Nella pagina della cultura, il “Corriere del Trentino” ha pubblicato venerdì 10 settembre un elzeviro di Renzo Fracalossi, promotore e regista dell’incontro “in memoria” organizzato per la sera di venerdì 17 settembre al cimitero monumentale di Trento. Lo riproponiamo in queso sito per la valenza civile, culturale e umana che il testo condensa e sprigiona.
L’essenza e la musica, quando l’arte si relaziona con l’anima.
Esposti da troppo tempo ai bombardamenti mediatici, rischiamo spesso di perdere il senso e l’essenza delle questioni che avvolgono i nostri giorni. Solo così la pandemia, che si è avvinghiata alle nostre vite in un continuo gioco di accelerazioni e frenate, ha potuto compiere sottrazioni spaventose di esistenze, di memorie, di affetti e di narrazioni, in un silenzio rotto solo dal computo dei Caduti. In Trentino più di milletrecento: un paese intero. Se ne sono andati in crepuscoli di speranza, prima ancora che di vita, senza averli potuti accompagnare; senza aver elaborato insieme; senza quella partecipazione che comunque rende meno pesante l’ultimo addio anche per chi resta; senza le parole confortanti della fede, qualunque essa sia, in un tempo che pare avvolto da un disumano velo di consuetudine al morire. Non possiamo però lasciarli andare via così, con tutta la loro solitudine sulle spalle ed è in questa convinzione profonda che nasce la proposta di un ricordo collettivo; di un lutto comune; di una condivisione che riporti a noi, per un attimo, i nostri cari. Si è deciso così di occupare un’ora della prossima sera del 17 settembre, come omaggio al ricordo e come momento di partecipazione collettiva per assenze che colpiscono questa terra, lontana dalle esternazioni plateali ma altrettanto salda nei suoi valori di solidarietà e di pietà. «La falze a tondo, a tondo» non è un recital, un saggio, un evento. Solo un modesto fiore che tutti insieme proviamo a deporre sulla terra dove i nostri affetti attendono l’Eterno. Un fiore senza pretese; un semplice fiore di montagna composto da petali musicali e da parole antiche e moderne, per dire insieme della morte che scandisce il nostro viaggio, breve o lungo che sia.
Le note di Purcell, di Puccini, della tradizione migliore del Coro della SAT, al pari di quelle di Marina Giovannini e del «Dies Irae» segnano la forza del racconto delle Danze Macabre di Clusone e di Pinzolo, i ritmi del Laudario da Cortona e il poetare sereno degli indiani Navajos, contrappuntato dai versi d’amore di Neruda e dal dolore cosmico di Katznelson, per aprire uno sguardo sulla forza della parola rivelata nella Torah, come sull’amara freddezza dei numeri dei Caduti, in attesa di una speranza che solo la forza del cantico delle creature compone per noi che ci chiniamo sui nostri defunti, recitando infine il «Requiem».Questa è l’idea di alcuni amici che hanno sentito il dovere di un omaggio funebre comune, al quale invitare tutte le donne e gli uomini della nostra comunità, credenti o laici, nell’unico posto dove quel fiore può posarsi: il camposanto di Trento, simbolo di tutti i cimiteri del Trentino, dell’Italia e del mondo intero. Chi vuole unirsi al canto del coro della Sat, del coro Filarmonico Trentino, del coro Vox Cordis; al suono del Gruppo degli ottoni del Conservatorio di Bolzano, alla collaborazione con gli alpini e alle parole offerte dal Club Armonia è gradito ospite, nella certezza che stare insieme possa aiutare anche a portare con meno fatica il dolore dei vuoti che continuano ad aprirsi sotto il nostro attonito sguardo. È anche questo un modo di fare ed essere comunità, nella certezza che l’arte altro non è se non un mezzo per parlare all’anima di chi ci è accanto e di chi è «andato avanti» e, al contempo, per ascoltare, nella frenesia del vivere, quanto questo morire nell’abbandono ci stia insegnando.