Musicologo e giornalista, etnografo e missionario, figlio della terra di Palù di Giovo che ha germogliato ciclisti e religiosi i quali hanno portato il nome dei Moser nei cinque continenti. Con le due ruote e con il “cavallo di San Francesco”. È morto nel tardo pomeriggio di lunedì 22 novembre a N’Djamena in Ciad il missionario comboniano Luigi Moser, 79 anni, da Palù di Giovo. Era partito per la nazione centroafricana due mesi fa. Domenica sera aveva subito un attacco cardiaco, seguito nella notte da un nuovo infarto. Lunedì mattina doveva recarsi in ospedale a fare il tampone Covid perché martedì 23 novembre sarebbe dovuto tornare in Italia per cure. Lo hanno trovato riverso a terra con una frattura alla colonna vertebrale. Portato in una clinica di N’Djamena è stato operato ma Luigi Moser è morto poco dopo per “problemi cardiaci insorti dopo intervento neurochirurgico post-traumatico” come hanno annunciato i suoi confratelli. È il secondo religioso comboniano di nome Luigi Moser che muore improvvisamente in Africa. Quest’ultimo, conosciuto come “senior”, operava quale vicario generale in una diocesi in Uganda. È morto d’infarto quindici anni fa.
P. Luigi Moser jr. sarà sepolto giovedì 25 novembre a Béthel (Bakara), nella missione dei Comboniani in Ciad.
Nell’edizione del mese di novembre 2021 di “Missionari Comboniani – azione missionaria”, è pubblicata un’intervista proprio a Luigi Moser. Titolo: “Nuova avventura missionaria – Il 23 settembre il comboniano trentino è ripartito per il Ciad”. Scrive il mensile dei religiosi di Muralta:
“Padre Luigi Moser, classe 1942, missionario comboniano di Palù di Giovo (TN) ha lavorato in Repubblica del Congo per 40 anni (1971-2011). I primi tre anni li aveva vissuti in una capanna a Dungu (lsiro) tra gli Azande nel centro del continente africano, con tanti e tanti imprevisti, in quell’Africa “primitiva” e tradizionale che rispondeva pienamente all’immaginario collettivo del continente africano. Era a fianco dei più poveri: con loro, per loro e come loro. Dopo questa prima esperienza, nel 1974, i superiori lo avevano inviato a Parigi dove — musicista e suonatore qual è — nel dipartimento di Etnomusicologia della Sorbona, aveva scritto una tesi di 350 pagine sulla musica africana e i messaggi trasmessi col tamburo tra la popolazione Azande dell’Africa centrale. Poi, per 7 anni, aveva lavorato tra i Mangbetu, la gente con la testa allungata (pratica interdetta verso il 1960). Per 10 anni è stato parroco di San Mbaga (uno dei martiri d’Uganda), una grossa parrocchia di oltre 160 mila abitanti nella periferia di Kinshasa, la capitale, che aveva suddiviso in quattro grosse porzioni e da cui sono nate ben 7 parrocchie. Quella è stata forse la sua esperienza missionaria più intensa.
Lo vediamo quindi responsabile degli audiovisivi dei comboniani, la FATMO (finestra aperta sul terzo mondo), nell’équipe di “Nigrizia” a Verona, sempre per l‘animazione missionaria tramite le 256 radio cattoliche italiane e le TV. Di ritorno in Congo, per 10 anni è stato responsabile e direttore dei media della diocesi di Kinshasa: commissione diocesana dei media, direttore della radio, coordinatore della futura TV, fondatore e direttore della scuola di musica liturgica, e… tanto apostolato. Nel 2010, una mafia locale, per questione di soldi, gli aveva reso la vita impossibile. Aveva quindi lasciato il Congo e nel 2012, dopo un anno di animazione missionaria nella sua terra, il Trentino, era ripartito, questa volta per una nuova avventura missionaria in Ciad, il paese più caldo dell’Africa (da febbraio a luglio si toccano anche i 50 gradi!) Ora, dopo un anno in Italia per la “revisione della carrozzeria”, come dice lui, rimesso quasi a nuovo, riparte. Avrà l‘incarico pastorale di una grossa fetta della periferia sud di N’Djamena. la capitale. Ogni sabato celebrerà (la messa) nella prigione della capitale (tremila detenuti, di cui il 10% cattolici), ma produrrà anche video pedagogici per i piccoli agricoltori. La sanità locale e l’animazione missionaria della Chiesa che è in Ciad.
In 50 anni di missione — un’esperienza ricchissima — ha messo su, o rinnovato completamente, ben 3 radio e una TV: la radio Boboto (Pace) a lsiro, proprio li dov’era stato ucciso dal Simba il 24 novembre 1964 il comboniano trentino padre Remo Armani da Agrone di Pieve di Bono; la radio e la nuova TV. Elikya (Speranza) a Kinshasa; e nel 2012 in Ciad ove, col supporto della Provincia di Trento, ha ristrutturato completamente la radio “Arc en ciel” (Arcobaleno) e il centro mass media della diocesi di N’Djamena.
Gli è stato chiesto: umanamente parlando, la tua è stata una missione super: dalla capanna ai satelliti e alle tecnologie moderne… quasi una marcia trionfale.
“No. no. anzi. Entusiasmante si, ma sofferenze e imprevisti erano sempre all‘angolo, con il rischio, a volte, di lasciarci la pelle. Come a fine settembre 1992 a Kinshasa, dopo il grande saccheggio della città, verso le 2 di notte. Due uomini, vestiti da militari, son venuti con il kalashnikov per rubarmi la macchina, una piccola Suzuki. Uno, per un quarto d’ora, mi ha tenuto la canna del fucile sul ventre, mentre il mio confratello voleva addirittura aggredirlo dal di dietro: una pazzia”.
Da dove le viene tanta forza e questa gioia di ripartire?
“Dalla missione. Ho dato tanto, ma ho anche ricevuto moltissimo”.
Ma dopo 50 anni d’Africa, perché non si ferma qui da noi?
“Gesù direbbe: “Avete la legge e i profeti”. Certo, in Italia si vive dieci volte meglio che in Ciad. Ma mi sento ancora utile e poi gli africani hanno anche loro diritto a partecipare alla nostra ricchezza spirituale e materiale”.
(da “Missionari Comboniani – Azione missionaria”, novembre 2021)
1 commento
Che dispiacere! Chiudo gli occhi e ripenso: Padre Luigi Moser lo abbiamo conosciuto negli anni 90 nella parrocchia Santa Maria Assunta di Bibione (VE) dove veniva quasi tutti gli anni nei mesi estivi e parlava delle missioni in Africa, della sua gente, delle opere. Ci intrattenevamo a parlare dopo le celebrazioni, un pozzo di sapienza e di umiltà, di storie da raccontare, una persona speciale, gioiosa, da ammirare, un missionario comboniano che dava testimonianza, era un piacere ascoltarlo, tanto da incuriosirci e diventare amico e su stato whatsup per seguire le sue tracce, le sue celebrazioni all’esterno nelle zone di missione alla presenza di migliaia di fedeli festanti sotto i tendoni! Stava seguendo un centinaio di donne che volevano avviare varie attività per rendersi indipendenti attraverso il lavoro manuale. Doveva tornare in Italia a breve … e invece è tornato alla Casa del Padre! Riposa in pace p. Luigi, ricevi moltiplicato per 100 tutto ciò che hai seminato!