In una comunità c’è sempre una minoranza che dice “no” a tutto. Ebbene, il nuovo quotidiano che verrà (la prima edizione il 1° novembre 2022) sarà un giornale del “sì”. Proiettato verso il fare con particolare attenzione all’ambiente, al lavoro, all’economia. Un giornale per formare una classe dirigente (che al Trentino manca da anni), per fare cultura e tenere la barra dritta nelle scelte verso il futuro. È la sintesi dell’intervista a Fausto Manzana, il presidente della Fondazione Synthesis, che ha costituito la società editrice del nuovo giornale per i trentini. L’intervista è stata registrata nel pomeriggio di lunedì 30 maggio 2022 nella sede di Confindustria Trento. Presenti, oltre al protagonista del colloquio, il direttore generale di Confindustria Trento, Roberto Busato e, per iltrentinonuovo.it, l’avv. Adolfo de Bertolini “garante del lettore”.
Nato a Rovereto l’11 agosto 1959, segno del Leone, Fausto Manzana si è diplomato all’Istituto Tecnico Industriale e si è subito occupato di informatizzazione di alcuni studi professionali. A metà degli anni ’80 è diventato tecnico sistemista e programmatore. Ha fondato GPI, un’azienda nel settore dell’informatica applicata alla sanità, oggi quotata in borsa. È una multinazionale che dà occupazione a oltre 8mila persone.
Fausto Manzana ha quattro figli: Sergio (1983), Dario (1987), Sara (1990), tutti impegnati in azienda, e Sonia (1993), insegnante. Dal 2019 Fausto Manzana è presidente dell’associazione industriali della provincia di Trento. Il 24 maggio 2022 ha annunciato che farà anche l’editore, dando vita a un quotidiano che uscirà il 1° novembre 2022, pubblicherà sei numeri a settimana (niente edizione del lunedì), avrà per direttore Simone Casalini, ex Corriere della Sera, e una redazione di 22 giornalisti.
Manzana, ma c’è davvero bisogno di un nuovo giornale, in Trentino?
“Secondo noi manca un giornale che dibatta, che offra la possibilità di fare degli approfondimenti. Riteniamo che questo nostro Trentino debba trovare una propria strada di sviluppo, di rimessa in discussione. Da fare un punto nave, mi viene da dire, e tracciare una rotta di sviluppo, di contesto, tenendo presente dov’è il nostro Paese, dove sta andando l’Europa, dove sta andando il mondo. E allora, in maniera chiara, diciamo: sì, c’è bisogno di un giornale per fare un po’ di informazione, un po’ di formazione ed essere uno strumento di dibattito”.
Pluralismo informativo, quindi.
“Direi proprio di sì”.
Non le chiedo come sarà la testata, perché, immagino, al momento non lo vorrà rendere noto, ma quando si saprà?
“Credo che i grafici finiranno il loro lavoro in qualche settimana e non è che vogliamo tirare in lungo questa storia. Pertanto lo faremo sapere quanto prima, anche perché è nostro interesse cominciare questo countdown rispetto alla giornata dei Santi quando il nuovo giornale sarà nelle edicole”.
Nella conferenza stampa del 24 maggio scorso lei ha dichiarato che sarà un “giornale moderato”. Che cosa intende con tale aggettivo?
“Un giornale non urlato. Ritengo che oggi, sia sui tweet sia nei titoli si usi un’enfasi che a volte non rispecchia il contenuto dell’articolo e soprattutto distragga il lettore il quale non è più abituato ad approfondire. Noi vorremmo che ci fosse un invito ad approfondire. Idealmente: articoli brevi ma ficcanti, che seguano una narrazione, una determinata logica nel tempo. Per cui, un giornale che dà le notizie, ovviamente, ma che cerca anche di far capire che cosa ci sia dietro una determinata informazione”.
La scena e il retroscena. Poiché le azioni camminano sulle gambe degli uomini, abbiamo fatto un paio di telefonate nella zona di Brentonico, dove abita, per capire che cosa pensano del loro illustre concittadino. Ci hanno detto delle sue origini popolari, la famiglia politicamente vicina alla vecchia DC, poi alla Margherita. Con la destra populista in che rapporti è?
“Per la verità non sono mai stato democristiano. Se vogliamo andare ancora più indietro sono stato un estremista di sinistra (Montanelli diceva: chi non è comunista a vent’anni è duro di cuore, chi lo è a quaranta è duro di testa); sono stato nel mondo dei socialisti. Insomma, sono sempre stato un socialdemocratico e tale mi reputo ancora”.
Lei avrà 63 anni ad agosto. Ha esperienza internazionale, fa il capoazienda da quarant’anni, insomma è un uomo di successo e soprattutto, come si dice, “navigato”. Se glielo chiedessero farebbe il presidente della Provincia di Trento?
