Volgono al termine gli appuntamenti promossi da Beppe Calliari nella vecchia segheria alla veneziana, sotto un antico ponte, a Piazzo di Segonzano. L’iniziativa ha suscitato interesse, partecipazione di pubblico ma soprattutto l’apprezzamento unanime di chi ha seguito gli incontri.
Una stretta valle, scavata nel porfido dalle acque del rio Regnana, a Piazzo di Segonzano. Nel corso dei secoli vi furono approntati molini e segherie. Le macine, che giravano con le ruote di legno mosse dall’acqua, cominciarono a diffondersi in Europa al principio del Medioevo. Per costruire un mulino “non bastava avere le nozioni e le capacità tecniche necessarie, ma occorrevano pure la potestà ed i mezzi richiesti dall’investimento oltre ad una clientela assicurata. Ne risulta, allora, che i primi costruttori di mulini ad acqua potevano essere soltanto i proprietari di vasti terreni, cioè i nobili e gli ecclesiastici. Avevano un ruolo importante soprattutto i monasteri; essendo responsabili per l’alimentazione di molte persone, non potevano fare a meno di un mulino; perciò dotare i conventi del mulino era un atto obbligatorio, adempiuto perlopiù immediatamente dopo la fondazione.” (Il grano e le macine, 1994).
Nel XIX secolo, a Piazzo di Segonzano operavano quattro mugnai e un fabbro. Altri due macinavano al Prà. In vari periodi funzionarono tre segherie alla veneziana mosse dalla caduta dell’acqua nelle casse. Erano riparate da una tettoia e avevano una sola lama agganciata a una ruota dentata.
Nella gola tra gli abitati di Piazzo e di Parlo, nel XVIII secolo fu approntata una segheria, chiusa all’interno di uno stabile lungo e stretto poiché, in quel tratto incassato tra le rocce, il sole non arriva mai, nemmeno d’estate. D’inverno sarebbe stato impossibile lavorare. La segheria trasformò i tronchi in assi fin verso la seconda guerra mondiale. Recuperata con un paziente restauro, quest’opera di archeologia artigianale è diventata “La Cà de la Val”, la casa della valle.
Da qualche mese, per iniziativa del prof. Giuseppe Calliari, musicista, musicologo, scrittore, già docente presso la Civica Scuola Musicale Zandonai, a Rovereto, la “Cà de la Val” si propone come un sorprendente centro culturale. Vi si organizzano rassegne di artisti, non soltanto locali; incontri e conferenze con scrittori, poeti e prosatori. Un piccolo scrigno incastonato sotto un ponte di pietra che si dice “romano”. È probabile, invece, che sia di origine medievale.
Ebbene, nel corso dell’estate, gli appuntamenti con l’arte e con la storia, con la poesia e la narrativa, hanno catalizzato un interesse crescente. Si è parlato degli acquarelli del Dürer che qui passò nell’autunno del 1494 (Elisabetta Doniselli); di epidemie e di pauperismo in val di Cembra; di agricoltura e paesaggio rurale (Ilario e Giampaolo Ioriatti); di racconti e di fiabe (Daniela Minerbi, Walter Nardon, Micaela Bertoldi) di poesia (Nadia Scappini, Massimo Parolini).
Ciascun incontro si è tenuto incorniciato fra le opere di Paola Grott (29 luglio- 28 agosto) e di Giuliana Pojer (2-25 settembre).
Quest’ultima, diplomata all’Istituto d’Arte di Trento, ha un carnet di personali e collettive con opere sgusciate dalla matita e dai pennelli dell’acquerello, dell’olio, dell’acrilico o incise sulla lastra (dall’acquaforte alla puntasecca). Una produzione vasta e carica di sensazioni. Scriveva Lorenza Biasetto nella presentazione di una mostra (2009) che si tenne nel palazzo della Regione a Trento: “Trovo l’opera di Giuliana Pojer essenzialmente femminile. Molto femminile. Una femminilità che pervade contenuti e forma, soggetti e tratto. Così come femminile è lei persona, allo stesso tempo dolce e decisa, affabile e risoluta, amabile e caparbia”.
Nativa di Grumes, Giuliana Pojer vive a Faver.
Ancora Lorenza Biasetto: “Le piante (raffigurate) sono quelle della sua valle: la vite, il castagno, il melo e qualche girasole. Paesaggi di pendii vitati, dove la natura e l’armonia sono protagoniste, anche quando l’uomo è intervenuto a modificare il territorio con architetture rurali in perfetto equilibrio di proporzioni e forme con l’ambiente circostante. Ma è nei ritratti di donne che la femminilità di Guliana Pojer si manifesta in tutta la sua forza e dolcezza: ragazze, amanti, giovani madri con i loro bambini. Corpi sensuali e sguardi consapevoli”.
Di Paola Grott troviamo scritto che, nata a Trento, ha frequentato l’Istituto d’Arte “Vittoria” e si è trasferita a Milano. Nell’Accademia di Brera, dove si è diplomata nel 1974, ha avuto tra i docenti Domenico Purificato (1915-1984). Ha frequentato lo studio di Salvatore Fiume (1915-1997) e, leggiamo nella sua biografia, ha dedicato cicli pittorici alla figura, alla natura che ha interiorizzato nella sua infanzia in Trentino, alle architetture della città di Bolzano e rivisitato gli affreschi di Casa Cazuffi-Rella di Trento”. Inoltre, “ha sviluppato il tema della finestra quale confine simbolo fra esterno ed interiorità, mentre corpi, nature morte e oggetti sono figure di emozioni e sentimenti, un pretesto per esprimere altro: metafora della realtà e del suo pensiero sull’esistenza”.
Dopo la prima rassegna, alla “Cà de la Val” gli appuntamenti culturali riprenderanno la prossima estate.