Con quest’ultima riflessione si conclude (per il momento) il fondamentale “viaggio” di Renzo Fracalossi compiuto per Trentinonuovo.it “nell’idea malata della storia”, fra razzismo e antisemitismo. Un approfondimento che ha consentito e permette di comprendere anche ciò che sta accadendo in questi mesi nel cuore dell’Europa.
L’ultima frontiera. Negare la storia e il suo accadere è molto più semplice di quanto possa sembrare. È infatti sufficiente che qualcuno, minimamente argomentando, metta in dubbio gli avvenimenti o la loro cronologia, per spingere la scienza storica all’obbligo di un nuovo e completo vaglio dei fatti.
È quello che, ormai da anni, sta avvenendo con l’antisemitismo e la Shoah. Una serie infinita di dubbi su piccoli episodi, su dati insignificanti, su qualche cedimento di memoria dei Testimoni ultimi, su supposte “prove scientifiche” serve ad innescare processi di riesame, di analisi che si frantumano in mille inutili briciole che contribuiscono comunque a mettere in discussione la veridicità di quanto fin qui affermato dalla storia.
Sul versante concettuale, il negazionismo non è, in sé, un’ideologia compiuta e non costituisce, in linea teorica, il presupposto sul quale fondare una specifica scuola di pensiero, ma è, invece, un atteggiamento mentale nei riguardi del passato. Se una parte del racconto storico, come quella della Shoah, viene posta in dubbio attraverso balzani tentativi di confutazione, chi assicura il singolo cittadino che poi anche il resto della storia non sia stato manipolato e quindi sia falso?
Nel tempo incerto in cui viviamo, il negazionismo, trae alimento da alcuni elementi ben presenti nelle società occidentali contemporanee: un crescente fermento neonazista e neofascista, mescolato ai facili populismi ed alle retoriche xenofobe legate all’avvio di grandi flussi migratori; una costante ricerca dell’ “uomo forte” al quale delegare ogni responsabilità; un diffuso radicalismo delle estreme propaggini della sinistra europea che tendono a saldarsi con certe “culture” dell’estrema destra soprattutto nelle grandi periferie urbane e su alcuni specifici temi sociali ed, infine, un viscerale e militante antisionismo che imputa le responsabilità dell’instabilità mediorientale – e con essa mondiale – esclusivamente all’esistenza di Israele e quindi del popolo ebraico.
Forte di queste componenti, il negazionismo diventa facilmente una sorta di pericoloso grimaldello con il quale scardinare le capacità della scienza storica di affermare alcune verità. Il dubbio “a prescindere” viene seminato su ogni questione, rendendo in tal modo vana qualsiasi argomentazione scientifica a sostegno della verità: l’onere della prova viene posto in capo non più a chi confuta, bensì a chi ha ricercato, documentato e provato il succedersi degli accadimenti storici. È questa la strada per rilegittimare il nazifascismo, decostruendo prima e ricostruendo poi i fatti secondo una chiave di lettura funzionale a dimostrare tutto attraverso la semplice teoria del complotto universale volto al “governo totale del mondo”.
Va da sé che, in questa prospettiva e secondo i negazionisti, i resoconti sulla Shoah sono stati costruiti dalla propaganda sionista o dalle tecniche di guerra psicologica degli anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale o dall’estorsione delle confessioni rese dai criminali nazisti e fascisti nel dopoguerra, attraverso manipolazioni volute e guidate da scienziati e militari ebrei.
Non si tratta solo delle affermazioni pseudoscientifiche di personaggi come Rassinier, Faurisson, Irving, Butz o Martogno, ma di una idea “malata” della storia, un’idea che identifica comunque e sempre negli ebrei i protagonisti di ogni male ed i cospiratori di qualsiasi complotto. Anche nella Chiesa permangono alcune, peraltro modeste ed emarginate, aree di negazionismo, come la “Fraternità di San Pio X” che sostiene la veridicità dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” o come il movimento che si oppone al riformismo conciliare e alla dichiarazione “Nostra Aetate” o ancora i sostenitori del culto del Simonino da Trento. Un insieme di ansiosi cercatori del “colpevole” ad ogni costo, al quale addossare le responsabilità della storia stessa.
Su tutta questa massa di negazionisti e di antisemiti si è venuto poi innestando, negli ultimi decenni, un poliedrico radicalismo islamico, peraltro ancora minoritario ma non per questo meno pericoloso, confluito ben presto nelle organizzazioni terroristiche o in quei “lupi solitari” che si incaricano di uccidere innocenti, meglio se ebrei, anche sacrificando la propria vita.
Blog, social network, chat, web, deep web e quant’altro attiene la “rete” è poi veicolo straordinario per una circuitazione di teorie e di affermazioni antisemite e razziste che, in passato e senza questi strumenti, non hanno mai avuto diffusioni così ampie, rimanendo invece legate a circoli e realtà specifiche degli opposti estremismi. Questo è anche il miglior terreno di adescamento per le giovani generazioni che, spesso ignare della storia, attingono alle fonti informatiche come fossero autentici testi scientifici, trasmettendo poi l’un l’altro notizie false, infondate e distorte, capaci solo di generare nuovo odio e nuova intolleranza e che non debbono essere provate, perché la “rete” è, per questi giovani, forse la principale fonte di conoscenza e, come tale, non può che essere vera.
Su quei siti ognuno può aggiungere libere interpretazioni della storia e del presente, come purtroppo ci stanno insegnando, in questo drammatico tempo di pandemia, anche i tristi, folli e preoccupanti parallelismi, che i cosiddetti “no vax” sostengono, fra le regole sanitarie generali di prevenzione e vaccinazione e la persecuzione antiebraica durante il nazismo.
In un enorme calderone tutto viene mescolato abilmente da mestatori del torbido che nutrono una miriade di interessi a veicolare messaggi secondo i quali la falsificazione operata dagli ebrei attorno al loro inesistente sterminio è funzionale ad occultare inconfessabili interessi planetari per il dominio della società globalizzata. Ciò comporta, prima o poi, anche la messa in discussione del diritto stesso dello Stato di Israele di esistere e la necessità di combattere, in ogni modo, la “piovra ebraica” che stende i suoi tentacoli su tutto il mondo.
Sotto questa luce, il negazionismo è quindi ben altra cosa dallo stravagante esercizio esibizionistico di pochi personaggi ai confini del ridicolo. Esso invece rivela tutta la sua pericolosità, proprio perché offre nuovo slancio e nuovo alimento all’antico pregiudizio antisemita che accompagna, da sempre purtroppo, la plurisecolare vicenda dell’occidente e dell’Europa. L’auspicio è quello di trovare nuove energie, capaci di raccogliere e trasmettere la memoria quando anche l’ultimo dei Testimoni non ci sarà più; nuove energie in grado di farsi carico di una battaglia che è anzitutto culturale e, proprio per tale caratteristica, non può essere confinata solo dentro appuntamenti come la “Giornata della Memoria”, ma va invece combattuta ogni giorno e con ogni mezzo democratico possibile.
È con quest’impegno morale che qui si conclude questo breve e – per forza di cose –insufficiente viaggio dentro il cancro dell’antisemitismo; un cancro che, se non opportunamente e diffusamente combattuto, rischia, ancora una volta, di erodere la nostra civiltà.
(20 – fine – Le precedenti puntate sono state pubblicate in rete il 22, 27 settembre; 5, 11, 21, 27 ottobre; 6, 12, 21 novembre, 9, 19, 26 dicembre 2021; 1, 14 gennaio, 1, 10, 20 febbraio, 8 marzo, 14 aprile 2022)