“No perché credo che, in maniera molto umile, devo dare il mio contributo vicino alla mia ciabatta. In questo momento credo che non ci sia la possibilità di esprimere un’idea politica e partitica. Io penso di dare il mio contributo al dibattito e la nostra Associazione (degli Industriali) vuole fare da lievito. E poi ci sono così tanti candidati disponibili su piazza …”
Torniamo al giornale. La compagine sociale che darà vita al nuovo quotidiano comprende la maggior parte delle associazioni imprenditoriali del Trentino (commercianti e Confesercenti esclusi). Lei che è il capofila è anche il presidente dell’Associazione degli Industriali della provincia di Trento. Partecipa in tale veste (pertanto con alle spalle l’intera categoria rappresentata) o a titolo prevalentemente personale?
“È difficile disgiungere il ruolo dalla persona. In qualche modo è evidente che io credo in questo progetto anche se, inizialmente, quando abbiamo fatto le prime verifiche risultavano perdite milionarie. Abbiamo alzato le braccia poiché non pareva possibile sostenere l’impresa. A valle di successivi approfondimenti abbiamo visto che era possibile raggiungere un break even, un punto di pareggio. Ed è per questo che abbiamo abbracciato quella che il vicepresidente Italo Monfredini ha definito “una scommessa ma non un azzardo”. Riteniamo che, con un numero di copie e di abbonamenti alla nostra portata, riusciremo ad ottenere il break even. Siccome l’obiettivo non è l’utile, non abbiamo esigenze di remunerare il capitale perché vuole essere il giornale dei Trentini per il Trentino, a servizio della Comunità. E poi esperti del vostro settore mi dicono che nell’arco di sei mesi siamo in grado di capire se questa avventura potrà uscire dal porto e navigare in mare aperto. Ci siamo dati 12-18 mesi, fare gli abbonamenti per il 2024 tanto per essere precisi, e trovare questo equilibrio o la strada chiara verso un equilibrio”.
Stiamo parlando di 4.000-4.500 copie giornaliere?
“Siamo attorno a quei numeri, questo è l’obiettivo. Ho promesso soltanto due cose al direttore responsabile (Simone Casalini): che nessuno lo tirerà per la giacca e serietà. Se poi i Trentini non premieranno questa impresa, da parte nostra almeno potremo dire di avercela messa tutta. Di sicuro non c’è alcun retro-pensiero che questa totale, assoluta, trasparenza del voler dibattere”.
Lei ha anticipato la domanda e cioé che fare il direttore di un giornale finanziato e voluto dalle categorie economiche sarà probabilmente una fatica improba: cento interessi da tenere d’occhio e mille telefonate cui rispondere, no?
“No. Tassativo che il direttore potrà anche non rispondere alle telefonate dei colleghi imprenditori. Questo è nell’ingaggio della Fondazione Synthesis”.
Perché non ha pensato prima, in anni forse maggiormente propizi, ad acquisire un giornale già in stampa o a fondarne uno nuovo? Insomma, chiuso il “Trentino” perché non avete dato il via a un nuovo giornale fin da subito?
“L’uomo propone, Dio dispone. Dopo un primo momento di valutazione nel quale ci sembrava davvero impossibile, abbiamo dato un incarico per studiare un bussines plan (un piano industriale). Soltanto a valle di questo abbiamo potuto vedere una certa sostenibilità. Dopo di che l’estate scorsa non siamo riusciti a quadrare per un’assenza piuttosto prolungata del presidente della Cooperazione Trentina, Simoni (che fa parte della cordata editoriale). Non va dimenticato il lungo dibattito all’interno delle associazioni di categoria. Avevamo deliberato una società, un ente del terzo settore, poi siamo tornati a deliberare una Fondazione. La differenza è sostanziale: i ventimila euro di capitale non tornano più indietro verso le associazioni fondatrici. C’è stato un lungo dibattito, una macerazione significativa, importante, e questo percorso ha impiegato vari mesi. Troppi, non lo so. So solo che sono serviti quasi due mesi per la registrazione della Fondazione.
Dopo la presentazione del progetto all’opinione pubblica, il 24 maggio, avrà ricevuto consensi e critiche, immagino. In che proporzione?
“Cento a zero. Cento consensi e nessuna critica. Questo, per certi versi, è preoccupante. Intuisco che non sarà facile ma ci sarà il massimo impegno perché tutto proceda nel migliore dei modi”.
Si aspettava che “l’Adige”, il giornale al quale, volente o no, il suo andrà a rosicchiare una fetta della torta pubblicitaria, pubblicasse, sia pure in modo neutro, la notizia della nuova avventura editoriale?
“Assolutamente sì. Credo nell’onestà delle persone, credo nella serietà del direttore (Alberto Faustini). Non ci immaginavamo che sarebbe stato il titolo di apertura, ma che la notizia fosse pubblicata non avevo alcun dubbio”.
