Una lettera, pubblicata domenica 19 settembre sul giornale “L’Adige”, rovescia lo stereotipo di chi vede nei social media più rischi che vantaggi. Tra questi ultimi: l’informazione in tempo reale e il mantenimento dei rapporti tra le persone anche se distanti fisicamente. I rischi, paventanti soprattutto dagli anziani nei confronti delle generazioni giovani: la perdita di contatto col mondo reale e l’incognita di una dipendenza. Ma il “virtuale” può essere opportunità di vita, soprattutto per coloro, gli anziani per esempio, impossibilitati a rapporti interpersonali oltre le mura domestiche. Se ne fa portavoce il “grande vecchio” dell’informazione regionale, Mario Antolini “Musòn”, il quale, dall’alto dei suoi 101 anni compiuti chiede a gran voce che agli anziani delle case di riposo sia “insegnato” l’uso del computer. Ecco quanto ha scritto Mario Antolini ad Alberto Faustini, direttore dell’Adige:
Caro Direttore, forse sono fuori luogo ma ho preso il coraggio di scriverti col desiderio di eventualmente informare altre persone, in particolare se anziane, che se lo volessero avrebbero la possibilità di vivacizzare la loro vecchiaia anche se gli anni si accumulano, grazie agli strumenti telematici. Lo si può fare, infatti, ringraziando la Provvidenza di averci donato proprio in questi ultimi decenni gli strumenti telematici che sono usufruibili con la massima facilità senza bisogno di approfonditi studi: basta voler usare le dita per battere dei tasti leggerissimi che non si lamentano e non si ribellano mai. Pensa che io, a 101 anni compiuti, sono settimanalmente collegato, tramite anche lunghissime email, con mio cugino coetaneo, nato come me nel 1920. Siamo figli di due sorelle e vicini di casa e abbiamo vissuto la fanciullezza come due gemelli condividendo insieme gli anni dell’Asilo e delle Elementari nonché cominciando a sciare insieme sulle oggi diventate famose Coste di Bolbeno che raggiungevamo a piedi da Tione, sci ai piedi (allora tutta campagna fin sulla porta di casa). Poi, a dieci anni, siamo rimasti separati per sempre: io a imparare il tipografo a Milano, lui a Fano (Marche) a fare le Superiori. Poi io per le mie avventurose strade un po’ ovunque e anche lui in giro per l’Europa a fare la carriera militare con gli Alpini iniziando coi cinque anni di guerra sui vari fronti e poi con la vita di caserma fino alla pensione. Per nove decenni non ci siamo più visti né sentiti, senza più incontrarci né scriverci; ma soltanto qualche anno fa, dopo i 90 anni, ci siamo incontrati quasi per caso, ma io abitavo a Tione mentre lui aveva scelto di abitare a Trento. Fortunatamente io ero già padrone del computer e lui, per caso, il computer l’aveva in casa ma non era abituato alla corrispondenza telematica. Grazie a suo figlio, in pochissimo tempo anche lui si impossessò della tastiera e così varie volte alla settimana ci scambiamo delle email cariche di ricordi, di informazioni e di emozioni e ci sentiamo più vivi che mai. Tu, inoltre, sai che a 101 anni io mi sento vivo e trascorro le mie giornate “da vivo” soltanto grazie al computer, che riempie tutte le mie giornate che devo passare da solo perché non ho bisogno di assistenza; ma se non potessi godere del computer sarebbero già dieci anni o che sarei morto o che mi sarei lasciato morire, poiché specie noi vecchi ci sentiamo vivi se ci sentiamo occupati. Per cui mi permetto chiedermi se non fosse bene ed opportuno che anche nelle Case di Riposo si invogliassero gli Ospiti ad usufruire dei “social network” per sentirsi vivaci ed ancora in contatto col mondo. Sapessi quanto sono confortanti (e quanto mai interessantissime) le ore che io posso trascorrere con centinaia di amiche e di amici che giornalmente ci incontriamo (ed è un “incontrarsi vissuto”) nei siti di Facebook e di Messenger.