A quasi centodue anni di età, Mario Antolini Musòn, già insegnante e giornalista, corrispondente dalle valli Giudicarie di giornali e riviste, sopravvissuto alla bomba atomica su Nagasaki riflette sulla carente conoscenza della storia dei popoli. Che è poi quanto sottende il contributo di Renzo Fracalossi, pubblicato accanto.
Nelle mie ore serali e notturne trascorro spesso qualche ora, per pura curiosità giornalistica, a giocherellare tra i programmi televisivi praticando lo zapping, soffermandomi spesso sui programmi/dibattiti informativi. Rimango quanto mai perplesso ed avvilito dinanzi alle palesi contraddizioni dei vari oratori dalle quali traspare pure una certa qual ignoranza (non-conoscenza) di quanto si dovrebbe e si potrebbe conoscere per dare senso e significato al proprio dire. Rimango pure anche meravigliato di fronte alla “indelicatezza” che vari protagonisti dimostrano nei confronti degli ascoltatori con posizioni di pensiero così aleatorie e del tutto personali ed arroganti come fossero in possesso della sacrosanta verità. Alla fine di ogni trasmissione si resta così imbambolati che non si sa che cosa pensare senza riuscire a dare ragione a quanto si è sentito solo blaterare e magari litigando e pure offendendosi.
Per rimanere al ristretto argomento dell’attuale stato di guerra in Ucraina, quasi tutti i commentatori televisivi (certamente ben pagati) fanno persistentemente riferimento a quello che si sarebbe dovuto e potuto fare in passato per evitare di giungere a quanto sta avvenendo oggi e che da parte di nessuno sembra sia stato fatto. Una evidente indiretta denuncia di “assenza” e di “non impegno” che diventa un RIMPIANTO espresso con RAMMARICO e che, ovviamente, si trasforma in un pubblico RIMORSO perché si sarebbe dovuto e potuto provvedere e prevedere e, invece, non lo si è fatto; e ciò dovrebbe e potrebbe essere una grave colpa di eventuali e possibili responsabili.
Dalla fine della seconda guerra mondiale in Occidente sono trascorsi otto decenni di pace senza che ci si sia presi la briga e la cura di studiare a fondo la geografia politica e la storia dei popoli, proprio in un periodo in cui la possibilità di informazione e di conoscenza si allargava sempre di più dando modo a qualsiasi indagine di approfondire il proprio campo di interesse. Al contrario si sono acuite le differenze suscitando incomprensioni, contrasti e perfino l’odio tra popoli diversi. Mi sono trovato in Giappone rendendomi conto che gli Orientali con conoscevano gli Occidentali e che questi non conoscevano l’Oriente. Dopo la seconda guerra mondiale, in Europa, si rese palese l’avversità tra i partiti politici sobillando l’avversità verso la Russia perché comunista, facendo odiare la Germania e l’Italia perché nazista l’una e fascista l’altra, si instillò l’ostilità delle sinistre contro gli Usa, si coltivarono le divergenze politiche tra le nazioni a seconda dei partiti politici che si impossessavano alternativamente del potere. Fu una vera guerra, magari sotterranea e non pubblicamente percepita se non da pochissimi, ma che metteva radici senza farsi sentire. Nel contempo la scuola non si rendeva conto che era giunto il tempo di conoscere a fondo e più dettagliatamente il nascere, il realizzarsi e lo spandersi dei vari “popoli” spesso migranti, rendendosi specialmente conto che con i trattati di pace del passato si erano compiuti madornali errori di valutazione con il tracciare confini sulla carta, che non potevano essere che nuovi motivi di contrasto e di opposizione. A me, in particolare, ha sempre fatto impressione (in Italia) la quasi assoluta non conoscenza dei popoli “Slavi”: popolazioni distribuite su quella vastissima area dell’Europa orientale che parte dalla penisola balcanica e giunge alla Mongolia attraversando l’estesa area russa della quale non si sono mai studiati dettagliatamente quali fossero i reali confini etnici fra le varie popolazioni che si distendono al di qua e al di là della nota catena dei monti Urali.
So di non essere che un povero uomo e certamente un non-esperto in niente di concreto, ma dalla mia centenaria esperienza traggo la convinzione che, secondo me, i popoli dell’Europa occidentale si sono sentiti troppo sicuri di sé e delle méte raggiunte, insulsamente credendo che con l’aver raggiunto il benessere si sia potuta raggiungere anche la sicurezza. Si ci sé soltanto adagiati sugli “allori della pace” senza preoccuparsi di rinsaldare le fondamenta del “saper” vivere e non soltanto del dover e poter vivere. In particolare si è trascurato di rinsaldare le “fondamenta” su cui si stava innalzando l’edificio della “unione tra i popoli”. Ci si è persi lungo i sentieri delle opposte tendenze dei partiti politici, anziché impegnarsi a rinsaldare l’unità nazionale da una parte e l’unità tra nazioni dall’altra. Da veri monelli e bulli di strada si è continuato alle bèghe ed alle scazzottate di giornata non pensando, invece, che ci si doveva impegnare a rinsaldare la potenzialità dello “stare insieme” affinché ogni rione riuscisse e risultare vivibile ed esemplare. È prevalsa la difesa delle diversità, il contrasto, la litigiosità, il coltivare il proprio orticello, a rafforzare la propria ristretta forza politica ad ogni livello, persino nelle sedi internazionali e tutto questo non poteva che sfociare persino nella guerra armata, dato che già era costantemente in atto una evidente guerra di contrasto, ossia il basare il proprio vivere non nello sforzarsi ad “andare d’accordo” ma quasi nel piacere di “essere in contrasto con qualcuno”.Sembra qualcosa di impensabile e da fuori luogo, ed invece è la realtà dì una società ancora in cerca del meglio”, del proprio punto di equilibrio, in letteratura passato nella storia come lo “ubi consistam”, ossia il punto d’appoggio per sollevare addirittura il mondo. Mi auguro che specie nella scuola si accentui lo studio dei popoli; oggi si esce da scuola senza conoscere neppure il vicino di casa, il proprio popolo, nessun altro popolo. Soltanto vaghi stereotipi immaginari senza nessun sostanziale riferimento. Per poter andare d’accordo bisogno “conoscersi”, ma nel mondo siamo dei branchi allo stato brado senza conoscerci a fondo e succede quel che succede. Che gran peccato. E nel frattempo… siamo obbligati a sorbirci i battibecchi alla tv che non portano ad alcuna positiva conclusione poiché non si sentono che chiacchiere vuote di contenuto e di significato. Fanno soltanto pena… e mi rincresce specie per gli ascoltatori incolpevolmente sprovveduti.