Dai bassifondi della storia riemergono, ogni tanto, notizie che si legano alla cronaca. Per gli smemorati e per coloro che pensano che la storia abbia fatto giustizia delle aberrazioni del nazismo, ecco una pagina sconosciuta. Un altro tassello che si aggiunge al rotolo infinito delle ingiustizie e dei conti in sospeso con l’umanità.
Nemmeno un giorno. Nemmeno un’ora. Nemmeno un minuto. Questa è la storia incredibile di Stark e Stork. A prima vista sembrano due personaggi di fantasia, come Flik e Flok, mentre invece si tratta di due irriducibili criminali di guerra, scampati ad ogni forma di giustizia. E così, dopo una sentenza che li ha condannati all’ergastolo solo il Covid, almeno in un caso, sembra essere stato capace di fare giustizia.
Il 14 dicembre scorso infatti, dopo aver compiuto il secolo di vita, è morto il sergente maggiore Karl W. Stark e, quasi contemporaneamente, si è venuti a conoscenza della scomparsa, nell’anno 2018 ed all’età di 97 anni, anche del caporale Alfred Stork.
Stark e Stork, due personaggi di un dramma che colpevolmente ci ostiniamo a non ricordare, hanno beffato una “giustizia ingiusta”, contribuendo a scrivere una pessima pagina giudiziaria. Le loro vicende criminali riemergono dal nulla della voluta smemoratezza storica e politica nel 1994 quando, dopo trent’anni di polvere e di dimenticanza, viene aperto il cosiddetto “armadio della vergogna”, che contiene i fascicoli “dimenticati” circa le stragi naziste in Italia. In quello stesso armadio giacciono anche, insieme a molti altri, i fascicoli relativi al capitano Erich Priebke, colui che ha organizzato la strage delle Fosse Ardeatine ed al sergente “Misha” Seifert, il boia del lager di Bolzano, gli unici due condannati all’ergastolo con sentenza eseguita su oltre sessanta giudizi di colpevolezza emesse dai Tribunali militari italiani.
Arruolatosi giovanissimo, Karl Wilhelm Stark viene subito assegnato alla “Fallschirm-Panzer Division 1. Hermann Göring”, un reparto corazzato incorporato nella Luftwaffe, dove ottiene ben presto i gradi di sottufficiale ed il comando di una squadra della “3.a Compagnia del Reparto Esploratori”. In tale veste partecipa attivamente, nel ‘44 in Italia, alle rappresaglie sulla popolazione civile, macchiandosi degli eccidi di Civago e Civarolo nell’appennino tosco-emiliano e di Vallucciole nell’aretino.
La “Panzer Divisione Hermann Göring”, nelle cui file militano anche alcuni “optanti” sudtirolesi, è un’unità che, sotto il comando del Generalmajor Wilhelm Schmalz, si contraddistingue per la sua brutalità: dapprima sul fronte orientale, poi nel nostro Paese ed infine in Polonia.
A Vallucciole, in provincia di Arezzo, Stark si incarica di uccidere per rappresaglia quasi cento civili, fra i quali molte donne e bambini. A Civago, in Emilia, il 20 marzo 1944 il sergente maggiore è responsabile di tre civili uccisi e dell’intero paese dato alle fiamme ed a Civarolo raduna tutti i maschi fra i 17 e gli 84 anni d’età, compresi il parroco ed un disabile, che divengono bersaglio delle mitragliatrici tedesche: 24 morti rimangono sul terreno, mentre l’intero borgo viene incendiato e distrutto.
Alfred Stork è un caporale delle truppe di montagna – i famosi “Gebirgsjäger” del generale Lanz – nelle quali si è arruolato qualche anno prima. Dopo l’armistizio italiano, i reparti della “1.a Gebirgs Division” ricevono l’ordine di agire contro gli uomini della Divisione di fanteria “Acqui” di stanza nell’isola di Cefalonia. “Ci hanno detto che dovevamo uccidere gli italiani, considerati traditori”. Questi sono gli ordini anche per il caporale Stork, che così giustifica la sua partecipazione al massacro di ben 117 ufficiali italiani della Divisione “Acqui”, prigionieri di guerra.
Obbedire senza discutere è la cortina fumogena dietro la quale si cela l’assenza consapevole di ogni responsabilità. Succede a Stark e a Stork, al pari dei gerarchi sul banco degli accusati di Norimberga, dell’esecutore per eccellenza Eichmann e di tanti altri. La perdita di ogni freno inibitore; la durezza della “guerra totale”; l’indottrinamento ideologico; la somma dei più disparati pregiudizi e le personali inclinazioni al gusto della violenza trasformano l’individuo in una fredda macchina di morte, moralmente ed eticamente del tutto deresponsabilizzata. È per questa ragione che Stark e Stork, al pari di tanti altri, rifiutano di sottoporsi alla giustizia, certi di aver agito nel rispetto degli ordini ricevuti, come si addice ad ogni “buon soldato”.
Ciò nonostante, per le loro provate colpe, vengono condannati all’ergastolo nel 2013 dal Tribunale militare di Roma. Secondo una consolidata prassi, la Germania non estrada i suoi cittadini giudicati colpevoli di crimini di guerra e così, Stark e Stork, che sembrano usciti da una filastrocca per bambini, si prendono gioco della giustizia. Il primo dichiara che “il processo italiano è una farsa” ed il secondo nemmeno impugna la sentenza di primo grado, tant’è la loro sicurezza di impunità. Ma non basta. Dall’intercettazione delle loro conversazioni telefoniche emerge chiaramente l’assenza di ogni pentimento e la convinzione, non solo di aver agito correttamente, ma anche di riconoscersi ancora ed in ogni modo negli aberranti ideali del nazismo.Sono trascorsi molti decenni da quei tragici fatti e il destino ha chiuso anche le esistenze di questi uomini, ma ciò non esime affatto dal dovere di continuare ad indignarsi; dall’urgenza del racconto; dalla trasmissione della memoria, antidoti unici al rischio del ripetersi.
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