La denuncia e il silenzio. Ne abbiamo dato conto la scorsa settimana. Dopo che l’editore altoatesino Ebner/Athesia ha annunciato l’intenzione di citare per danno di immagine la cooperativa editrice del giornale online “Salto.bz”, si sono accavallate prese di posizione di intellettuali e sconosciuti lettori. Mao-Tse-tung (1893-1976) che fu presidente del partito comunista cinese dal 1943 alla morte, nel suo “libretto rosso” con le massime per guidare la rivoluzione cinese aveva coniato lo slogan: “colpirne uno per educarne cento”. La minacciata richiesta di 150 mila euro da parte di Ebner a “Salto.bz” resterà probabilmente solo una minaccia. Ma intanto, se qualcuno aveva in mente di scrivere qualcosa di critico nei confronti del potente editore sudtirolese si guarderà bene dall’intingere la penna nel calamaio. Come quando sui tralicci dell’Enel campeggiava la scritta: “Chi tocca i fili muore”. Sono queste le riflessioni che sviluppa più compiutamente il nostro architetto-contadino Pier Dal Ri che dei giornali dell’editore altoatesino è stato per anni una firma da prima pagina.
Leggo questi giorni della vicenda Ebner-Salto, una “strana” storia che mai avrei pensato di dover annoverare fra le cronache locali: né rosa, né nere, sicuramente grigie, molto grigie. A chi non mi conosce racconto che sono stato e sono una penna irriverente, uno scribacchino dilettante, un ilare e pungente corsivista, talvolta un po’ furbastro. Per anni ho nascosto la mia identità sotto una foglia di fico, firmando una rubrica (“Graffiti”) domenicale sempre in prima pagina. Prima sul giornale “Alto Adige”, poi quando cambiò testata sul “Trentino”. Il primo pezzo porta una data datata: 26 giugno 1988; l’ultimo fu pubblicato nel 1991. Continuai a scrivere senza la copertura di “Erpi” (anagramma di Pier) firmando con nome e cognome.
La mia collaborazione di corsivista graffiante finì con la pubblicazione di due raccolte degli articoli. Titoli: “Trentinidad” e “Le penne nell’uovo” (ancora in vendita sul web), corredati dai disegni di Rudi Patauner e Antonio Galvano.
Dico tutto ciò perché mi dà titolo per una piena, convinta e sincera solidarietà alla testata liquida altoatesina il “Salto”. Vorrei che i redattori e chi vi scrive si sentissero attorniati dalla più viva gratitudine, stima e apprezzamento da chi ha a cuore la libertà di stampa, a prescindere. Certe notizie servono per dare certezze al mondo che il respiro è vivo, che l’informazione è popolata da esseri pensanti, liberi e schietti, onesti e rispettosi di verità che non tutti dicono. In tutti gli anni, con dei corsivetti irriverenti ho toccato tante persone, personaggi effimeri. Se qualcuno si è offeso faceva parte della folta schiera di coloro che erano stati ignorati, ritenuti indegni di qualche appunto in salsa di ironia. Non ho mai ricevuto una querela, una telefonata di protesta, una nota in redazione.
Mai una censura, al massimo l’annuncio-avvertimento: “T’ho lezù” (ti ho letto sul giornale), tanto per farmi intendere che “Erpi “non era poi uno pseudonimo così coperto. In quel periodo, il mio rapporto con l’Alto Adige era splendido. C’era una redazione in armonia con la piazza e il suo pensiero, con il fermento politico progressista.
Una proprietà illuminata, la quale, pur contaminata dai profumi di incenso ecclesiale e dal potere di una politica emergente, non aveva mai tirato il guinzaglio ad alcuno, consentendo e stimolando il libero pensiero, le visioni fantasiose, i salti nel futuro. C’è ancora uno stuolo di figli di quella stagione di giornalismo che fa rimpiangere una professione e uno stile comunicativo perduto. Tanto per dire: le prefazioni delle mie raccolte di corsivi portano le firme di Franco Battisti, Franco de Battaglia e Giorgio Dal bosco. Molti altri poi hanno dato vita ad altre testate, sempre con lo stesso spirito: dire, scrivere, commentare e far sapere, spronare e stimolare. Uno sprone alla politica, all’economia, allo sport, alla cultura, alla società, per tenerle sveglie e dimostrare che un editore non solo è il padrone del giornale ma che stimola e fa girare le idee oltre che le rotative. Quando Ebner comperò il “Trentino” per poi chiuderlo di lì a qualche anno, avendo già in portafoglio “L’Adige”, cominciò da noi l’era del monopolio.
I romantici come me, cresciuti in altri tempi, avevano pensato che si onorasse almeno il nome e lo stile di un foglio ricco di storia, senza dominus e padroni se non i lettori. Il Trentino è solo una provincia autonoma, oggi con un’autonomia un po’ ammaccata, ma per trovare qualcosa che possa esser un organo di informazione bisogna aggiungere o “nuovo” o “news”. Quando il “Trentino” ha ripreso le pubblicazioni, sia pure con altra “nuova” testata ho detto: presente. In molti mi hanno chiesto se avevo capito bene, se ero consapevole che l’editore aveva anche altri interessi, partner e suggeritori con i quali aveva avviato da tempo la conquista del Trentino e messo radici in molti campi: dalle Dolomiti al Garda. L’avevo sentito ma ho sempre pensato che la proprietà e la direzione di un giornale fossero due cose distinte, come di certo la redazione, che riempie le pagine, e la tipografia che le stampa. Alla fine è il lettore che le giudica. Per tali ragioni, all’obiezione che quattro giornali in provincia di Trento sono troppi ho sempre risposto: mai troppi, se liberi.
La dimostrazione di quanto sia necessario il pluralismo, delle idee e delle notizie, l’ha data nei giorni scorsi la cronaca quando, solo in modo quasi clandestino e furtivo, è riuscita a far sapere che l’editore Ebner è andato su tutte le furie per osservazioni e rilievi di una testata online sudtirolese, “Salto.bz”. La quale, più volte (almeno 56 in quattro anni), ha osato criticarlo o mettere in discussione il suo impero non solo editoriale.
Per quanto mi riguarda, dovrei tacere. Sono peccatore di “ingenuità seriale”, non avendo inteso che, a prescindere dalla bravura e correttezza di un direttore, se un argomento impone un silenzio tombale e familiare, tale deve essere. Sulla conferenza stampa della cooperativa che edita il giornale online “Salto”, sulla richiesta stratosferica di danni per 150 mila euro, nei giornali di Ebner (l’offeso da “Salto”) neppure una riga. Questa non è la goccia che fa traboccare il vaso nel mondo della disinformazione, neppure a prescindere da chi ti assicura lo stipendio. Questa è una cascata irruente, una bomba d’acqua che farà irrimediabili danni. Sono molto dispiaciuto. Pensavo che l’editore sudtirolese Ebner fosse un imprenditore illuminato, capace di coniugare democrazia con interessi, capace promotore di libertà di idee e di impresa. Io non ho capito se questa sia la sindrome del potere, di uno stile e di un’aspirazione sovranista. Spero, ad ogni buon conto, che tutta la società trentino-sudtirolese faccia un SALTO di qualità.