Chi pensa che Monaco di Baviera sia distante da Trento poco più di trecento chilometri, fa un errore enorme, perché quella distanza è invece siderale.
È notizia di queste ore, infatti, l’arresto di due ventiquattrenni italiani che durante le libagioni all’“Oktoberfest” – quella originale e non la sbiadita fotocopia locale – si sono esibiti nel saluto nazista a braccio teso, riscuotendo il plauso dagli amici che li accompagnavano. Accusati dalla Polizia tedesca di aver utilizzato simboli di organizzazioni anticostituzionali, finiranno davanti ad un giudice istruttore e, molto probabilmente, se la caveranno con una pesante ammenda.
Questo succede in Germania se fai il saluto nazista.
Esattamente l’opposto di ciò che avviene in Italia dove, se fai il saluto fascista e magari sei anche parente di una alta carica istituzionale, il tuo gesto viene interpretato in mille modi, spesso viene anche apprezzato e scatena una ridda di supposizioni che tutto giustificano in nome della libertà di espressione.
Nell’attesa dell’abolizione – a questo punto prevedibile – del reato di “ricostituzione del disciolto partito fascista”, possiamo solo limitarci a misurare quanti milioni di anni-luce sia lontana Monaco di Baviera dall’Italia. Forse è anche per questo che la Germania piace sempre meno al nostro governo, pronto invece a farsi affascinare dalle melodie d’oltralpe, intonate dai nostri “cugini” francesi e gonfie di nazionalismo, sovranismo e neofascismo.
Mentre aumentano i segnali dell’avvio di una stagione di rilettura e revisione della storia; mentre si sdoganano comportamenti che altrove verrebbero censurati; mentre cresce la violenza xenofoba ed i richiami alle dittature nazifasciste del Novecento, i tedeschi reagiscono secondo il loro dettato costituzionale e gli italiani, che pure hanno in Costituzione il ripudio del fascismo e dei suoi simboli, se ne infischiano platealmente. “Franza o Spagna, purché se magna” e tutto il resto non conta nulla. Fino a ieri tutti democratici ed antifascisti ed oggi tutti nazionalisti, pronti a reindossare camicie brune di lontana memoria.
Sempre pronti a correre in soccorso del vincitore, gli italiani paiono adesso affascinati dalla riscoperta e rilettura dei loro “ventenni”: quello mussoliniano e di Salò prima e quello berlusconiano e di Arcore poi. Due lunghi intermezzi in cui la democrazia si è ammalata con effetti che, come la distanza con la Germania, paiono dilatarsi e crescere con velocità preoccupante.