Se ne è andato l’8 settembre di 33 anni fa, Enrico Pruner, l’uomo politico che per mezzo secolo ha incarnato l’idea di “autonomia”. Un personaggio istrionico, affabulatore, dotato di grande intelligenza, non solo politica. Era nato giusto cento anni fa in valle dei Mocheni, la “valle incantata” per dirla con Musil. Una terra che Pruner contribuì a togliere da quell’isolamento, anche culturale, che l’aveva caratterizzata sino agli anni Sessanta del secolo scorso. Il “padre della Mochental”, come fu chiamato, divenne un punto di riferimento anche per i contadini e i montanari di altre valli del Trentino. Quando, a metà degli anni Settanta, a Martignano, divampò il “caso Oberosler”, l’esproprio forzoso di un terreno per una cooperativa edilizia, ingaggiò una battaglia che lo portò a scontrarsi, non solo verbalmente, con le forze dell’ordine.
Del resto, il “sudtirolese Pruner”, sospettato di simpatie con gli oltranzisti della Heimat, era già stato “attenzionato” dai carabinieri. Come testimonia l’informativa che qui rendiamo pubblica: “Da fonte sicura è stato riferito che la Dallabona (di mestiere tipografa-pensionata) in data 20 giugno u. s. (1961) ha fatto una telefonata dalla suddetta legatoria alla signorina Bruna del “Bar Paganella” per sapere se era arrivato da Bolzano il dr. Pruner, dovendo conferire di persona per cose riservate”.
Quanto alla vicenda Oberolser, con la sua battaglia politica Pruner ottenne che l’indennizzo per gli espropri di terreno agricolo fosse portato al valore di mercato. Sul piano politico, nell’autunno del 1978, conseguì un importante successo elettorale, con cinque seggi in Consiglio provinciale e regionale. Ma ecco un ritratto “privato” dell’uomo politico, scritto per iltrentinonuovo.it dal figlio di Enrico, Walter Pruner. (af)
L’autonomia intesa come autogoverno
L’8 settembre 1989 moriva Enrico Pruner. Nel centesimo dalla nascita e oggi nel 33° dalla sua scomparsa, il ricordo di un uomo che la marcia di avvicinamento ad un’Autonomia forte della sua terra fece convintamente, iniziandola il 25 luglio 1948 con la fondazione del Partito Popolare Trentino Tirolese, e condusse fino alla sua morte. Egli mise al centro della sua narrazione politica la persona, l’Autonomia, l’Europa. Il suo orizzonte politico fu il benessere del singolo in un contesto di Autonomia diffusa ai territori e in un quadro di Europa dei popoli. Visione europeista ante litteram, azione politica tra la gente e per la gente, lettura di contesto e capacità di rapido cambio di passo ma non di rotta, lesse anche da sognatore l’attualità di allora in chiave di visione virtuosa di Trentino autonomista, orgoglioso e solidale.
Una eredità politica coerente ma complessa, quella lasciata dal leader mocheno, al quale un’intera Comunità può guardare con gli occhi di chi l’Autonomia intese quale forma autentica e sincera di autogoverno, oltre ogni interesse di parrocchia.
La parte biografica del suo poliedrico impegno, che lo ha visto più che calcare, interpretare il proscenio della politica regionale per otto legislature, dalla 2^ alla 9^, è ampiamente nota. Forse lo sono meno alcuni tratti di contorno che in ognuno di noi performano il nostro essere uomo e donna sociali. Non c’è persona senza una dimensione politica che non sia influenzata da quella personale. Portati di esperienze individuali sociali, culturali, familiari, fanno parte del bagaglio anche politico del singolo ad ogni livello, dal semplice elettore allo statista internazionale.
La nascita di Enrico, il 24 gennaio 1922, nel cuore della Valle dei Mocheni è un dato determinante per comprenderne il carattere e la sua cultura interetnica. Alcuni semplici spunti. La povertà, la estrema arretratezza economica, l’insistenza di un dato linguistico diverso rispetto alla comunità trentina cui apparteneva, con un idioma identitario totalmente differente e che induceva nella migliore delle ipotesi la comunità altra ad un sospetto, ad una diffidenza preventiva, indussero la gens mochena a vivere, obtorto collo, da un lato il disagio di dover difendere una propria evidente peculiarità per nulla capita dalla mentalità nazionalista e post fascista del dopoguerra; dall’altra ad obbligarsi all’ adozione di adeguati contrappesi alla ricerca di un proprio riscatto sociale ed economico indurito, in questa gara della grande ricostruzione post bellica, da una indigenza e limitatezza di partenza senz’altro molto più grave che altrove.
