La tradizione si perde nella notte dei tempi. E la notte fra il 28 e il 29 giugno, in qualche famiglia ancorata ai ricordi o legata alle rievocazioni la pratica riaffiora. Dentro la bottiglia sul davanzale.
Oggi se ne rammenta solo qualche anziano. Nel mondo contadino e nelle valli dell’arco alpino, la notte fra il 28 e il 29 giugno aveva il sapore dell’attesa. La sera, prima di coricarsi, la mamma prendeva un contenitore di vetro, di solito la bottiglia usata per il latte, quella con l’imboccatura larga. La riempiva d’acqua e vi faceva cadere la “chiara”, l’albume dell’uovo. Lentamente, senza provocare movimenti bruschi, prendeva la bottiglia e la collocava sul davanzale della finestra.
Il fresco della notte di inizio estate avrebbe compiuto il prodigio. Al mattino presto, dentro la bottiglia, sarebbero “fiorite” le vele arabescate di un veliero: la barca di san Pietro.
Nel giorno in cui la tradizione cattolica celebrava il patrocinio degli apostoli Pietro e Paolo, la “barca” nella bottiglia era di buon auspicio per la “navigazione” tra i campi e l’andamento della stagione prossima a venire.
Se le vele erano alte e rigonfie, i raccolti dell’autunno sarebbero stati pingui. La stagione estiva calda e senza “bampa”. Senza la siccità o le grandinate, così frequenti, così temute. Lo si credeva per davvero. Non c’erano, allora, i teli di protezione alle coltivazioni di frutta; non c’era Meteotrentino, non c’era la tecnologia che tanto aiuta (forse). Tutto era “bio”, come l’uovo che serviva per dare corpo alla “barca de S. Pero”.
Non c’erano nemmeno i “cartoni animati” di “nonna TV”. Ai bambini si raccontavano le fiabe, come quella arabescata della barca di san Pietro.
Qualcuno le racconta ancora. Qualche nonna, anche ieri sera, ha collocato la bottiglia sul davanzale della finestra. Gli anziani, si sa, hanno la lacrima facile e la memoria labile. Almeno su ciò che è recente. Mantengono, si dice, la memoria profonda: delle tradizioni e delle radici.
Gli anziani sono vecchi. La “barca de San Pero” sa tanto di vecchio. Come le fiabe che non si raccontano più ma che mantengono il sapore dell’infanzia. E dell’uovo fresco, magari appena sbattuto.
PS. Dieci minuti dopo la pubblicazione on-line erano già arrivate numerose segnalazioni di amici e lettori che hanno onorato la tradizione cercando di ottenere la barca “de San Pero”. La più originale, né poteva essere diversamente, è risultata la composizione casuale della “barca” di quella “commediante” di Loredana Cont. Nella brocca d’acqua si è formata una splendida damina pronta per il ballo. Altre formazioni scaturite dall’albume nell’acqua sono state inviate dal Togo (l’infermiera Maria Assunta Zecchini); da Limone sul Garda (il missionario comboniano p. Donato Benedetti); dalla Lombardia (la fisioterapista Lilliana Mattevi); da Cadine (la dott.sa Daniela Bassetti, presidente e direttrice sanitaria dell’Avis Trentino); da Lasino (l’insegnante Graziella Trentini e Enzo Pisoni). Con ciò smentendo, in parte, lo scritto precedente. Insomma, non sono soltanto gli anziani a tener desta la tradizione.