Segregato a Shanghai. Un ingegnere di Trento, Mario Dalla Fontana, 44 anni, vive nella più grande città della Cina, a Shanghai, dove 25 milioni di persone sono sequestrate in casa da oltre un mese.
Un lockdown rigidissimo che non consente neppure di uscire per fare la spesa. L’ing. Mario Dalla Fontana è arrivato nel Paese del Sol Levante il 22 febbraio scorso, da Israele, dove ha sede l’azienda per la quale lavora. Eseguito il tampone alla partenza, naturalmente vaccinato contro il Covid-19, quando è arrivato all’aeroporto di Shanghai è stato caricato su un pullman e isolato in un albergo per la quarantena. Malauguratamente, qualche giorno dopo il suo arrivo è risultato positivo all’infezione. Dall’albergo, l’ing. Dalla Fontana è stato trasferito in tutta fretta in un ospedale della megalopoli dove è stato ricoverato, sia pure senza alcun sintomo della malattia, per oltre un mese. Trascorsi trenta giorni e risultato, finalmente, negativo al tampone, è riuscito a raggiungere l’abitazione di sua moglie, la signora Judy, che ha sposato in Inghilterra tre anni fa. La quale, per lavoro, si era trasferita a Shanghai già da qualche mese. Qui ha trovato pure i suoceri, arrivati in città per salutare la figlia e rimasti bloccati dal draconiano lockdown.
Il guaio è che, a Shanghai, la situazione peggiora di giorno in giorno. In una corrispondenza di Rainews da Pechino, il 30 aprile si scriveva: “Barricate per le strade, cancelli che bloccano l’uscita dai comprensori residenziali, negozi chiusi, lunghe file per i tamponi. Shanghai – da un mese in stretto isolamento – è ancora nella morsa del Covid. Secondo il bilancio delle autorità sanitarie sabato sono morte 38 persone. Il totale delle vittime dell’epidemia in Cina è di 5.060 morti dall’inizio della pandemia. Il Paese, che applica una rigida politica di “tolleranza zero” contro il Covid, sta attraversando un’ondata di focolai attribuiti alla variante omicron. Oggi la Commissione ha segnalato 920 nuovi casi positivi al coronavirus rilevati il giorno prima, 916 dei quali a causa di contagio locale e il resto importati”.
Le aree con il maggior numero di casi di trasmissione comunitaria sono state Shanghai (788) e Pechino (53). Il numero totale di contagiati attivi nella Cina continentale ammonta a 24.002, dei quali 447 in gravi condizioni.
38 morti a causa del Covid-19 nella più popolosa città della Cina, per la statistica sono un’inezia. Tuttavia, il governo cinese vuole perseguire lo “zero covid”. E per ottenerlo, dal 27 marzo 2022 ha costretto in quarantena rigidissima 25 milioni di persone. Non solo: dopo ogni contagio segnalato in un gruppo di palazzi, tutti gli abitanti della zona sono sottoposti al test quotidiano del tampone.
Ha scritto (19 aprile 2022) Pierre Haski di “France inter” che la città-vetrina “della riuscita economica del Paese è paralizzata e sull’orlo di una crisi di nervi”. Il malcontento degli abitanti è in crescita esponenziale.
“L’isolamento è radicale e le persone non hanno nemmeno la possibilità di uscire per mangiare. I problemi organizzativi sono numerosi, mentre la mancanza di cibo è stata accolta con rabbia. La separazione dei bambini dai loro genitori in caso di contagio e il trasferimento coatto delle persone infette in grandi sale con migliaia di letti risultano ormai insopportabili per la classe media di Shanghai. I video degli abusi circolano sui social network fino a quando la censura non li cancella, mentre le urla di protesta degli abitanti affacciati alle finestre la sera provocano come unica risposta il volo di droni che li invitano a “controllare il loro desiderio di libertà” e smettere di urlare”. Zhao Dandan, vicedirettore della commissione sanitaria della città, ha dichiarato: “Al momento, la prevenzione e il controllo dell’epidemia a Shanghai sono ancora in una fase critica e la situazione è tuttora grave e complicata. È ancora necessario rafforzare la gestione sociale”.
L’ing. Mario Dalla Fontana teme che la chiusura totale possa proseguire fino a giugno. “Al momento la preoccupazione maggiore è data dalle recinzioni che le autorità hanno messo davanti ai condomini. Credo sia una misura di contenimento per evitare che le persone vadano in giro liberamente”.
Il professionista trentino abita in un compound di 67 condomini da 16 piani ciascuno, per una popolazione complessiva di 7 mila unità. Non ci sono negozi aperti, tutto deve essere ordinato on line. Le consegne sono effettuate da un gruppo di operatori, tutti bardati e protetti dall’infezione, i quali lasciano le derrate alimentari fuori dai cancelli del condominio.
“Ogni due giorni ci viene fatto il tampone. Se in un condominio viene trovato un caso di positività tutte le persone sono costrette a restare chiuse dentro il proprio appartamento. Non si può nemmeno scendere a prelevare i beni di prima necessità lasciati oltre il cancello”.
L’unica boccata d’aria consentita sono due-passi-due sul balcone di casa. “Non mi lamento – dice l’ing. Mario Dalla Fontana – almeno io e mia moglie possiamo praticare lo smart working. Altri, insomma, stanno peggio di noi”.
Laureato nel 2003 col massimo dei voti in ingegneria dei materiali, a Trento; dottorato di ricerca a Padova nel 2006, prima di approdare in Cina il professionista trentino ha girato mezza Europa. Specialista nel settore dell’automotive, ha lavorato alla Fiat a Torino, in Francia alla Peugeot-Citroen, alcuni anni in Inghilterra; altri anni in Germania; di nuovo l’Inghilterra e per finire Israele e la Cina. Se oggi molti veicoli sono provvisti di sensori che “costringono” il conducente a rallentare in caso di transito di pedoni o ciclisti, il risultato si deve anche a lui e al suo team. “Oggi stiamo lavorando per arrivare a una guida autonoma del veicolo”.j
In qualche misura le auto-robot sono il paradigma di una situazione complicata come quella causata dalla pandemia, partita proprio dalla Cina. Non più l’uomo al servizio della macchina, ma l’intelligenza artificiale al servizio dell’uomo. Soprattutto adesso che è costretto a restare blindato in casa.
A proposito di casa-madre, si considera un “cervello in fuga”?“Assolutamente no, certo che ho avuto maggiori e più allettanti opportunità di lavoro all’estero che non in Italia. E poi, come si diceva una volta, la Cina è vicina”.