Concludiamo con questo testo la sintesi storica di Renzo Fracalossi sui giorni dell’Alpenvorland nei territori di Bolzano, Belluno e Trento. A metà settembre del 1943, con l’Alta Italia ormai occupata dai Tedeschi e dalle SS, il Gauleiter del Tirolo, Franz Hofer, convocò i maggiorenti della città di Trento per farsi indicare e proporre loro come commissario prefettizio l’avv. Adolfo de Bertolini (senior).
Mentre avviene tutto questo a Bolzano, a Trento la situazione è decisamente diversa. Già durante la notte fra l’8 ed il 9 settembre 1943, come già ricordato, le truppe tedesche occupano i punti nevralgici del Trentino, stroncando ogni forma di resistenza militare ed assumendo il controllo totale del territorio. Otto giorni dopo fa il suo ingresso in città il prefetto fascista Italo Foschi, convinto di poter restaurare l’autorità fascista sulla forza delle baionette tedesche, ma i nazisti hanno tutt’altri piani. Il territorio provinciale, per volere di Hitler stesso, rientra nell’ O.Z.A.V. e l’amministrazione è affidata al Gauleiter Franz Hofer, deciso a porre fine all’esperienza fascista in Trentino.
Il 17 settembre Hofer riunisce, nei locali della Banca di Trento e Bolzano, larga parte dei personaggi più influenti del Trentino – fra i quali anche il conte Gianantonio Manci ed Egidio Bacchi indicati dal prefetto Foschi come persone invise al fascismo – promettendo autonomia e quasi nessuna pressione militare dei tedeschi, a fronte di una piena collaborazione, di una diffusa tranquillità sociale e di una rigida disciplina. Ma non solo. Egli ha raccolto anche molte indicazioni circa la figura del vecchio avvocato liberale Adolfo de Bertolini, già Commissario amministrativo durante la dominazione austroungarica, brillante avvocato ed amministratore bancario, non compromesso con il fascismo. È a quest’uomo integerrimo e stimato da tutti, già inserito dal prefetto fascista Foschi in un elenco di personalità da arrestare subito, che Hofer vuole affidare il ruolo di Commissario prefettizio, nonostante i tentativi di de Bertolini di sottrarsi ad un compito complesso e difficile.
Noto per la sua competenza professionale e la sua grande onestà intellettuale, de Bertolini è un protagonista del suo tempo. Si è conquistato il rispetto di molti nella difficile liquidazione della “Banca del Trentino Alto Adige” e nella trasformazione di quest’istituto nella “Banca di Trento e Bolzano” ed ha acquisito notevoli conoscenze in campo amministrativo ed economico.
In Trentino, l’Alpenvorland mostra subito tutta la sua complessità, sia sotto il profilo politico, come su quello amministrativo e militare. Concretamente, de Bertolini si trova a gestire poteri limitati in un territorio militarmente occupato ed annesso, nei fatti al Reich anche se non in maniera ufficiale, al punto che alcuni apparati statali e militari italiani rimangono in attività, come nello strano caso del Gruppo Carabinieri al comando del col. Michele de Finis. Il legame fra de Bertolini e de Finis è stretto e prezioso. Il Commissario prefettizio si avvale dei Carabinieri per il contrasto al “mercato nero” e per la repressione di reati di natura annonaria, mentre si chiudono gli occhi di fronte ai giovani che disertano ed a quelli che entrano nelle file della Resistenza.
Se alcuni amministratori pubblici vengono sostituiti per volere del Gauleiter, altri rimangono al loro posto e si tenta perfino di sostituire la lira con un’altra valuta, ma il progetto naufraga immediatamente per ovvie cause tecniche e finanziarie, ancor prima che politiche. Se il merito di de Bertolini è quello di “salvare il salvabile”, in una situazione oggettivamente difficile, il limite è dato dalla stessa natura dell’incarico e dalla reale detenzione del vero potere che è tutto in mano di Franz Hofer, il quale esercita una politica dura ed intransigente verso gli oppositori politici ed i primi nuclei di Resistenza, anche allargando una rete di informatori sul territorio ed istituendo strumenti di controllo diffuso come il Corpo di Sicurezza Trentino (C.S.T.), operativo dal 6 novembre 1943, che svolge compiti di polizia locale, ma anche di repressione e di lotta al movimento partigiano che va sviluppandosi in Trentino ed oltre i confini provinciali. Per i giovani che compiono il diciottesimo anno di età scatta immediatamente l’arruolamento. Costoro possono solo optare fra alcune scelte: il Corpo di Sicurezza Trentino, che consente di rimanere nei luoghi di origine; la Polizia tedesca; le SS, la Wehrmacht o l’Organizzazione Todt, impiegata nel ripristino delle infrastrutture danneggiate dalla guerra, oppure, ma si tratta di una scelta che i tedeschi ostacolano in ogni modo, nelle milizie della Repubblica Sociale Italiana.
In questa situazione il compito di de Bertolini è veramente immane, soprattutto laddove egli è costretto a cercare ogni possibile forma di “convivenza” fra la popolazione affidata alle sue cure e le esigenze dell’occupante tedesco, occupante che si fa via via sempre più prepotente ed invadente e che riesce, in tal modo, ad inimicarsi larghe porzioni della comunità trentina, ivi comprese quelle frange che avevano guardato con favore all’arrivo dei “camerati” tedeschi vagheggiando improbabili ritorni al vecchio ordine austroungarico. Sovrastato dal controllo quasi poliziesco del Consigliere Kurt Heinricher, de Bertolini si muove in una palude che appare ogni giorno più stretta e che gli varrà, a guerra finita, anche un’accusa di collaborazionismo, dovuta più al clima dell’immediato dopoguerra che non ad un effettivo collateralismo con i tedeschi. Qualcuno, sulle orme di Manci, imputa al vecchio avvocato le ultime parole del suo proclama di insediamento – “dal canto mio mi attendo che la popolazione collabori onestamente, in modo che sia raggiunta la vittoria finale delle armi germaniche” – ma è quasi certo che la frase viene inserita proprio da Heinricher e, molto probabilmente, all’insaputa dello stesso de Bertolini. Altra corrispondenza ufficiale venne presa in considerazione, ma ciò nonostante nulla emerge a carico di un uomo che si è comportato, per quanto permesso dalla storia in quei drammatici frangenti, con il massimo rigore intellettuale, la più profonda onestà ed una attenzione costante ed intelligente al bene della comunità intera posta sotto la sua tutela.
In conclusione, de Bertolini riesce a rendere, nei limiti del possibile, quasi sopportabile l’occupazione tedesca, evitando alla popolazione molte angherie inutili e vessazioni particolari e, nell’orrore di quei mesi, non è affatto poco. Nessun altro si è assunto un simile ingrato compito. Le condanne a posteriori, spesso pronunciate da complici più che da integerrimi, sono sempre facili, mentre una seria rilettura degli avvenimenti di quei venti mesi può restituire un’immagine più articolata della figura di de Bertolini, al quale questa terra smemorata comunque deve non poco.
4.- fine
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