Proseguono le riflessioni del nostro “corrispondente” dagli USA, Louis Brunelli, nato a New York il 7 agosto 1941 da genitori emigrati negli Stati Uniti da Cavaione di Bleggio. Nella sua convinta (anche se non condivisibile) requisitoria intende ribadire a noi Trentini che i discendenti degli emigrati da questa terra di montagna, negli USA si sentono “Tirolesi Mericani” pur continuando a professarsi nostri “fratelli e sorelle”. È un punto di vista interessante e uno spunto di dibattito per chi affronta la storia dall’erba, dai piccoli episodi, dal sentire non sempre e non solo comune. Chi è nato e cresciuto con il ritratto di Francesco Giuseppe d’Austria o di Andreas Hoffer appeso nella cucina di casa, non lo può sostituire con quello dei re sabaudi o di Giuseppe Garibaldi. Per loro, come per i nostri bisnonni, restiamo “taliàni ciapàdi col sciòp”. Italiani presi col fucile. Ma non è che i tirolesi d’oltre Brennero abbiano visto con occhio benevolo o che Vienna abbia favorito i tirolesi di lingua italiana. Anzi.
Da piccoli, voi avete letto e studiato i disagi dei famosi profughi, Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Nei Promessi Sposi, Manzoni nel capitolo VIII nell’Addio, monti sorgenti dall’acque, vi presenta i pensieri della Lucia: “Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell’Adda”. Tal pensieri appunto, erano di tristizia, separazione, nostalgia per le loro cose familiari, la casa natia, il campicello, la chiesetta del loro paese. Ma Renzo e Lucia non erano vere persone ma solo immaginate nel romanzo e immaginazione di Manzoni. Ma tanti di voi avete o dovreste risvegliar la memoria delle vosse famee (vostre famiglie) e i vostri veri profughi e esuli che hanno propri e veramente sofferto una separazione, tristizia e nostalgia. Tre il 1867 e il 1919, migliaia dei vossi avi, parenti, paesani, amici, come una gran onda partirono dalle loro belle e amate valli, usi e costumi e vita tranquilla delle loro tradizioni per evitar la povertà e la gran miseria di quei tempi.
Mancando e senza bisogno della immaginazione del Manzoni, podo dir che ho conossù nella mia vita e studi tal persone, i tantissimi dei nossi parenti e amici che son vegnudi chi in Merica. E poi per mezzo dei miei contatti cotidiani del Filò, con i miei lettori continuo a sentire le storie, le testimonianze dei loro discendenti. Più di solo immaginare come il Manzoni, conosco ben da quali valli son partidi, da quai porti partivano, quali navi, come erano vestidi, qual dialet parlavano e i tipi de valis che usavano. Ciò nonostante, ritorno alla mia immaginazione per presentarvi il loro primo incontro con la Merica.
Attraversato il mare, la nave entra nella baia di New York, il vero sportello di ingresso in Merica. I passeggieri, gli emigranti sono un quadro di tante e varie nazioni con le sue diverse lingue, culture e anca religioni. I nossi sono mischiati e integrati fra questa gran diversità di razze e lingue. Con ansia e anticipazione, tutti si mettono in fila per la prima vista e il primo incontro con la Merica. La nave va avanti…e da lontan i vede I grattacieli della città e poi un gran sospiro e un grido di gioia perché appare quasi come ‘na visione de na Madonina di qualche santuario: la donna trionfante del porto, con il suo faro alzato come un abbraccio e un saluto di benvenuto. Chi sa quante storie i migranti avranno sentito di questa statua forse più conossuda della Madonina di Lourdes. I miei genitori mi avevano raccontato questo primo contatto, il primo incontro. Quali erano i loro sentimenti? Che erano i loro sentimenti…del tal genere se non tali appunto erano i sentimenti mentre le navi si avvicinavano al porto di New York. Forse erano ansiosi, spaventadi, incerti, insecuri ma diventano vigorosi di gioia fis, fis, fis a veder la Madre degli Esuli!
Ecco la cosiddetta “Statua della Libertà” con le labbra mute ma nonostante si fa sentir e capir nelle autentiche speranze dei migranti e anca nelle parole scritte dalla poetesa ebraica, emigrante, Emma Lazarus che sono incise ai piedi del piedestallo della statua.
