Tre euro al giorno per parcheggiare la vettura; tre euro al mese per lasciare la propria bicicletta in un box che si apre con codice personale. Da sei mesi i ciclo-box fanno bella mostra accanto ai parcheggi periferici della città. Funziona così, quando funziona: l’automobilista-pendolare provvede a collocare nel bici-box la propria bicicletta. Pronta per l’indomani, quando scende in città dalla collina o dal paese. Lasciata la vettura nel parcheggio, il pendolare toglie la propria bicicletta dal box (che dovrebbe servire a conservarla per la notte), monta in sella e pedala verso il centro città o in direzione dell’ufficio. Dovrebbe, se potesse.
L’idea è ottima. Lusingati, in molti hanno provato a tenere una bicicletta in un box con aria climatizzata, nei pressi di un parcheggio, e godersi con le due ruote percorsi urbani fino al proprio posto di lavoro. È una novità: Trento vuole essere capitale di quanto fa tendenza e di quanto possa osare il nuovo, ovvero la tecnologia al servizio dei servizi. Ma funziona? A sbirciare oltre la vetrata del bici-box del parcheggio vicino alle arcate della ferrovia della Valsugana, di là dall’ospedale civile di Trento, si nota una sola bicicletta. E pure un tantino sgangherata. Ecco, a quel punto qualche dubbio ti assale. Guai ad essere prevenuti, a fare i soliti diffidenti e disfattisti con il comune di Trento così prodigo nel favorire la mobilità con bicicletta o il monopattino.
Lasciamo perdere quest’ultimo strumento, già al centro di polemiche per l’abbandono disordinato che ora pare in via di soluzione. Ma il ciclo-box lo ha voluto provare pure una signora di mia conoscenza. Ecco il suo racconto.
“Parcheggio la bicicletta nello spazio a est dell’ospedale Santa Chiara, comodo perché ai piedi della collina dove abito. E via verso il lavoro, con catena e lucchetto al seguito. Al ritorno studio su come lasciare in deposito la bicicletta, pagare il parcheggio macchina e pagare in anticipo il ciclo-box. Eseguo tutte le operazioni con il telefonino ma quando dovrebbe scoccare la magia “dell’apriti Sesamo” non accade nulla. La porta del box rimane chiusa. Arriva una signora che deve prendere il treno per la Valsugana. Stessa scena, seguita dalla considerazione: “Purtroppo capita spesso”. Lì accanto un pannello-informazioni che, in caso di guasti, invita a telefonare all’apposito servizio di Trentino mobilità. Risponde un giovanotto, dice che è solo in ufficio e che non può intervenire: “Mi dispiace, lasci la bici fuori dal box”. Medesima risposta alla signora in procinto di perdere il treno”.
Fin qui il racconto. Il marito della signora, impossibilitata a parcheggiare per la notte il proprio velocipede, è sceso dalla collina a recuperare la bicicletta ed a registrare il fallimento di un servizio che si è palesato come un disservizio.
Nel frattempo, un tecnico di Trentino-mobilità, con la propria vettura ha raggiunto il bici-box per dire alla signora, comprensibilmente costernata, che capita spesso e che il guasto seriale è la ragione del mancato utilizzo di quel ciclo-box. Ad ogni modo, scusandosi, ha provato a risolvere il problema. Nel frattempo si era formato tutt’attorno un capannello. Il gruppo mormorava. Il tecnico si è prodigato nel cercare il guasto ed ha costretto la piccola folla ad onorare il suo generoso impegno: aspettando. Attimi di suspence fino all’esclamazione gioiosa: “ora funziona”. Subito, chi attendeva l’apertura del deposito, ha proceduto ad inquadrare un QR code, un apposito codice, con il telefonino. “SIM sala bim”, ma identico risultato. Anche il tecnico, sconsolato, non ha più saputo che cosa dire (e fare).
La signora ed il marito di cui sopra hanno caricato la bicicletta sulla vettura, non prima di aver constatato che l’unica cosa che funziona è stato l’incasso di pochi euro di abbonamento. Peraltro pagato una seconda volta perché convinti che, nel primo caso, qualcosa fosse andato storto. Pareva un’idea geniale, quella del ciclo-box. Ma se è sempre vuoto e funziona solo per l’incasso, una vocina suggerisce che si è di fronte a un fallimento. Chi ha pagato per un servizio che non ha potuto usufruire confida adesso nel rimborso. E magari pure nella comparsa di un cartello: “Ci abbiamo provato ma non funziona”.
Con tante scuse per il disagio e per quella che si configura come una presa in giro. Sulle due ruote.