Con il deposito delle liste elettorali si delineano i campi di battaglia politica e i temi oggetto di promesse e di dibattito. Sarà una campagna breve (si vota il 25 settembre) ma ad alto tasso di verbosità. La riduzione dei seggi a disposizione dei partiti e l’ampliamento dei collegi elettorali non aiuteranno a svelenire il clima. La legge elettorale neppure. Walter Pruner prende in esame la situazione sul piano locale.
Breve, brevissima la campagna elettorale. Brevissimi i tempi di riflessione per i partiti. Nessuna incertezza parrebbe essere quella che riguarda gli esiti, da destra a sinistra. Ma il condizionale è d’obbligo nell’era della liquidità. Anche in politica.
Striscianti da una parte le euforie, dall’altra la rassegnazione. Si percepiscono entrambe, permeate rispettivamente dalla consapevolezza che poco più di un mese è tanto per perdere un cospicuo vantaggio e dall’altra troppo poco per recuperare il ritardo.
Il fatto che a Roma si siano già incontrati un paio di settimane fa coi tabulati dei sondaggi e quelli dei collegi blindati, ottimi, meno buoni, persi e quelli contendibili, la dice lunga su quanto alla fine il pragmatismo della politica prevalga su programmi e prospettive.
Così come la dice altrettanto lunga il fatto che in Trentino le forze in campo abbiano preferito non procedere a verifiche con sondaggi autorevoli.
Implicitamente, la scelta di non procedere alla classica mappatura previsionale, da parte del centro destra e del centro sinistra, certifica la estrema volatilità in Trentino della situazione. A dimostrazione che non esistono, in realtà, esiti già scritti e le forze si muovono con la prudenza di chi poco si fida dei “boatos” di piazza.
Resta curiosa anche la decisione, forse stravagante, di non aver, se non diffuso, almeno previsto un sondaggio locale di massima. Dal quale partire prima di rifinire, con l’opera di alta sartoria, i dettagli che riguardano le guarnizioni di chiusura di un abito di cui in queste ore si stanno definendo i dettagli. Evidentemente, le minime variabili ancora in campo sono state ritenute decisive al fine del risultato finale: indice di una contendibilità ancora in campo e, quindi, del flebile tentativo di giocarsi una partita non scontata. Qualche imprevedibilità, in effetti, sta a dirci che non tutto è scritto e nella pillola del fantomatico laboratorio politico trentino il principio attivo della vittoria certa non c’è.
Sul fronte Lega occorrerà capire se, pure da noi, a pesare sarà l’effetto salviniano dei citofoni, della maglietta putiniana, dei Savoini, dei rubli, del doppio strabismo russo e “no vax”, o se a prevalere sarà piuttosto l’effetto del volto governativo, quello dei “responsabili” alla Fedriga, alla Zaia, per intendersi. Per il Trentino leghista questo sarà insomma anche un test in vista del 2023, quello che negli USA chiamano elezioni di metà mandato, a capire se prevarrà, come accaduto nel 2018, il traino salviniano, ora sbiaditosi nel doppio ruolo di governo e di oppositore, o se il giudizio sui quasi quattro anni di “governo Fugatti” sarà benevolo.
Per Forza Italia contano certamente l’età del suo leader, le spaccature interne con la fuga delle maggiorenti, soprattutto in rosa come di quelli in blu, e la capacità di appeal di un prodotto usato e sicuro, in un’arena politica che viaggia ad alta velocità tra cambiamenti di linguaggio e slogan. Il cavaliere ha preferito affidarsi all’usato sicuro di un format comunicativo già messo in campo, in simmetrica opzione social-televisiva, col famoso annuncio alla Nazione di quasi trent’anni fa. Non sarà facile con queste armi di propaganda del passato vincere la sfida interna alla destra/centro meloniana, di rappresentare la nuova destra moderata e liberale che il disinvolto fantasista di Arcore sta inseguendo. Ma le risorse del camaleontico cavaliere non vanno sottovalutate e se ha optato per lo stile scrivania, foto-famiglia, Milan (oggi Monza) ed appello, ha probabilmente ritenuto troppo stretti i tempi per cavalcare novità in tema linguaggio comunicativo. Ha poi preferito rinunciare a stucchevoli battaglie sulla scelta dei seggi in favore di scelte tecniche che garantiscano un equilibrio interno parlamentare attraverso la richiesta di pochi, ma sicuri, collegi per permettere ai suoi fedelissimi di continuare ad occupare le posizioni attuali.
