L’alluvione che nel livido mese di novembre di settant’anni fa travolse numerosi villaggi sulle sponde del Po, la tragica alluvione del Polesine che fece oltre cento morti e 180 mila sfollati, ebbe una coda meno tragica ma nondimeno devastante nel Trentino. Lo rammenta il giornalista Mauro Lando nel suo “Dizionario Trentino”, il primo dei due volumi “dei fatti, dei personaggi, delle storie” del Trentino dal 1945 al 1975. Ecco la sintesi:
“La prima alluvione che nel dopoguerra si abbattè sul Trentino fu quella del novembre 1951 quando la pioggia flagellò tutta l’alta Italia e la conseguenza più terribile e tragica fu lo straripamento del Po nel Polesine in provincia di Rovigo. Anche in Trentino in quei giorni si corsero seri rischi tanto è vero che l’Adige del
13 novembre titolò: “Trento per molte ore isolata dalla violenza dell’Adige”. Il rio Saluga, che scende dalla collina della Cervara, straripò e allagò tutta l’area di piazza Venezia e strade adiacenti. Sotto acqua a causa del Salè fu anche la zona della Bolghera, molte case vennero sgomberate, ma il pericolo maggiore fu a Mattarello dove il rio Valsorda distrusse ponti e case. L’Adige, da parte sua, minacciò di straripare nell’area tra Trento e Rovereto. Terribili anche i danni provocati dal torrente Fersina a Canezza, frazione di Pergine. In quella notte vennero interrotte le ferrovie della Valsugana e Ora-Predazzo, il fiume Brenta schiantò i piloni di un ponte a Martincelli in Valsugana, infine si allagò Mezzolombardo ed un tratto di Piana rotaliana. Frane e smottamenti infine in valle di Non e di Sole”.
Sul Polesione, quella plaga della pianura padana fra le province di Venezia e Rovigo, tra il corso conclusivo dell’Adige e il delta del Po, “in cinque giorni, dall’8 al 12 novembre 1951, sull’intero bacino del Po precipitarono circa 17 miliardi di metri cubi d’acqua, pari alla quantità che solitamente cade in sei mesi”, (M. Tchaprassian e P. Sorcinelli, L’alluvione: il Polesine e l’Italia nel 1951, Metauro, 2014). Precipitazioni abbondanti si erano già avute anche nei mesi di agosto e di ottobre. Il Po ruppe gli argini in prossimità di Occhiobello, riversando nella pianura 8 miliardi di metri cubi d’acqua, pari alla metà del lago di Como. Delle 101 vittime, circa 80 morirono su un camion con il quale cercavano scampo e che si impantanò e fu travolto dalle acque. Gli sfollati furono 180 mila; 80 mila di questi non tornarono più dove avevano vissuto fino a quella tragica notte di metà novembre del 1951. Molti si dispersero in Veneto, altri si diressero in Piemonte, altri ancora furono accolti in Trentino-Alto Adige. Il bilancio, oltre a quello pesantissimo delle vittime, può essere sintetizzato nella distruzione di 60 chilometri di argini, di quasi mille chilometri di strade, di 52 ponti crollati, più di quattromila abitazioni a masserie devastate. Si calcolarono danni complessivi per 400 miliardi di lire, al soldo di oggi circa 8 miliardi di euro.