Agli idioti – e ve n’è più di uno, a quanto pare – che si avvicinano all’incontro di sabato prossimo tra Italia e Austria, ottavi di finale degli Europei di calcio, ritirando in ballo la Grande Guerra, viene solo da dire questo: poiché tutto è già stato detto e scritto, ma pochi ne hanno tratto giovamento, occorre ripeterlo. E allora, ripetiamo un piccolo, ci pare significativo, stralcio di storia. Riguarda il calcio, riguarda l’Italia (e dunque il Trentino), riguarda l’Austria (e dunque il Trentino). Soprattutto, riguarda quell’infamia sconcia che è, sempre, una guerra.
C’è una foto ricordo scattata ad un banchetto, in un albergo di Milano, il primo gennaio del 1915. Tra i convitati, con l’inconfondibile barba a pizzetto, Cesare Battisti: un anno e mezzo dopo sarà impiccato dagli austriaci nel Castello del Buonconsiglio, a Trento. Poco discosto l’immagine svela anche il sorriso aperto di Virgilio Fossati, milanese di Porta Ticinese, classe 1891 e capitano dell’Inter che nel 1910 vince il primo campionato della sua storia sportiva. Gioca 97 volte nell’Inter, segna quattro gol. Ma quel primo giorno del 1915 Fossati è al banchetto come capitano della Nazionale italiana di calcio che all’Arena – per l’occasione in maglia bianca con l’alabarda di Trieste sul petto – gioca una partita contro una selezione francese e belga in favore dei profughi fiamminghi e delle famiglie degli irredenti italiani che iniziano ad affluire dalle regioni controllate dagli austro–ungarici (all’epoca, ovviamente, anche gli attuali Alto Adige e Trentino).
All’incontro, ospite d’onore, c’è appunto Cesare Battisti, figura carismatica dell’irredentismo trentino. L’Italia vince 6 a 2. Una settimana dopo la rivincita è a Torino: l’Italia perde 3 a 2. Nel giugno del 1917 analoga iniziativa a favore dei combattenti italiani e dei loro familiari si svolge a Messina. Sei le squadre che vi prendono parte: una porta il nome, ed è già omaggio alla memoria, di Cesare Battisti.
Virgilio Fossati, 12 volte azzurro, una rete, finisce anch’egli al fronte. Capitano dell’esercito, muore il 29 giugno 1916, durante gli scontri con l’esercito austriaco, lungo il confine nord–orientale, nei pressi di Monfalcone.
Scampoli di storie, frammenti della storia, di quella Grande Guerra che onestà vorrebbe fosse chiamata Grande Macello con i suoi 16 milioni di morti.
A proposito: quella sporca Guerra si prese anche il capitano della Nazionale austriaca. Robert Merz l’11 gennaio 1914 è in campo per lo 0 a 0 contro gli azzurri d’Italia, sempre a Milano. Il 30 agosto dello stesso anno è colpito al cuore mentre alla testa di un plotone attacca le postazioni russe presso il villaggio di Poturzyn, fronte polacco. E il primo che osasse battute belliche al cospetto di quella che ci si augura sarà solo una bella partita, sabato a Wembley, in quel di Londra, beh, lo si prenda a schiaffoni e financo a calci nel posteriore. C’è sempre tempo per rieducare.
PS: l’immagine del banchetto di Milano, con Cesare Battisti tra i convitati, è presa dall’ottimo libro “Il calcio in guerra. Gioco di squadra e football nella Grande Guerra” di Giorgio Seccia, Gaspari editore.