Il sindaco (Rech), l’oncologo (Valduga), il notaio (Piccoli). E poi gli sherpa sparsi per il “campo base” della cantina di Lavis per i preparativi della scalata al palazzo delle aquile, la vetta trentina oggi saldamente tra gli artigli della destra. Dal 4 marzo al 22 ottobre 2023, dal segno zodiacale dei pesci a quello della bilancia. Il 4 marzo, l’oroscopo di Paolo Fox, alla voce dei “pesci”, pronosticava: “Cari Pesci, avete grandi ambizioni ma non sempre i mezzi per raggiungerle. Per quanto riguarda il lavoro, metteteci tanto amore e dedizione e vedrete che presto raggiungerete i risultati sperati”. Insomma, una partenza in salita. In qualche misura, l’impresa annunciata a Lavis, con “campo base” divenuto partito, assomiglia molto alla “Margherita” di Lorenzo Dellai (che il 4 marzo 2023 era in sala a far l’ostetrico). Ideata nel 1998 dall’allora sindaco di Trento, alle elezioni regionali del 22 novembre 1998 la Margherita conseguì 62 mila voti (10,7%) e 8 seggi. Fu poi riproposta (e svenduta) a livello nazionale (2001) ma, come è noto, i fiori di montagna tendono a sfiorire, come poi accadde, una volta trapiantati tra i Monti della capitale.
Ad ogni buon conto, ecco le riflessioni del nostro architetto-contadino, Pier Dal Rì, “inviato” fra i tini della La Vis ad annusare l’aria che tirava nel giardino delle (ex) margherite. (af)
Campo base diventa partito. La data di nascita è il 4 marzo. Il luogo: Lavis, nella sala della Cantina Sociale, presieduta da un senatore della Repubblica italiana. Quella stessa Lavis dove, tra qualche settimana, il mondo agricolo sarà convocato a visitare la fiera della primavera che verrà: la Lazzera. Con molta titubanza, perché, da sempre, allergico ai riti dei partiti, ho sentito una ventata di curiosità. Anche perché ho abbinato il ribollir dei tini, le fermentazioni e gli affinamenti di questi mosti, con le idee di democrazia e i programmi di futuro di un Trentino che sta affinando il vino da portare in tavola e da stappare a fine ottobre.
Da mezzo contadino, forse perché rotaliano di Mezzo-corona, ero attratto dall’idea di annusare, almeno, il profumo; di “tastare” l’ambiente, il sentore dei lieviti (politici, stavolta) e, perché no? di capire i programmi di un partito partorito in cantina. Un vagito nel mercato già saturo di bambini capricciosi e sgambettanti. Avevo il timore che, dalla fretta e dalla frenesia, potesse scaturire un ottobrino da cartone, per beoni seriali o per le osterie dei baccanali. Lo so bene che dalle vigne selezionate si producono uve di qualità e vini di eccellenza. A Lavis speravo si potesse realizzare il sogno di ogni cittadino che ha a cuore il futuro della propria terra anche perché mi ritenevo uno dei 101 firmatari della messa a dimora delle barbatelle. All’ora giusta, sulla strada verso il vigneto di Mezzocorona, dove mi attendeva un impegno inderogabile, non ho resistito a una breve sosta, intrigante ancorché fruttuosa. Ho visto amici, un clima disteso; ho sentito profumo di vini in affinamento e ho ascoltato giusto il tempo di capire e di fare sintesi. Seduto in fondo alla sala, per non disturbare con la mia fugace uscita, ho sentito il segretario Rech, fattore di questo vigneto definito “campo base”. Il quale si è meritato il mio apprezzamento, un “bravo” convinto, pacato, schietto e determinato. In una sala di affollata ma “datata”, al punto da farmi sentir giovane, e con una scarsa presenza femminile, un ragazzo sindaco di un altipiano trentino delle terre alte, spesso innevate, ha fatto balenare il pensiero di un futuro prospero anche per le vigne, da anni alla ricerca di campi adatti per le uve di montagna. L’applauso convinto della sala ha rotto il ghiaccio con il via ai riti del congresso costituente mentre il programma si travasava nella botte di un movimento divenuto partito. La mia curiosità e il mio tempo terminavano li. I resoconti giornalistici e amicali dell’indomani avrebbero completato la rassegna.
Non ho sentito odori nauseabondi, che temevo, di oligarchi cooperativi; non ho sentito profumo di incenso dei ruffiani di corte sempre in cerca di una sagrestia; non ho visto riti di lecchini della nostalgia o di spacconi post berlusconiani. Non ho assistito al dilettantismo dei sempliciotti, dei comitati “mordi e fuggi”, buoni per l’effimero. La cantina della Lazzera ha evocato immagini di una resurrezione dall’acquiescenza e dal torpore che il populismo degli ultimi anni sembra aver seminato a piene mani. Una chiamata a de-anestetizzare la comunità trentina. Quanto a me, sono andato tranquillo nella vigna e con una forbice in mano ho selezionato i tralci capaci di portare a maturazione l’uva migliore. Anche il “campo base”, arato a Lavis, mi è parso seriamente impegnato nello stesso intento. In Trentino c’è proprio bisogno di un ottobre ventilato per cambiare aria. Sarà tempo di vendemmia e il risultato sarà determinato dalle cure in campagna che solo chi non ha una conoscenza agricola e vitivinicola definisce, in modo riduttivo, elettorale.