Per alcuni mesi la sua fotografia ed il suo nome hanno avuto la prima pagina del giornale l’Adige, tanto che qualcuno aveva pensato che quel quotidiano fosse diventato l’House Organdell’Associazione Industriali. Blandizie o cortesia tra imprenditori? Insomma una “captatio benevolentiae” per farle capire che a lei e alla sua immagine avrebbe provveduto l’Adige, senza mettersi a fondare un nuovo giornale?
(sorride) “Non lo so, ma se così era è stato sbagliato”.
Lei ha annunciato l’assunzione di 22 giornalisti e la notizia ha fatto luccicare gli occhi e leccarsi le dita al segretario regionale del sindacato di categoria, Cerone. Quanti di costoro saranno “pescati” tra i professionisti disoccupati o tra i free lance?
“Da regole di ingaggio, il direttore (Casalini) ha totalmente carta bianca su come costruire la propria squadra, di cui lui sarà responsabile. Come faccio nella mia azienda e come facciamo noi imprenditori, a parità di condizioni favoriamo chi un lavoro ce l’aveva e non ce l’ha più. A me pare sia più serio che non rubarci i giornalisti da un giornale all’altro”.
La sua famiglia che consigli le ha dato, se gliene ha dati, per questa avventura editoriale?
“La mia famiglia mi dà regolarmente buonissimi consigli e in questo caso non è che ho trovato un grande sostegno (ride)”.
Tuttavia non ha litigato, par di capire.
“No, non ho litigato, anche perché sanno che più mi mettono ostacoli e più la mia determinazione aumenta. Come è nato il nostro “Duemila Trentino”, che lei ha alle spalle, è un voler lasciare il segno anche di questa presidenza, di questi quattro anni. Il voler incrementare il dibattito al nostro interno. Penso che questa sia una missione, da farsi. Sulla comunità penso sia un altro passo da poter restituire”.
Pertanto una scelta più come presidente di Confindustria Trento che come titolare di GPI. È così?
“Come Manzana, da solo, non mi sarei mai imbarcato in una cosa del genere. Sentendomi attorno il consenso di quelle persone che lo hanno espresso si è colta l’occasione. Evidentemente la faccia non va fuori a percentuale, va fuori la faccia di Fausto Manzana e non può andar fuori la faccia dell’Associazione Industriali che è indisponibile per me e per chiunque. Quello che si potrà dire, e io me ne voglio far garante, è che l’Associazione Industriali ci ha provato e ci ha provato seriamente assieme alle altre categorie e a tutti quelli che hanno voluto starci in questa iniziativa, in questa avventura”.
Lei dorme la notte? E sono più i sogni o prevalgono gli incubi?
“Ho chiarissimo che la differenza tra sogno e incubo è sottile. Ho bisogno di dormire almeno sei ore e devo farlo, come Cenerentola, prima di mezzanotte, perché altrimenti…”
O come il principe di Condé di manzoniana memoria. A proposito, L’editore Ebner, al quale volente o no, potrebbe creare un qualche fastidioso prurito, le ha fatto gli auguri?
“Io ho un rispetto enorme per Ebner, per il suo impegno, per le tantissime attività che sta conducendo e vorrei pensare che nascesse un reale dibattito e un miglioramento complessivo dell’informazione. Io non escludo che, alla fine, questa nostra iniziativa possa essere la fortuna dell’Adige. Perché dobbiamo rubarci e non incrementare questo numero di soggetti che ha voglia di approfondire? Di quanti temi noi dobbiamo discutere, approfondire, e poi alla fine decidere? Possiamo perderci in tutti quei “no” su tutto? Tutti si offendono per qualsiasi iniziativa. Dopo un dibattito bisogna stringere e decidere. Per fare un esempio: la questione del by-pass ferroviario di Trento: non esiste. Che debba essere fatto nel migliore dei modi è una pretesa. Ma che tutti ci si inventi geologi o immaginare che il corridoio ferroviario passi dal centro città, no”.
Quindi sarà un giornale dei “sì”?
“Certo, sarà un giornale dei sì, dando spazio al dibattito perché non ci può essere un “sì” acritico. Io vorrei opere che hanno una resa, non che incrementano la spesa corrente”.
Lei però ha svicolato. Ebner le ha telefonato gli auguri o no?
“No, non mi ha telefonato. Però sono io il colpevole perché avevo promesso che gli avrei mandato un messaggino. Poi mi sono trattenuto, perché non volevo che fosse interpretato, malauguratamente, come una presa in giro, visto che tutti sapevano già tutto e cioè che avremmo fatto un nuovo giornale”.
Si parva licet, intanto, gli auguri glieli facciamo noi. Almeno per quei 22 nuovi posti di lavoro per giornalisti: disoccupati e non. In fondo contribuiranno a pagare anche la nostra pensione.