Nihil sub sole novi (niente di nuovo sotto il sole). Sembra questa, a pochi giorni dall’esito elettorale, l’unica lezione tratta dalle urne, nel solco della più autentica tradizione italica, come lo spaghetto al pomodoro o il festival di Sanremo.
Quanto vigore nel correre con maggior lena per salire fra i primi sul carro del vincitore. Lattai, fruttivendoli, carrozzieri e corazzieri, partiti, partitini, intellettuali organici e professori universitari di ogni sorta, soubrette, nani e ballerine fanno a gara nell’affollare l’anticamera di Cesare (o di Cesira).
Ai tempi dell’antica Roma e si chiamavano “clièntes”, mentre adesso, almeno fra loro, si chiamano “pragmatici”. È l’evoluzione del linguaggio, anche se intatta rimane la genuflessione, l’inchino, la confidenza e la fede nella vittoria finale, da sempre coltivata. Tutto fa brodo pur di ottenere poi qualche piccolo incarico, una modesta presidenza, una direzione di enti inutili, una posizione ben remunerata o uno sdrucito scranno parlamentare o almeno situato nei pressi. È storia nazionale: “Franza o Spagna, purché se magna!”. Fin che c’è da “magnare”.
Come pecore al richiamo del pastore, purché a essere “tosati” tocchi sempre agli altri.
Certo che fa un po’ effetto, proprio a cent’anni dalla marcia su Bolzano, vedere perfino l’Obmann della SVP cantare, pur con il suo accento tedesco, nel coro plaudente, quando afferma che “adesso aspettiamo e vedremo quel che verrà”. Chissà cosa ne penserebbe il coerente Julius Perathoner, cacciato dai fascisti per non essersi piegato.
Se perfino i difensori più strenui delle autonomie speciali cercano, nelle pieghe del politichese, il compromesso più conveniente, il vantaggio momentaneo e quell’accomodamento con il potere, proprio di certo costume italiano, con il centralismo presidenzialista dei “nuovi padroni”, allora forse la storia è veramente finita.
A proposito, per le misure del prossimo “dirndl” di Giorgia Meloni, prego rivolgersi alla premiata sartoria “Panizza & Marchiori”. Nessun è più esperto di loro nel prendere le misure per un rapido cambio di casacca: una stella alpina sopra a un tricolore, con il ricamo di due canederli e una pizza, e il “dirndl” è subito confezionato.
Avanti popolo, con quel che segue.