletto ma “esperto” al punto tale che la Giunta Provinciale non poteva farne a meno.
Si trattava, infatti, di dare un senso all’autonomia, già traballante di suo, con un rappresentante del Partito Autonomista Trentino Tirolese che, docente di storia, desse lustro al concetto e ne instillasse l’heimat nelle dure cervici del popolo trentino. Non più tirolese e pericolosamente scivolato verso la Padania.
Fin qui nulla da eccepire e nulla da pretendere. Oddio, nel buio più nero di una destra centralista e romano-dipendente qualcosina dal neo assessore si potrebbe pretendere. Anche perché, il suo collega di giunta, Spinelli, lo stesso giorno dell’intervista data da Marchiori all’Adige, ha illustrato il suo pensiero a “IlT-quotidiano”. Eccolo: “I tagli al Pnrr? Li pagheremo noi” e “Oggi in Giunta l’intesa sul minor gettito Irpef: solo 19,5 milioni dei 43 totali”. Insomma da Roma torneranno a Trento meno della metà dei denari che un tempo sarebbero pervenuti se, nel frattempo, il governo Meloni non avesse deciso il taglio degli scaglioni sull’imponibile. Questioni di finanza derivata ma che pesano poi sulle scelte e sulle decisioni.
Per contro il neo assessore “esperto” Marchiori ha candidamente spiegato all’Adige che la “promozione della conoscenza dell’autonomia” (è una delle sue competenze) “nasce dalla necessità di investire sull’elemento che caratterizza il Trentino che è la sua autonomia. È quello che abbiamo proposto nel programma e il presidente di sua iniziativa (bontà sua!) l’ha riconosciuto con questa delega”.
Domanda la collega Luisa Maria Patruno: “In pratica come si promuove l’autonomia? Ha già delle idee”? Risposta spiazzante (per un assessore “esperto”): “Nello specifico: devo ancora approfondire, sono appena arrivato. Toccherà vari settori mettendo al centro la specificità della nostra terra”. Grande.
Uno che per quattro anni ha fatto il segretario del Partito Autonomista deve “approfondire”? Ma quattro anni non sono stati sufficienti a capire che cosa è, che cosa dovrebbe essere, come si conquista e si mantiene l’autonomia?
Noi non siamo esperti ma un suggerimento (gratis) lo azzardiamo: Autonomia, signor neo assessore alla materia, vuol dire decidere come spendere e dove spendere il denaro raccolto con le tasse pagate da chi le tasse le paga. Autonomia vuol dire non dipendere da Roma ma dalla comunità trentina. E l’autogoverno non vuol dire il governo dell’auto che quello si impara alla scuola-guida, vuol dire “fare da sé”.
Certo se per fare la Giunta si sono dovuti rispettare i “suggerimenti” o i diktat romani e per avere i denari si deve andare col cappello in mano nei ministeri della Capitale, l’autonomia va a farsi benedire. Anzi, se ne è già andata. Ecco, su una questione siamo d’accordo: i Trentini sono specialisti, pertanto “autonomi”, nel farsi male da soli. Ma questa non è una materia che si impara (e si insegna) a scuola. Questa è la pratica quotidiana. E le recenti elezioni ne hanno fornito ampia prova.