A scanso di equivoci o fraintendimenti: abbiamo fatto tutti i vaccini possibili, siamo in possesso di green pass cartaceo e digitale, abbiamo una scorta di mascherine da far impallidire un rappresentante del settore e siamo ossequienti e devoti alle disposizioni di chi è preposto alla salute pubblica. Ma non essendo stati ancora sottoposti alla vaccinazione contro l’imbecillità della burocrazia, qualche riga la dobbiamo spendere.
“Se bene, per la grida pubblicata d’ordine del signor Duca di Feria ai 14 di dicembre 1620, et confirmata dall’lllustriss. et Eccellentiss. Signore il Signor Gonzalo Fernandez de Cordova, eccetera, fu con rimedii straordinarii e rigorosi provvisto alle oppressioni, concussioni et atti tirannici che alcuni ardiscono di commettere contro questi Vassalli tanto divoti di S. M., ad ogni modo la frequenza degli eccessi, e la malitia, eccetera, è cresciuta a segno, che ha posto in necessità l’Eccell. Sua, eccetera. Onde, col parere del Senato et di una Giunta, eccetera, ha risoluto che si pubblichi la presente…” (Alessandro Manzoni, I promessi Sposi, cap. III).
Già, le “grida” contro i “bravi e vagabondi” pubblicate a più riprese nella Milano del XVII secolo, quello della peste resa celebre dal Manzoni (1630-1632) e resa popolare negli anni Sessanta del secolo scorso dalla televisione in bianco e nero, con Nino Castelnuovo (morto a 84 anni) nei panni di Renzo Tramaglino e Paola Pitagoria in quelli di Lucia Mondella.
L’Agnese aveva mandato Renzo, il futuro genero, dal dott. Azzecca-garbugli che ne sapeva una più del diavolo: “Pigliate quei quattro capponi, poveretti! a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vote da que’ signori. Raccontategli tutto l’accaduto; e vedrete che vi dirà, su due piedi, di quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno”.
Chissà quanto hanno pensato gli Azzecca-garbugli “de noantri” per dire e non fare, fare e non dire, nelle disposizioni dettate dall’emergenza della pandemia e suggerite agli zelanti burocrati per costringere i riottosi alla vaccinazione. Là dove non potrà la logica potranno “i rimedii straordinarii e rigorosi”, cioè i divieti.
È fatto divieto a chi non è in possesso di “green pass” di: salire sui treni a lunga percorrenza (notoriamente provvisti di posto assegnato come da prenotazione obbligatoria). Ma si potrà allegramente viaggiare stipati come i capponi di Renzo sui vagoni per pendolari e assimilati.
È fatto divieto di andare al cinema senza “green pass” ma si potrà andare a messa senza il certificato vaccinale. Forse perché in chiesa si è più vicini a Dio che, come è noto, “vede e provvede”.
Non si può, udite, udite, entrare senza “green pass” al cimitero monumentale di Trento per una commemorazione pubblica dei morti di Covid (venerdì 17 settembre 2021, ore 20.30) perché, essendo contornato da mura (le cappelle, le tombe di famiglia e il famedio) dai solerti burocrati è considerato un luogo chiuso.
Non si può… non si può andare al bar e sedersi al tavolo per prendere un caffè, se non si è provvisti di “green pass”. Sorbirlo in piedi è consentito, ma per sedersi serve l’agognato certificato vaccinale. Se questa non è una presa per il… sedere, è di certo una disposizione da cervello poco green e molto pass.
Ps. Il “green pass” non è un’invenzione partorita nell’anno di grazia 2021. Già al tempo della peste raccontata dal Manzoni di cui sopra era stato disposto un lasciapassare che recitava testualmente così: “Si parte da questo luoco libero d’ogni sospetto di mal contagioso (per grazia d’Dio, & dell’Intercessor S. Rocho) per andar à (luogo di approdo)”. Il foglietto era firmato dai “Deputati alla Sanità”, mentre lungo le strade erano collocati i “restelli”, posti di blocco disposti dai reggitori delle comunità per evitare la propagazione del contagio. Contro la peste non c’erano i vaccini i quali, essendo di origine batterica, avrebbero potuto far nulla. Sarebbero bastati gli antibiotici.
In compenso c’erano le “grida” contro gli “untori” e c’erano pure gli antesignani dei “no vax” che guidavano l’assalto ai forni del pane. I devoti, salmodianti, invocavano Dio con la supplica “a peste, fame et bello libera nos Domine”. Oggi potremmo aggiungere: “liberaci” anche dalla burocrazia ottusa che invece di spegnere l’incendio porta legna al fuoco dei “no vax”.