Ha ragione la senatrice a vita Liliana Segre quando (intervista al “Corriere della Sera” di martedì 24 gennaio) paventa il pericolo che, a forza di proporre e imporre la “giornata della memoria”, già sente in giro gli “Uffa, con questi ebrei…”. Così, teme, il 27 gennaio finirà a noia. Della Shoah si parlerà sempre meno finché non si ricorderà più nulla. Come uno sbuffo passato da un camino nella fornace della storia. Si teme che i giorni a venire possano passare per “i giorni del merlo”, di colui che crede e aderisce a qualsiasi proposta, finendo per svilire quelle giornate che meriterebbero davvero – e il 27 gennaio è tra queste – fare memoria, anno dopo anno, di ciò che accadde: ogni anno un anno più lontano. Da qui la riflessione di Pier Dal Rì:
Tutti i giorni è la giornata di qualcosa. Ormai su trecentosessantacinque giorni manca solo la giornata orfana di una dedica speciale. Mamma, papà, innamorati, trapiantati, nonni, liberazione, forze armate e via all’infinito. L’Italia è generosa ed il suo calendario é zeppo di righe rosse che indicano feste civili, religiose o commemorative di qualche evento. Certo, ci sono anche giorni normali ma, per ragioni commerciali o di fantasia festaiola, pure questi dedicati a qualche tema. Ben sette sono i giorni di festa per ricorrenze civili, mentre ben 28 sono i giorni celebrativi di qualche evento, mestiere, azione o anniversario, oltre a giornate che un tempo erano la festa di qualcosa. Ormai passate di moda è inutile ricordarle: almeno non più con un giorno di riposo, come accadeva con l’anniversario della marcia su Roma. In questa confusione, in questo bailamme di celebrazioni e di feste, in questi giorni mi hanno colpito due notizie: il consigliere Tomasi di Trento, ex assessore comunale, detto “el postìn” propone l’istituzione della “giornata del saluto” e quella che la senatrice a vita Liliana Segre esprime la sua preoccupazione perché vede tramontare, affievolirsi ed appannarsi la “giornata della memoria della Shoah”. Quella dedicata al ricordo dello sterminio crudele del popolo ebraico.
Liliana Segre, con la sua puntuale intelligenza, ha colto un aspetto importante. L’inflazione e la massiccia diffusione di ricordi, soprattutto se imposte, sono il miglior modo per dimenticare tutto, per sognare una giornata normale, per non sentirsi dire da qualcuno: “fai gli auguri per qualcosa”; “ricordati di chiamare la nonna, la zia”, “oggi è S. Pietro”, come tuo figlio. Oppure: “è l’anniversario di matrimonio dei genitori”, o “sono dieci anni che ci siamo sposati”. Per fortuna (?) c’è Facebook che ricorda molti avvenimenti e questa, probabilmente, è la paura di Liliana Segre. Uno squillo, e solo se impostato prima, sul telefonino ti dice che oggi ricorre la data della scoperta, da parte del mondo, degli sbadati che esistevano nei campi di concentramento e della loro avvenuta liberazione. Ecco Liliana Segre, dall’alto della sua statura morale, etica e storica, teme che, a questa data, sui libri di storia si tiri sopra una riga. Paventa, inoltre, che neanche una riga rimarrà per citare il momento, che in troppi vorrebbero rimuovere. Forse per istituire la nuova festa della fratellanza ritrovata? Per sancire la fine della sofferenza? Per dire che le torture sono ormai un ricordo o che i lavori non sono più forzati? Anche se poi scopriamo che le divise “pigiamate” dei perseguitati che erano grigie adesso sono diventate di colore blu azzurro ed hanno cambiato Stato e religione. Oltre che sotto casa, le retate ora vengono fatte direttamente per strada. Ecco la giornata della memoria forse non ha più bisogno di una cadenza specifica, basta un telecomando per accendere il televisore, a ogni ora del giorno, per accorgersi che la storia si ripete spesso e puntuale con i riti di un tempo, magari sostituendo impalcature con il braccio teso di una grù, con appeso ad una corda sempre un essere umano in pigiama a righe.
Propongo di abolire tutte le feste. Questo mondo che vorrebbe istituire anche la festa dello spritz e del karaoke, non si merita un calendario ricco di festività, di giorni in cui dover dire a quasi tutti: “auguri” per qualcosa, o fare un brindisi. Forse è opportuno dedicare un pensiero a quanto siamo dei dannati che non conoscono cosa sia un giorno normale e cosa sia la sana normalità. E, per cortesia, che non vi venga in mente di dedicare anche a questo una giornata paricolare.