All’interno di questo panorama il giovane Heinrich Pruner, come veniva chiamato fin da bambino, conclusi gli studi obbligatori, a soli 14 anni venne inviato al Liceo in lingua tedesca di Bolzano, con i soldi faticosamente accantonati dal papà Stephan, kromer come tantissimi capifamiglia mocheni, commerciante girovago, porta a porta, che a piedi raggiungeva i masi dell’Alto Adige per vendere di ogni bene, rientrando due volte all’anno con i parchissimi guadagni ottenuti.
La bicicletta per raggiungere da Frassilongo la stazione di Pergine Valsugana, per qualche mese mimetizzata tra la vegetazione circostante, alla volta di Bolzano, il giovane quindicenne l’avrebbe poi ripresa da lì a molto tempo a Natale e Pasqua per rientrare nella sua Frassilongo solo per le pause scolastiche.
Ultimo di cinque figli, ancora adolescente rimase orfano della madre. L’unica donna di famiglia, la sorella maggiore Irma, subentrò nel ruolo di madre e, come accadeva normalmente in Valle, privata nella stragrande maggioranza dei casi della presenza del padre lavoratore fuori sede, ne diventò anche “mater familias”. Conclusi gli studi liceali in lingua tedesca, Heinrich passò a quelli universitari laureandosi a Bologna in Agraria. Convolerà a nozze il 2 maggio 1956 con Emma Pallaoro, con cui avrà quattro figli, Cristina, Sonia, Walter e Nadia.
È in questo connubio forte tra cultura rurale vissuta in prima persona, cultura universitaria fuori il proprio piccolo cortile di valle, e la curiosità insita nell’indole di Heinrich, che si formò l’approccio popolare alla politica. Quell’approccio che lo rese robusto e forgiato. Capace di rapportarsi empaticamente con l’ultimo dei contadini come con il primo dei funzionari. Con l’ultimo dei diseredati come con il capo di Partito. Storici i suoi comizi e le disfide con avversari sempre rispettati ma mai destinati di regalie o cortigianerie.
Il cambio di passo, lo sguardo istrionico, la scelta dei tempi scenici e della metafora adatta lo hanno reso comprensibile a ogni latitudine sociale.
Quattro probabilmente le fasi politiche fondamentali, tra loro comunicanti, che si possono azzardare.
- Il periodo dell’ASAR (l’Associazione studi autonomistici regionali, sorta nel dopoguerra) formativo per la nascita del PPTT (Partito Popolare Trentino Tirolese) e la sua candidatura ed elezione a consigliere regionale nel 1952.
- Il periodo del governo regionale con l’assessorato alle Foreste e Agricoltura (1960/64) e il sanguinoso periodo delle bombe degli anni ’60 in Alto Adige. Periodi di schedature, censure, informative e pedinamenti di cui fu fatto segno lo stesso Pruner, come l’inedito quanto dirompente rapporto dei carabinieri, sopra riportato.
- Gli anni ’70 e il secondo Statuto. Le grandi intuizioni della seconda metà degli anni ‘70 con le battaglie sugli espropri, la Pirubi, i terreni ex Sloi, le Asuc, la lingua tedesca nelle scuole elementari, la Samatec, le acciaierie di Borgo Valsugana, l’uranio in Val Rendena, contro il confino in domicilio coatto dei malavitosi e le manifestazioni di Sant’Orsola e Trento.
- La spaccatura del Partito dei primi anni ‘80 e la ricomposizione lenta e dolorosa con il Congresso di unificazione del gennaio 1988.
Un forte vento europeista lo sospinse agli inizi degli anni ‘80 sul fronte “estero” con accelerazioni politiche di illuminata intuizione, originalità e modernità. Oltre ai rapporti stretti con la Baviera di Strauss, quelli con Jacques Chirac in Francia, i Catalani ed i Baschi in Spagna, alimentò l’impegno per l’Europa delle Regioni e dei popoli, con lo sguardo verso la Mitteleuropa ed il Tirolo quale approdo naturale. La rete di contatti coi partiti federalisti europei lo fecero un antesignano delle successive e postume declinazioni euroregionali.
Ma è anche all’interno dei confini nazionali che coltivò ambizioni di stretta collaborazione coi partiti autonomisti dello Stivale, da quello friulano alla Unione Piemonteisa di Gremmo e Calderoli, dal Partito Sardo d’Azione alla Valle D’Aosta, dal movimento siciliano, alla Liga Veneta di Rocchetta e Marin, a Beggiato.
In una dimensione di grande apertura, purtroppo da pochi in quella fase storica capito: destino di chi guarda avanti, oltre le turbolenze del presente, per immaginare il futuro e prefigurarne orizzonti, scenari e risposte. Volando oltre i gas di scarico del compromesso elettorale al ribasso o del populistico tornaconto di maniera.
A fianco della gente, mai sopra la gente.
Che la Terra ti sia lieve, anche se così pesante di contraddizioni quale quella che i tempi di oggi particolarmente ci sta riservando.