Si fa un gran parlare del diniego pontificio a una benedizione chiesta da una donna per il suo “bambino”, che altri non era che un cagnolino. È esperienza quotidiana sentire lungo il marciapiede o al supermercato qualche signora (ma anche qualche signore) dire all’animale da compagnia: “Vieni qui dalla mamma (o dal papà)”. Che è un orrore dal punto di vista ontologico prima che uno sfregio al senso comune delle parole. Parafrasando Totò: siamo uomini o animali? Nel merito i molti interrogativi di Patrizia Belli.
Non è la prima volta che Papa Francesco invita ad avere solidarietà umana innanzi a quella animale, ricordo un suo discorso in cui ammoniva: “Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lascia sola e affamata la vicina di casa. No, per favore no.”
Ora torna sull’argomento e i social impazziscono. La storia è questa: una donna chiede al Papa di benedire il suo “bambino”. E dalla borsa emerge un cagnolino. Bergoglio non solo rifiuta di farlo ma la sgrida: «Con tanti bambini che hanno fame, pensa al cagnolino?».
Un medico veterinario, tale Vincenzo Minuto, posta in rete una lunga lettera assolutamente condivisibile sulla giustezza dell’amore per gli animali, meno però in quella virgola polemica dal sapore molto politico in cui parla di ristrutturazioni finanziate coi soldi delle elemosine che nulla c’entra con la questione. Riceve migliaia di condivisioni. Allora fermiamoci e cerchiamo di ragionare.
Chi mi conosce sa l’amore immenso che nutro per i miei cani, ma questo non mi impedisce di ragionare.
La prima cosa da chiarire è che il Papa non ha mai detto che chi ama il proprio animale sbaglia, ma semmai lo sbaglio è non amare abbastanza l’uomo.
Eppure sento che il discorso è più profondo. Perché umanizziamo così tanto i nostri animali? Perché non siamo più partecipi alla sofferenza umana? Ai tanti che patiscono la fame; a chi chiede, invoca, una vita migliore perché fugge da guerra e miseria? Perché molti affermano che più conoscono le persone, più amano gli animali? Che cosa provoca questa chiusura, questo pessimismo, verso gli esseri umani?
Perché infine mettiamo l’affetto per un cane, un gatto, un coniglietto prima di quello di un bimbo con occhi grandi e pancia gonfia che ci chiede, ci urla, di riconoscere la sua fame? Perché zittiamo tutto ciò e ci consoliamo con l’affetto dei nostri amati pelosi? Fuggiamo dalle responsabilità di un mondo ingiusto? Ci culliamo in un amore facile? Perché questo è l’amore per i nostri animali. Facile.
Non sono interrogativi banali.
Gli animali hanno bisogni semplici e ci colmano di un affetto incondizionato e silenzioso, leniscono la nostra solitudine, sono compagni di vita, guariscono il nostro stress, le nostre tensioni al pari di una cura terapeutica. E sono fedeli. Sempre. Su di loro dirigiamo il nostro bisogno di dare e ricevere amore.
Siamo noi che dobbiamo interrogarci perché il trattamento che riserviamo agli animali descrive molto bene le nostre insicurezze, la nostra infelicità e l’incapacità di comprendere il mondo di oggi.In molti citano Francesco d’Assisi dimenticandosi però che il Santo degli animali oltre all’amore per gli animali aggiungeva: «Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità».
Armonia tra uomo e natura
Letto il corsivo di Patrizia Belli, da Kalamata, in Grecia, dove vive da quarant’anni avendo sposato un medico ellenico conosciuto all’università a Pisa, e dove è console onorario d’Italia per il Peloponneso, ci scrive Margherita Bovicelli.
Condivido questo articolo. Ho fondato e poi militato per tanti anni in una associazione per animali. Mi sono battuta per tanti lunghi anni e alla fine ho dovuto arrendermi. Quando vedevo tante persone avvicinarsi o iscriversi all’ associazione ne gioivo. Davo per scontato che amare e rispettare gli animali significasse anche condividere amore e rispetto per tutta la natura. Pensavo che tutte quelle persone mi assomigliassero. Mi illudevo che, come per me, lottassero per trovare in sé stesse l’equilibrio che ci desse la forza di fare il massimo possibile per un mondo più armonioso dove il rispetto, appunto, è la base di tutto.
Il rispetto dell’ambiente, di tutta la natura, di tutti gli esseri umani e del loro lavoro.
Alla fine, dopo mille delusioni, dopo aver provato e riprovato a mettere sul piatto delle iniziative uno straccio di discorso su questi temi. Dopo aver detto e implorato per dare al nostro lavoro un senso, una direzione politica, mi sono arresa.
Ho dovuto accettare il fatto che l’amore, della quasi totalità delle persone che si avvicinavano all’ associazione, era un amore morboso, ammalato, patologico.
Ormai sono anni che ho lasciato l’associazione. Continuo a vedere che nulla cambia. Hanno centinaia e centinaia di cani. Corrono da un’emergenza all’altra. Sarebbe come se decidessimo, domani, di salvare tutti gli affamati del mondo.
Così come diciamo che la direzione giusta non è un pesce ma la canna per pescare, dovremmo dire che amare gli animali significa lottare per equilibrio e armonia tra uomo e natura.
Non dimentichiamo, infine, tutto il lavoro che Papa Francesco ha dedicato all’ ambiente. Leggete, amici degli animali, leggete amici di cani, gatti, orsi e ranocchi.
Leggete Papa Francesco per dare una direzione politica al vostro lavoro.
Margherita Bovicelli – Grecia