Il “curatorium”, il consiglio di amministrazione del Museo diocesano Tridentino, ha nominato nuovo direttore del museo il prof. Michele Andreaus, professore ordinario di Economia Aziendale dell’università di Trento. La nomina segue le dimissioni dell’arch. Domenica Primerano da direttrice del Museo diocesano di Trento. Dimissioni che hanno innescato una spirale di puntualizzazioni, polemiche, lettere e interpretazioni degne di una spy story. Ai due giornali rimasti su piazza (L’Adige e il Corriere del Trentino) si sono aggiunti alcuni organi di stampa nazionali, compreso “il Fatto quotidiano”. Nell’edizione del 18 ottobre lo storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari (1971), ha scritto di “un’incredibile alleanza di fatto tra destra catto-fascista, alcune personalità della comunità ebraica trentina [non esiste una comunità ebraica a Trento. N. d. r.] preoccupate di una riaccensione del culto [al Simonino, levato dagli altari nel 1965] e storici, convinti che la storia non si possa spiegare al popolo, ha indotto l’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, ad archiviare il progetto [di riaprire la cappella del Simonino, nella chiesa di San Pietro, per farne una sorta di museo], togliendo di fatto la sua fiducia alla direttrice Primerano”.
Nel merito interviene il prof. Vincenzo Calì (1945), già docente di storia contemporanea all’università di Trento e direttore, per vent’anni, del Museo storico in Trento.
La vicenda che ha portato alle dimissioni di Domenica Primerano da direttrice del Museo diocesano di Trento, rimbalzata su organi di stampa di ampia diffusione, chiama tutti ad una seria riflessione sullo stato dell’arte museale. La crisi dell’intero sistema culturale trentino a cui stiamo assistendo richiede tempestivi interventi:
l’applicazione del principio del coordinamento fra gli enti culturali, il potenziamento dei comitati scientifici, un più diretto rapporto con l’Università, una chiara distinzione fra ruoli di indirizzo e responsabilità gestionali. Tanto si era tentato di fare negli anni di sperimentazione delle rilevanti competenze derivanti dal secondo statuto d’autonomia, anni richiamati da Giovanni Kezic sulle pagine del giornale “L’Adige”.
Della crisi è emblematica la vicenda del riutilizzo della mostra “L’invenzione del colpevole”: proposta dal Museo Diocesano secondo un’impostazione ineccepibile, riformulata in un contesto che potrebbe riaprire antiche fratture, finirebbe per ottenere l’effetto opposto a quello a cui si era ispirata la direttrice del Museo. La storia trentina nei suoi spesso tragici risvolti richiede un approccio attento quale, nel caso specifico, privilegiarono Dante Clauser ed Iginio Rogger. Abbassando i toni del dibattito (Paolo Ghezzi ha richiamato puntualmente su “Salto”- BZ i termini della questione) e facendo un passo indietro, con la direttrice reintegrata al suo posto, Andreaus amministratore delegato ed una corretta musealizzazione delle vicende che portarono alla persecuzione del popolo ebraico si potrebbero creare le condizioni per una ripresa del sistema museale trentino. Come firmatario della lettera riservata al vescovo Tisi, vorrei rassicurare il prof.
Montanari: non è mancata né mancherà in futuro la massima attenzione ad un approccio democratico alla questione.
Vincenzo Calì