Non come il gigante di bronzo di greca fama,
che a cavalcioni da sponda a sponda stende i suoi arti conquistatori:
Qui, dove si infrangono le onde del nostro mare
Si ergerà una donna potente con la torcia in mano,
la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come
nome Madre degli Esuli. Il faro
nella sua mano darà il benvenuto al mondo, i
suoi occhi miti scruteranno quel mare che giace fra due città.
Antiche terre, – ella dirà con labbra mute
– a voi la gran pompa! A me date
i vostri stanchi, i vostri poveri,
le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi,
i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate.
Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste,
e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.
Allora, la Madre degli Esuli dà il suo forte benvenuto ai i nossi stanchi, i nossi poveri, le nosse masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Ma non solo un benvenuto, ma sono invitati a diventar I suoi figli, cittadini, Mericani. Ai nossi cittadini dell’Impero la estende un invito, un accordo. Son accettati con un documento nella forma di un giuramento. Ecco il giuramento dichiarato da ogni emigrante che cerca la cittadinanza della Merica.
“Con la presente dichiaro, sotto giuramento, di rinunciare assolutamente e interamente e abiurare ogni fedeltà a qualsiasi principe, potentato, Stato o sovranità straniera di cui sono stato finora suddito o cittadino; che sosterrò e difenderò la Costituzione e le leggi degli Stati Uniti d’America contro tutti i nemici, stranieri e interni; che porterò vera fede e fedeltà agli stessi; che porterò armi per conto degli Stati Uniti quando richiesto dalla legge; che svolgerò il servizio non combattente nelle forze armate degli Stati Uniti quando richiesto dalla legge; che svolgerò lavori di interesse nazionale sotto la direzione civile quando richiesto dalla legge; e che prendo questo obbligo liberamente senza alcuna riserva mentale o scopo di evasione; che Dio mi aiuti”.
Sbarcati, dispersi per gli USA, giurano e son trasformati e accettano una nuova patria, consolati nel saver che non devono rinunciar al loro patrimonio Tirolese. Infatti, diventano cittadini di una Nazione fatta da emigranti di ogni cantòn (angolo) del mondo. Il giuramento è il contratto sociale offerto e accettato da ogni immigrante negli Stati Uniti d’America. Il regalo Americano è offerto ai nossi emigranti e allo stesso tempo capiscono di esser incoraggiati a combinar le loro origini e eredità con l’identità Americana. I nossi in Merica non dovevono perder la loro identità. Non siamo integrati ne fusi con tutti gli altri emigranti come in una pentola che scioglie tutti, una teoria sociologica abbondonata da anni. La nomenclatura precisa, la identità specifica per la nossa communità e per me stesso è che siamo Tirolesi Americani. Le due identità non sono divise da una barretta ma combinate, anzi, per meio dir, integrate. Siamo principalmente ed essenzialmente Mericani ma specificati, individulizzati, arricchiti dalle nosse origini Tirolesi. Perciò abbiamo guadagnato ad essere conosciuti come un certo e specifico Mericàn. Per questo nostro sviluppo, di noi partìdi e abbandonadi, non serve la Provincia a darci il suo permesso o imporre la sua identità. Propri in casa mia o nella mia famèa, podo dir che gho tale individuazione. Gho ‘na nuora Cinese, un’altra Filippina, un’altra ancora mezza Irlandese e mezza Napolitana e Calabrese; un genero Messicano, e un’altra nuora da Texas per la quale non abbiamo ancora definito le sue origini. Ognuna di loro, genero e nuore, sono fieri e si sentono completi in questo contratto o accordo. Gho speranza che i miei 12 nipotini godranno lo stesso rispetto e posto proprio qui nella nostra nuova hiemat. Questo fenomeno e questa dinamica si osserva nelle nomenclature combinate o, per meio dir, integrate con tutte le altre comunità americane: sia i Tedeschi Americani, Afro Americani, Irlandesi Americani, Ebrei Americani, Francesi Americani, e via discorrendo.
Perciò in questo sviluppo, frutto della nostra separazione storica, capita una divisione o una distinzione che porta a un NOI e a un Voi, anche se restiamo sempre e comunque i vossi fradèi e sorelle, paesani e amici.Allora con Renzo e Lucia, nel nome delle migliaia dei nossi coraggiosi emigranti podém sperar e concluder che Dio “…non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande”.