C’era una volta, tanto tempo fa, un assessore provinciale della val di Non, di un partito che non era la DC, al quale si rivolgevano i contadini (e non soltanto loro) per chiedere intercessioni e grazie (leggi: contributi pubblici).
“Da dove venite, brav’uomo”? domandava con fare sornione l’assessore. “Vengo dal tal paese, sior assessor”, rispondeva il richiedente col cappello in mano. L’assessore tossicchiava, apriva il cassetto di destra della scrivania, consultava rapidamente lo schedario predisposto in rigido ordine alfabetico. Giunto alla lettera del tal paese, sollevava la scheda, leggeva una cifra e richiudeva il cassetto. “Mi dispiace, amico caro. Ma nel vostro paese le scorse elezioni ho ricevuto soltanto dodici voti. Voi capite, troppo pochi perché possa spendere la mia influenza sul presidente o battere i pugni sul tavolo della Giunta per dirottare il pubblico denaro nella direzione da voi auspicata”. Si avvicini un altro. E via con la medesima sceneggiata.
Alla successiva tornata elettorale, in quel tal villaggio l’assessore avrebbe colto voti come mele. Tant’è che quando, in età avanzata, l’assessore fu convinto a cambiare casacca, si portò dietro tutto il suo pacchetto di preferenze. Non solo, scalzò dallo scranno il capolista che lo aveva proposto nella convinzione di poter lucrare e farsi eleggere coi voti altrui. Cose dell’altro secolo, quando governava la Democrazia cristiana, con socialdemocratici, socialisti e liberali a fare da contorno.
Era il tempo in cui, a Romallo, tanto per restare nel vago, sullo scranno di sindaco sedeva una signora, detta “la rossa” e non solo per via del capello fulvo. Eletta col Partito Comunista Italiano, negli anni ha attraversato l’arco costituzionale e, in nome delle radici retiche, è riuscita a intestarsi la battaglia per il riconoscimento di una matrice ladina. Come il popolo di Fassa. Uno sviscerato amore per la storia, non si dubita. Ma l’essere riconosciuti ladini consentirebbe agli Anauni di fruire dei cospicui contributi che la legge attribuisce alle minoranze etniche.
Quel popolo ne ha davvero bisogno. Lo testimonia il fatto che numerose comunità di quella terra, ricca di castelli, di mele e di voti, figurano in fondo alla classifica dei contribuenti all’erario. In ben dieci comuni d’Anaunia le dichiarazioni al fisco sono da “reddito di cittadinanza”. Tutto regolare, sia ben chiaro. La coltivazione dei campi va sostenuta, non tassata.
Ci fu un tempo in cui i contributi a pioggia crescevano di pari passo con gli impianti di irrigazione. La terra delle golden, che aveva dato migliaia di braccia all’emigrazione continentale e transoceanica, ha cambiato pelle. E pure casacca. Memori del rogo del 397 d. C., col quale bruciarono tre extracomunitari arrivati dalla Cappadocia, gli Anauni sono passati alla fiamma tricolore.
Nella sola val di Non, il candidato della destra-destra, il “fratello d’Italia” De Bertoldi, ha ottenuto un quinto dei voti complessivi (9.476 di 56.946) che, domenica, lo hanno avviato al Parlamento. La candidata del Carroccio, Martina Loss, pur avendo conseguito proporzionalmente la medesima messe (8.476 di 42.629 voti) non è riuscita a staccare il biglietto per Palazzo Madama.
Il suo competitor, Pietro Patton, che ha ricevuto 47.904 voti, in valle di Non ne ha colti “appena” 6.149. Ed è solo grazie agli elettori di Trento (ah, quei comunisti di città!), se il candidato dell’Alleanza democratica per l’Autonomia è stato eletto senatore. Nel capoluogo, infatti, Patton ha ricevuto 29.475 voti, mentre la parlamentare uscente della Lega ne ha conquistati 18.132.
Laureata in scienze forestali, la signora Loss tornerà a occuparsi di boschi e di foreste, infestate e devastate dal bostrico. Intanto, nella terra delle mele, falcidiata dalla siccità e dalle grandinate, si sperimentano nuove colture. Dopo i contributi a pioggia per piantare, espiantare e ripiantare “i pomi”, si attendono con ansia provvidenze pubbliche. A pochi giorni dal voto si è cominciato a promettere, a tutti, 180 euro per le sofferenze da bolletta della luce. Con scarso risultato (elettorale), come si è visto, per i titolari “pro tempore” del palazzo di piazza Dante. Da qui al prossimo autunno, prima del rinnovo del consiglio provinciale, altri oboli arriveranno. Magari per sostituire i meleti coi meloni.