Finalmente è finita. Basta comizi, cene, bicchierate, letterine, manifesti, spot e santini. Basta con la stomachevole passerella di ammiccanti ministri, segretari, sottosegretari, parlamentari, esperti in niente ed amici di cordata. Basta con l’onnipresenza di Salvini che ha confuso lo slargo di Mesiano con lo stretto di Messina. D’altronde Kruscev ricordava che certi politici promettono di costruire un ponte anche dove non c’è un fiume. E’ finita l’autopromozione delle micro rappresentanze ed anche ogni alibi. Per tutti. Adesso il quotidiano, nel senso di giornata ma anche di testata, riprende il suo corso immutabile: al servizio del vincitore.
Insomma, nulla di nuovo all’orizzonte.
Le maggioranze già litigano per le poltrone. Le minoranze invece litigano con la poltroneria e tutto sembra ricordarci l’emporio di “Poltronesofà”: la politica di qualità.
Come sempre chi ha evidentemente perso dichiara di aver vinto (valga per tutti il fu PATT, pugnalato dai “furbi” democristiani e dalle ambizioni di pochi), mentre chi ha vinto sta resettando promesse e assicurazioni. Ricompaiono volti noti e qualche volto nuovo, insieme alle antiche consorterie ed ai soliti voltagabbana: dilettanti, con stipendi da professionisti. Le determinanti periferie continueranno a chiedere marciapiedi e contributi e i centri urbani si chiuderanno nelle solite gelosie e beghe interne ai partiti. Insomma, nulla di nuovo all’orizzonte.
Tutto rimane come prima. Anzitutto la cialtroneria. Infatti, solo venerdì scorso, due giorni prima del voto, la Giunta provinciale ha approvato un disegno di legge per la variante urbanistica (premessa indispensabile alla Valdastico), con un immediato ed osannante sfoggio di comunicati stampa trionfali. Peccato solo che le proposte di legge – tutte – decadano con la legislatura, che si chiude fra pochi giorni. Compresa la variante urbanistica Ma cosa importa? Ciò che conta è averla promessa: dalla Valdastico al ponte sullo stretto. D ‘altronde, come insegna qualcuno, una menzogna ripetuta cento volte diventa una verità inconfutabile e la politica, se non ha grandi meriti, ha superbi mentitori.
Insomma, nulla di nuovo all’orizzonte.
Su questo grigiore indistinto, campeggia Francesco Valduga. Ha perso. Non ha recriminato, né addossato ad altri. Se ne è assunto la responsabilità. Una lezione di stile d’altri tempi. Esattamente come il sempiterno Panizza, che adesso forse diventerà qualcuno.