A metà dell’Ottocento, su sollecitazione degli organi amministrativi e del mondo economico del Tirolo, l’Imperial Regio Governo di Vienna dispose che fossero finanziati e realizzati imponenti lavori di sistemazione del corso dell’Adige. Furono disegnate planimetrie precise sino al metro e su quelle carte furono impostati gli interventi. Non si trattava solo di impedire, una volta per tutte, le periodiche esondazioni di un fiume che si snodava capricciosamente tra terreni acquitrinosi. Lo scopo era quello di recuperare, con una severa bonifica terre da destinare all’agricoltura. C’era infine da rendere sicuro un passaggio di fondovalle sul quale, di lì a breve sarebbe stati postati i binari della costruenda ferrovia del Brennero.
I lavori furono impostati ed eseguiti. A nord di Salorno, il corso del fiume venne corretto eliminando una “gobba” che si protendeva verso il versante orientale della valle. Passarono oltre trent’anni. Il fiume scorreva nel nuovo letto, ma forse non aveva perso la memoria del suo corso antico o, più semplicemente, quel tratto d’argine era il più debole. Sta di fatto che, la notte del 19 luglio 1981, le campane di Salorno iniziarono a suonare a martello e gli abitanti seppero che dopo giorni e giorni di pioggia ininterrotta il fiume aveva rotto gli argini proprio a nord del paese.
Furono giorni drammatici, alleggeriti solo dal fatto che per fortuna non ci furono vittime. Molti abitanti del paese dovettero lasciale le loro case invase dall’acqua. Un momento doloroso soprattutto per gli anziani che non volevano abbandonare il luogo dove avevano trascorso una vita intera. Restano storiche le immagini registrate da una troupe della RAI del salvataggio di una bambina prelevata dal tetto di un’abitazione da un elicotterista. Tutta la parte bassa di Salorno era allagata. Un’acqua sporca, maleodorante riempiva i piani bassi e le cantine, avvelenava i campi dove mele ed uva non sarebbero stati raccolti.
Ci fu anche un atto concreto di ribellione. Una ventina di giovani, contravvenendo al divieto delle autorità andarono, rischiando l’arresto, a sud del paese per rompere gli argini e permettere il deflusso delle acque. Nelle scorse settimane Salorno ha ricordato i 40 anni passati da quella terribile vicenda, ma un memento molto più forte è venuto in queste notti di maltempo, quando di nuovo l’Adige si è ingrossato sino a sfiorare gli argini, con l’acqua ad invadere alcune zone limitrofe al fiume.
Di nuovo, come in questi anni è successo tante volte, i vigili del fuoco sono tornati a vegliare sui ponti e lungo le rive e la gente è rimasta sveglia temendo di sentire da un momento all’altro il segnale di allarme.
Quell’alluvione del 1981 ha segnato però un momento di passaggio importante sotto due aspetti almeno. Il primo è stato costituito dall’avvio di una lunga serie di lavori di consolidamento degli argini. Sono stati spesi molto denaro, molto tempo e molta fatica per impedire un altro 1981. In questi quarant’anni le piene che sono passate sotto il ponte di Salorno sono state molte, sino a giungere a quella di questi ultimi giorni. Il fatto che alluvioni disastrose come quella del 1981 non si siano più verificate depone a favore del lavoro svolto, ma è evidente che i cambiamenti climatici, con il loro corredo di eventi atmosferici estremi costringe ad ammettere che probabilmente il lavoro iniziato a metà dell’ottocento non avrà mai fine e andrà costantemente aggiornato.L’altro aspetto cruciale di ciò che avvenne nell’81 è legato al concetto della protezione civile. In quei giorni drammatici fu sperimentata sul campo la possibilità di utilizzare nel modo migliore la forza costituita dai corpi dei vigili del fuoco volontari di tutta la provincia che si alternarono per assistere le popolazioni colpite. Fu allora che divenne evidente la necessità di organizzare in modo sempre più completo e coordinato il fattore di intervento di questa componente essenziale e preziosa del volontariato. La macchina della protezione civile altoatesina, così come la conosciamo oggi trae la sua origine anche da quei drammatici avvenimenti di quarant’anni orsono.