La fuga dei “camici bianchi” e i tempi biblici per una visita specialistica sono il tema di una interrogazione presentata dai consiglieri di minoranza Zeni e Ferrari all’assessora alla salute della Provincia autonoma di Trento, Stefania Segnana. La quale precisa che la dilatazione dei tempi d’attesa per le visite specialistiche è dovuta al Covid che ha provocato “enormi rimbalzi della richiesta specialmente a causa dei ripetuti lockdown”. A fronte dell’impennata nelle richieste di controlli medici, la Provincia autonoma di Trento ha “dovuto chiedere supporto alle strutture esterne all’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Tale supporto è stato fondamentale per ridurre e arginare la mobilità esterna al Trentino”. Ma è proprio così?
Toh, chi si rivede! L’opposizione. O qualche sussulto, almeno. Ma sì, lo sappiamo bene, è tempo di campagna elettorale e ogni occasione è buona per fare la voce grossa e promettere il Paese dei Balocchi. In questo caso (onore al merito) si tratta della doverosa presa di posizione sulla malasanità, intesa non già come errore medico ma come orrore pubblico. E il dito nella piaga lo mette chi di sanità dovrebbe almeno masticare qualcosa visto che, pur con la toga dell’avvocato, ha svolto le funzioni di assessore provinciale alla salute e politiche sociali. Accadeva molto tempo fa, nel 2015, quando l’avv. Luca Zeni e il suo partito, il PD, facevano parte della coalizione di governo della provincia autonoma di Trento guidata dal presidente Ugo Rossi. Che cosa scrivono dunque (a firma congiunta) di tanto dirompente Luca Zeni e la sua collega Sara Ferrari? Di fronte allo sfascio della sanità pubblica a tutto vantaggio di quella privata chiedono un commissario. Un Padreterno come il generale Figliuolo di pandemica memoria.
Da quando le aquile hanno nidificato in piazza Dante, la vera Azienda sanitaria non è quella pubblica che, in quanto tale, può inanellare soltanto perdite. La vera Azienda, florida e panciuta, è quella privata. Alla quale sono costretti a rivolgersi con quotidiana, esponenziale, necessità frotte di pazienti. Oddio, pazienti non si può più dire perché sarebbe come mettere il dito nella piaga. Chiamiamoli “utenti” che più si addice ai fruitori dei servizi di un’azienda.
Alla sanità privata si ricorre per disperazione non certo per beneficienza. Qualche esempio. Un giovanotto di 26 anni, con problemi all’apparato digerente, ha cercato per mesi la visita di uno specialista sulla piazza di Trento e Rovereto. Ogni volta che chiamava il CUP, il centro unico di prenotazione, si sentiva rispondere che per la visita richiesta avrebbe dovuto attendere l’inverno prossimo e che, anche a pagamento, il/la gastroenterologo/a richiesto/a non aveva ancora dato la propria disponibilità e cioè fissato il calendario delle visite “extramoenia”. Così a marzo, aprile, maggio e giugno, finché, sfinito, il giovanotto si è rivolto alla sanità del Veneto. Non conoscendo alcun luminare di Verona ha letto i curricula dei medici in servizio in un certo ospedale, ha scelto quello laureato al Sant’Anna di Pisa, una garanzia, vent’anni di pratica ospedaliera, e si è tuffato. Certo, la prima visita è stata a pagamento. Ottenuta, pare banale sottolinearlo, il giorno seguente alla prenotazione. Quanto al resto (gastroscopia e conseguente terapia) direttamente in ospedale. A carico della sanità trentina, peraltro, che rimborserà la struttura veneta. Pubblico su pubblico, si dirà. Ma intanto gli ospedali domestici si stanno depotenziando giorno dopo giorno, con dimissioni e pensionamenti. A proposito: era così difficile per i nostri “saggi” (?) amministratori della sanità (compreso lo Zeni di cui sopra) prendere in mano il pallottoliere e calcolare che i medici nati prima del 1955 a 67 anni avrebbero dovuto lasciare l’ospedale?
Nell’interrogazione, Zeni e Ferrari sottolineano che nei primi cinque mesi e 21 giorni del 2022 si sono già avute 30 dimissioni di medici dagli ospedali pubblici. E le liste d’attesa degli “utenti” si dilatano alle calende greche. Si arriva a 240 giorni di attesa per una colonscopia. Insomma, se ne parla, se va bene, fra otto mesi. Sempre che, nel frattempo, l’eventuale presenza di una neoplasia (nome gentile per non dire cancro) non provveda diversamente.
Altro esempio. Una signora di 84 anni, affetta da cataratta bilaterale simultanea, cioè vede pochissimo da entrambi gli occhi, visitata in ospedale, si è sentita fissare l’intervento (che dura un quarto d’ora) a maggio del prossimo anno. Prendendolo come un auspicio di lunga vita, la povera donna ha chiesto lumi a una clinica privata trentina. Presso la quale, in verità, l’intervento si potrebbe fare, come no?, e anche in tempi rapidi, quasi un battito di ciglia. Basta mettere sul piatto millecinquecento euro per ciascuna delle due, inevitabili, sedute chirurgiche. Un occhio della testa per chi vive con la pensione minima. Non ditelo a quel tale che, campagna elettorale in corso, ha già garantito dentiere gratis ai vecchietti perché potrebbe aggiungerci pure l’asportazione delle cataratte. Tanto, passate le urne, l’elettore chiuderà un occhio sulle promesse irrealizzate.
Per la povera donna come è andata a finire? Semplice: visita a pagamento in quel di Verona, intervento in struttura ospedaliera in due settimane. Con la provincia autonoma di Trento che provvederà a rimborsare il dovuto.
L’assessora Segnana, come è comprensibile ma non accettabile, scarica le responsabilità su altri. I ritardi? Colpa della pandemia. Le dimissioni dei sanitari? Ci sono stati anni in cui se ne sono andati molti di più. Ogni giorno la sua pena, ogni anno fa storia a sé. Il commissario richiesto? Non serve anche perché, fa sapere al “Corriere del Trentino”, “guardando il totale dei dipendenti del mondo sanitario trentino, i numeri sono in aumento. Segno che non siamo poi così poco attrattivi”.
Già, le sirene dello skypass gratis per “camici bianchi” vogliosi di settimane bianche ed altri benefit costringeranno a contingentare le frotte di medici in entrata nei territori dell’attrattiva provincia autonoma di Trento. Nel frattempo, le previsioni delle urne preannunciano nuovi successi per chi, nei fatti, favorirà la sanità privata. Le aquile son ben ancorate nel loro nido di piazza Dante. E lo saranno per lunga pezza se i polli di Renzo continueranno a beccarsi tra di loro.