In valle di Fassa (ma l’eco si spande fin sulle sponde dell’Adige) continuano a tener banco le dimissioni di Andrea Weiss dalla presidenza della società Grandi Eventi Val di Fassa. Gilberto Bonani ha scritto su “IlT-quotidiano” che “l’opinione pubblica della valle è disorientata e vuole capire le motivazioni che hanno spinto l’ex direttore dell’Apt a lasciare l’incarico dopo cinque mesi dalla sua nomina”. Ed è disorientato anche il “nostro” Pier dal Rì. Anche perché, dopo la candidatura di Andrea Weiss alle passate elezioni provinciali (315 preferenze), ignoti criminali hanno scaricato la loro frustrazione sulle tombe della famiglia Weiss.
Leggo su un autorevole giornale locale, un’accorata e preoccupata nota in merito alle dimissioni di Andrea Weiss dal suo impegno nel campo degli eventi in val di Fassa. Conosco Andrea per le sue capacità, il suo acume organizzativo, il suo essere sveglio e astuto nonché sensibile nel suo campo, con il fiuto di chi percepisce ed annusa con largo anticipo le tendenze, ciò che verrà, gli argomenti e le politiche anche in campo turistico che vanno messe in atto oggi per essere sul mercato domani. Ho pure apprezzato la sua disponibilità a uscire dalla protezione degli immuni, dal guscio protettivo e del comodo opportunismo politico per candidarsi come consigliere provinciale (anche se da me non votabile), evidenziando come fosse pure titolare di proprie specifiche idee pure in altri campi per i quali serve allargare lo sguardo oltre il “gran Vernel”.
Nutro dubbi sulla possibilità di voto dei fassani (seggio garantito alla minoranza ladina-fassana) i quali godono del privilegio che non hanno mocheni e cimbri. Un privilegio che tutela e che consente di far valere il voto solo per coloro che abitano e lo esprimono in val di Fassa. Una norma poco chiara, se ben 2.210 elettori hanno visto vanificata la loro preferenza a un candidato ladino, perché espressa fuori dal territorio del Comun General de Fascia.
Da valle estrema, dolomitica e soreghina, cioè baciata dal sole, incastonata fra i passi che si solcano anche con gli sci, fucina di pratiche ed esperienze tese alla ricerca di attività di sopravvivenza e benessere in montagna, adesso è perla del benessere turistico, dell’ospitalità stellata, conchiglia-madre di una perla preziosa. Tuttavia, ha modificato la schietta, ruvida, forte e generosa identità di una popolazione di lingua ladina erede di stile e di costumi genuini e austeri.
Andrea Weiss non è solo un manager che conosce bene il mercato e le sue evoluzioni nel campo del turismo moderno, ma, nello specchietto retrovisore della sua mente fervida, sa guardare con lucidità senza esser folgorato dal luccichio del denaro. Ricorda che cosa era, un tempo, la val di Fassa – solo qualche anno fa – quando il suo peso economico era insignificante ma quello culturale, morale, sociale, solidale e pure politico era un gigante su solidi principi. Forse è inutile che sia chi scrive a rammentare la val di Fassa che fu.
La “Fata delle Dolomiti” si è fatta regina e alla sua corte pare non gradire più i suoi antichi mentori, le ombre lunghe della memoria, i vecchi compagni di viaggio con i quali ha scalato la riscossa e che adesso rammentano l’esigenza di ridurre una velocità di spinta pericolosa, che può far sbandare. Davvero non capisco. È in atto una pessima rivoluzione (culturale?) e i definiti “balenghi”, che hanno profanato le tombe degli antenati di Andrea Weiss al cimitero S. Giovanni di Fassa, sono il frutto avvelenato di chi interpreta il recente risultato elettorale come una “resa dei conti”.
“Andrea si è perso sui monti di Trento”, dice una canzone. Lo avrei visto bene come assessore al turismo di un Trentino che mi piace. Un Trentino dove volano gli aquiloni e le farfalle ma che da troppo tempo deve fare i conti con chi si crede aquila ed è solo un corvo. Incapace di prospettiva, incapace di visione.