A cento anni dalla marcia su Roma, “Fratelli d’Italia”, la grande novità, ha il compito principale di trasformare in proposta di guida il motore a scoppio della sua solitaria opposizione di questi anni.
Nella ancor sconosciuta squadra di governo che, in caso di vittoria, andrà a presentare, essa ha ancora la maggiore incognita. Dato a livello nazionale il primo partito, in Trentino sconta due esami fondamentali da superare: da una parte la capacità di erosione nei confronti della discendente Lega; dall’ altra la capacità di penetrazione interna all’elettorato centrista. Per la prima volta l’estrema destra è costretta, per affermarsi, a chiamare all’appello quell’elettorato moderato di mezzo senza il quale il salto di qualità in area governativa non è praticabile. L’operazione messa in campo dal consigliere Claudio Cia, considerata spregiudicata solo un anno fa, ha portato, seppure per cooptazione, all’ingresso in consiglio provinciale di una destra numericamente mai così forte in Trentino. La sua sottovalutazione da parte della Lega ha costretto quest’ultima a pagarne il dazio già ora in sede di candidature interne alla coalizione. Nel probabile discorso di insediamento alle Camere, il/la candidato/a premier sarà vivisezionato/a dai mercati, capaci di decretarne la sconfitta prima ancora del decollo: è la logica dello spread. Se a prevalere sarà invece l’esperienza politica della edulcorata Giorgia nazionale e dei suoi navigati centristi alla Crosetto, il nuovo viaggio potrebbe portare a traguardare la legislatura riflettendo, in questi tredici mesi che ci separano dal voto in regione, effetti in sede domestica ora imprevisti, con riequilibri interni alla coalizione di cui sembra oggi pochi si stiano completamente rendendo conto.
Il Partito Democratico a guida Letta, oltre alla gestione delle costole satelliti dei Renzi, dei Calenda, è chiamato a guidare una rimonta di coalizione complessa, attraverso una non facile ripresa dei tradizionali temi sociali caldi, apparsa piuttosto sbiadita nell’agenda politica dei dem italiani degli ultimi anni. Il partito democratico in Trentino, tra equilibrismi interni e continui funambolismi, trattati con sagacia coalizionale della sua inesauribile segretaria, è chiamato a verificare il grado di tenuta neurologica di una base stanca ed esausta. Un elettorato che attende con impazienza di assistere, sul territorio, all’uscita di quella che sembra essere sempre l’ultima curva, la bandiera a scacchi delle divisioni.
I “Cinque Stelle”, per quello che appare un appuntamento elettorale di passione, in questa tornata lasciano sul campo centinaia di parlamentari e con essi milioni di voti il cui alloggiamento finale per forza di cose risulterà dirimente.
Anche in Trentino sarà decisivo capire dove finirà parte dell’elettorato pentastellato, vittima pure qui di una diaspora interna. Ancora non è ben chiaro chi penalizzerà maggiormente; ben sapendo che la prova di maturità per i “Cinque Stelle” trentini sarà il 2023.
Con l’attuale sistema elettorale, a base maggioritaria e binaria, vinci o perdi, la sua tecnicalità decreta la passività rilevante di ogni posizione neutrale, che nei fatti non esiste. L’astensione determina la vittoria del favorito e riduce le speranze di recupero degli inseguitori. La “non scelta” dunque concorre alla sconfitta di uno o l’altro schieramento.
Quanto all’opzione testimoniale del Patt, quella che gli analisti chiamano della “utilità del voto inutile”, è solo la cabina a poter dire se sarà valutato come atto di codardia o di coraggio, di diserzione politica o valoriale.
Sul tema astensionismo, dato anche questo stimabile intorno al 40%, non ci si può esimere dal leggerne effetti imprevedibili: storicamente l’aumento della disaffezione tende a premiare le forze di vecchio conio. Se le novità microcentriste, laico, civico, liberali, mostreranno un alto tasso di appetibilità, la diffusione del virus dell’astensione è destinato ad una brusca frenata.
Parte la sfida, sempre che non sia una corrida.