Il 10 ottobre è la Giornata europea della cultura ebraica. A Roma, dove, nonostante la shoah, vive la più numerosa comunità ebraica italiana, sono previsti per domenica 10 ottobre numerosi appuntamenti sotto il titolo generale di “Dialoghi”. Gli ebrei italiani sono circa 35 mila, la metà dei quali vive per l’appunto a Roma (13.500-14.000); circa 7 mila vivono a Milano, gli altri sono sparsi in Comunità medie o piccole lungo la penisola. Di particolare interesse la comunità ebraica di Venezia. Una minoranza, un mondo che la stragrande maggioranza degli italiani non conosce e sul quale punta il faro della sua penna e della sua intelligenza Renzo Fracalossi.
Ebraismo e Cristianesimo. Come abbiamo ricordato nel nostro precedente appuntamento, nel mondo romano appare, ad un certo punto, una nuova dottrina religiosa che si richiama anch’essa, come l’ebraismo, al Dio di Abramo: è il cristianesimo. Si tratta di un monoteismo a carattere universalistico, originatosi dentro il giudaismo dal quale ricava gran parte della sua costruzione filosofico-spirituale, indicando però in Gesù Cristo, il Figlio di Dio e quel Messia tanto atteso dal popolo ebraico.
D’altronde, Gesù è un ebreo che, come tale, agisce, pensa e non smentisce mai la propria identità terrena e così anche la prima comunità cristiana, quella cioè degli Apostoli, è composta da ebrei di stretta osservanza e che vogliono restare tali. Nessuno pensa di abbandonare la religione dei Padri, né di violare precetti e comandamenti, così come nessuno fa proselitismo fuori dalla religione ebraica. La pianta del cristianesimo è insomma tutta innervata di ebraismo che, solo nella contaminazione con l’ellenismo per mano anzitutto di San Paolo, assume profili identitari diversi ed oltrepassa i molti precetti dell’ebraismo, come la circoncisione, trasformando rapidamente i cristiani in pericolosi eretici, anche perché la loro proposta di fede appare subito più semplice ed egualitaria – e per alcuni versi perfino più “comoda” – delle rigidità dei precetti, ovvero le Mitzvoth ebraiche.
I cristiani volgono quasi subito lo sguardo oltre la sola dimensione ebraica, spingendosi sul terreno del proselitismo fra i “gentili”, mentre gli ebrei tendono a chiudersi sempre più nella gelosa conservazione delle loro tradizioni, non aprendosi alle contaminazioni del mondo nella certezza che ciò conservi l’identità dei “figli di Israele” e di “popolo eletto”, concetto questo che invece i cristiani tendono a fare proprio, sostenendo l’idea che Dio abbia revocato tale privilegio agli ebrei, per riversarlo a beneficio dei seguaci di Gesù di Nazareth, come dimostrano sia la guerra di Giudea come la distruzione del Tempio di Gerusalemme, segni inequivocabili, secondo i cristiani, dell’abbandono del popolo ebraico da parte di Dio.
Anche la natura divina di Gesù, quale unico Figlio di Dio sceso sulla terra per salvare l’uomo da sé stesso, contribuisce a scavare un solco fra ebrei e cristiani, i quali affermano che la morte in croce sia in realtà un atto di deicidio, cioè il peggiore e più abominevole dei peccati e dei delitti che ricade non solo sui coevi a Gesù, bensì su tutte le future generazioni di ebrei che diventano così un popolo criminalmente colpevole nella sua totalità.
A fronte di queste accuse, anche i minimi tentativi di dialogo si dissolvono come neve al sole e mentre i cristiani cavalcano l’abominio dell’uccisione stessa di Dio, gli ebrei si chiudono in difesa della loro fede, fino ad assumere via via contorni di segretezza e addirittura di settarismo che, a loro volta, alimentano nuovi pregiudizi e radicano ulteriormente quelle culture della separazione, sfocianti infine in un antisemitismo “teologico”, rintracciabile già nelle predicazioni di Origene e di Giovanni Crisostomo e che dura fin quasi ai giorni nostri.
Ma in cosa si differenziano, almeno per grandi linee, i due sistemi?
Posto che ebraismo e cristianesimo – ed anche islam – credono nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, Creatore dell’universo e rigettano ogni forma di politeismo, il cristianesimo postula che Dio esiste come Trinità, ovvero tre diverse entità che condividono la medesima essenza e cioè un Dio Padre, un Dio Figlio e un Dio Spirito Santo, mentre l’ebraismo vede Dio come singola entità (“Dio è Uno”) e quindi non può avere Figli in forma fisica e non è divisibile in più entità. È ovvio quindi che la figura di Gesù Cristo diventa centrale nell’evidenziare le differenze fra cristiani ed ebrei. Per i primi si tratta del Messia venuto ad annunciare il Regno dei Cieli e morto in croce per mondare l’umanità dai suoi peccati. In tale contesto inoltre i cristiani ammettono la venerazione anche della Madre di Dio, la Vergine Maria e dei Santi, figure del tutto sconosciute invece agli ebrei, per i quali Gesù è solo un semplice profeta e l’attesa del Messia rimane intatta ed arriverà fino alla fine dei tempi.
In secondo luogo gli ebrei attingono la conoscenza di Dio e quindi il rapporto con le deità attraverso lo studio e la meditazione della Bibbia, che loro chiamano Torah e che si compone dei primi cinque Libri della Bibbia dei cristiani e cioè “Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio”. Per i cristiani invece la Bibbia è la somma di Antico Testamento e Nuovo Testamento, costituito dai Vangeli e il rapporto con Dio si realizza attraverso la preghiera, la predicazione ed il proselitismo.
E ancora. Per l’ebraismo lo scopo della Torah è quello di insegnare ad agire correttamente e giustamente e le persone sono chiamate a perseguire la santità nella vita, seguendo le leggi di Dio, anziché ritirarsi dalla vita per essere santi. Anche il cristianesimo insiste sulle opere buone, ma da sole esse non bastano e non portano alla salvezza e così il concetto ebraico di amore è più legato alla giustizia, mentre quello cristiano alla carità. In buona sostanza, mentre il cristianesimo appare come una dimensione di fede comunque più individuale, l’ebraismo investe sulla dimensione collettiva e vede la strada della salvezza nel perpetrare le tradizioni, venerando un solo Dio. Infine il rapporto con Dio è più dialogico negli ebrei, che addirittura discutono con Dio e più fideistico nei cristiani che accettano il volere di Dio come traduzione religiosa del fato.
Certo ci sono anche, com’è ovvio, molti punti in comune, essendo il cristianesimo una derivazione dell’ebraismo in quanto tale e così entrambi credono, ad esempio, negli Angeli, battezzano i loro figli, festeggiano la Pasqua anche se attribuendo alla festività significati diversi, fanno carità, sono misericordiosi e rifiutano la violenza fisica e spirituale.
È su queste ed altre differenze che per secoli si è scavato un solco, che solo oggi si prova faticosamente a colmare nel dialogo interreligioso; un solco costituito soprattutto da diffidenze, preconcetti, supposizioni infondate, pregiudizi, rancore ed infine odio che ha permeato di sé buona parte della storia degli ebrei in occidente, culminata infine nella Shoah.
(3. – continua)
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