Ne ha scritto Leonardo Pontalti su l’Adige di sabato 26 agosto. “Val di Fumo, turisti impauriti dall’orso: Scoppia il nodo ritardi. Raggiunti tre ore dopo”. Si racconta di due escursionisti i quali, piantata la tenda in val di Fumo, intendevano godere la natura al fresco della notte dei 1.920 metri della parte terminale della val di Daone. Ma sul più bello, ecco i rumori molesti, la paura che diventa terrore e la telefonata allarmata con la richiesta di soccorso immediato: “Aiuto c’è l’orso fuori dalla nostra tenda”. Nelle terre dove crescono le “radiss de l’ors”, gustosa pietanza d’alta quota, niente di più facile. Solo che i soccorsi sono accorsi quando i rumori molesti s’erano svaporati nel fresco della notte e, se pericolo ci fu, tutto sfumò nel fiatone dei soccorritori impastato dalla burocrazia. Come commenta il nostro Pier Dal Rì.
Oggi le cronache riportano come tutti gli agosti vacanzieri trentini, delle vicende tragiche, morti in montagna, nei laghi o nei torrenti in moto in bici poi sulle strade e sui sentieri. Ormai sappiamo che per Pompieri, Soccorso alpino, Forestali e Pronto Soccorso ospedaliero, il lavoro non manca. Nemmeno a chi è preposto a prevenire e sanzionare gli sprovveduti e disattenti. Oggi, leggo una notizia interessante che fa meditare. Pensavo fosse una “bufala” tanto che l’ho riletta più volte.
Una famiglia con camper al seguito si avventura in valle del Chiese, attratta dalle cime più ardite, luoghi di alta quota dove, un tempo, “vivevano” i ghiacciai. Là dove le acque e i bacini artificiali assicurano l’oro bianco dell’idroelettrico. La famigliola parcheggia il camper, s’incammina nel bosco e arriva in quota, all’aria divenuta fresca. Così decide di piantare la tenda sotto una pianta. Probabilmente, i due coniugi non avevano letto il “Manuale delle giovani marmotte” e neppure le cronache sui pericoli in agguato nei boschi del Trentino, segnatamente la “zona rossa” tra le cime del Brenta e dell’Adamello dove vive e si riproduce beatamente un animale di nome Bruno e di cognome orso. Capita che vi siano turisti distratti ed incoscienti, che sfidano orsi e fulmini. Tuttavia è consolante costatare come siano molto ben informati su quali numeri chiamare in caso di pericolo, poiché vuol dire che hanno sentito dire un gran bene dei servizi di soccorso e protezione civile del Trentino.
La cronaca racconta che, a mezzanotte, quando Cenerentola sarebbe tornata precipitosamente sui propri passi, s’è diffuso nell’aria e sotto la tenta uno strano rumore, frasche che si muovono, la paura che cresce e il telefono che, nonostante la zona montagnosa, prende la linea. Chiamata e attesa. Certi che in provincia autonoma di Trento si farà di tutto anche per salvare gli sprovveduti e coloro che bisognerebbe classificare nella categoria “nar a zercarsele”. E qui viene il bello.
Il giornale si dilunga nei dettagli sulla fragilità, non già e non solo degli sprovveduti escursionisti, quanto sul servizio e il disservizio della burocrazia cervellotica e assurda che fa capo a un governo locale del territorio, ostaggio di tre o quattro livelli di leggi e regolamenti locali, nazionali, europei e convenzioni di ogni genere. Servono un avvocato, un commercialista e pure un magistrato per capire cosa si deve e si può fare. Se c’è l’orso serve il forestale; se c’è da sparare serve il carabiniere; se c’è da volare serve un pilota. Se è notte però, non si può. Con l’elicottero è possibile volare solo se si deve andare in ospedale mentre l’orso, se c’è (e di sicuro da quelle parti c’è in abbondanza di esemplari) potrebbe tranquillamente sbranare i temerari. Non finisce qui. Si parte da Trento e, raccolte tutte le componenti i vari servizi e gli addetti al soccorso, in quattro ore si arriva in zona dove si presume che, nel frattempo, l’orso abbia consumato il pasto. O più semplicemente che la chiamata di soccorso fosse una bufala. Proseguendo nella lettura del resoconto del cronista, si scoprono gustosi altarini. L’elicottero di notte non può volare se non per emergenze da ospedale ad ospedale o per particolari urgenze. Mai per il trasferimento a valle di persone; neppure per trasportare in quota i soccorritori che dovrebbero salvare una famigliola di sprovveduti da una ipotizzata minaccia ursina. A onor del vero, una sola volta l’elicottero si è alzato in volo notturno derogando ai fiumi di divieti. Fu l’anno scorso, a metà maggio, approntato per portare a dormire il principe del rock, Vasco Rossi, che alloggiava in un resort a Fai della Paganella. Che è, come noto, una località selvaggia, non servita da autostrada (che arriva solo fino a San Michele) e per nulla collegata da strade agevoli e panoramiche. Solo l’elicottero potea in quel caso garantire all’illustre “chansonnier” il rapido trasferimento per il giusto sonno.
Non resta da sperare che questa vicenda insegni qualcosa. Primo: che siamo invasi da turisti incoscienti. Secondo: che la paura dell’orso è una favola che si avvera solo coi fruscii di mezzanotte nel bosco a 2000 metri di quota, in valli ove l’orso ha stabilito la sua prediletta residenza.
Si è capito, inoltre, che per un intervento in montagna, di notte, con il sospetto di un orso nei paraggi di una tenda, serve una squadra multifunzionale. La quale non può contare sull’utilizzo dell’elicottero e delle deroghe che il rigore della legge non consente di aggirare. A meno che non si tratti di rari, per non dire unici, casi. Per l’artista di un concerto che passerà alla storia per il costo pagato dalle pubbliche casse (tra i 6 e gli 8 milioni di euro) e per lo sfregio alla sobrietà. La suonata delle deroghe.