Una mostra non di parte racconta (per conto di una parte) che gli Sizzeri, o Schützen in tedesco, c’erano già prima che Massimiliano ne decretasse ruolo e funzione per la difesa territoriale. Ovvero ben prima del 1511. E che calpestavano anche codeste contrade del fu Tirolo italiano. Carlo Martinelli, da par suo, affonda la coccarda nel burro della storia.
Ho imparato a conoscere le cose del mondo negli Anni Sessanta del secolo scorso. Bambino, mi dividevo tra i racconti del nonno Bepi, Kaiserjager, fatto prigioniero in Galizia, sette anni in Russia (nel frattempo diventata Sovietica), la stella alpina come stella polare e quello che passava la scuola: i martiri Cesarebattistifabiofilzidamianochiesa, com’è bella la nostra bandiera, il Risorgimento, la Giovine Italia. Anni dopo, scoprire che proprio nel tuo paese viene fondata la prima compagnia trentina degli Schützen nel mentre tuona la voce di un indimenticabile collega, dentro la redazione ancora percorsa dal ticchettio delle macchine da scrivere: “Andreas Hofer? un oste ubriacone, altro che eroe”.
Ci si perdonerà la divagazione autobiografica, grimaldello per aprire la porta di una mostra che va visitata proprio per meglio risolvere (o cercare di farlo, quantomeno) il dilemma di cui sopra. Si parla di “Difesa territoriale, valori e tradizioni nel Tirolo meridionale. Sizzeri, Schützen e Standschützen”, a Palazzo Trentini, via Manci, Trento, fino al 25 giugno (ma c’è una proroga alle viste) con questi orari: da lunedì a venerdì 9.30/18.30, sabato 9.30/12.30, domenica chiuso. Mostra voluta e organizzata dalla presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, leggi Walter Kaswalder.
L’occasione per apprendere che un manoscritto attesta al 1468 l’esistenza degli “sizzeri” in Trentino. Prima ancora del “Landlibell dell’undici” (1511), siglato a Innsbruck dall’imperatore e conte del Tirolo Massimiliano I d’Asburgo e dai principi vescovi di Trento e di Bressanone, erano dunque già state poste le prime basi per una milizia territoriale e popolare, concepita a difesa (e solo a difesa) della sacra terra tirolese. Insomma, questi Schützen furono fin dal principio una realtà tanto sudtirolese quanto trentina. E la mostra di palazzo Trentini tutto questo racconta.
Il merito è di Federico Maraner e Marco Ischia, i curatori di una rassegna documentaria utile proprio per smarcarci dalle contingenze dell’oggi – troppo spesso piegate alle diatribe da pollaio della politica – e capace invece di immergerci nel respiro della storia. Dove ognuno saprà poi farsi forte di una opinione nata dalla conoscenza e non dalla supponenza. Un ricco catalogo (autori dei testi anche Roberto Bazzanella e Romina Zanon) restituisce la gran mole di fatti, notizie, iconografie presenti in mostra. Guerra di successione, duca di Vendôme, Grande Guerra, Andreas Hofer, Napoleone. E molto, molto altro.
Nell’altro, la parte che ha molto colpito chi scrive. Sì, perché nella sala sotterranea di Palazzo Trentini c’è una mostra nella mostra: Luca Chistè espone i suoi ritratti fotografici in bianco e nero. Li ha voluti chiamare “Ritratti di un’identità”. Ci raccontano e confermano alcune cose. Che il bianco e nero resta il re incontrastato della fotografia. Che Luca Chistè ha mano ed occhio felici: perché sorretto da quella inesausta curiosità che è condizione necessaria e non negoziabile per chiunque voglia raccontare le cose del mondo, lo faccia con la macchina fotografica, financo con il tristo cellulare, per non dire della scrittura o del cinema. Che Luca Chistè fa le cose per bene. In mostra ci sono 35 immagini. Le ha scelte da oltre quattromila scatti, un anno di lavoro.
Evidente la cura con cui sono state realizzate le fotografie esposte. Tipo di carta impiegato (100% cotone) e inchiostri utilizzati qualificano le stampe come “fineart prints”. Insomma, qualità.
Nel testo che in catalogo accompagna le immagini di Chistè – e sono parole di Romina Zanon – si legge che le Compagnie Schützen del Tirolo Meridionale sono raccontate per immagini attraverso uno sguardo etno-antropologico e a-politico. Vero. In altri termini uno sguardo che cattura volti, gesti, costumi, sguardi per fissare una realtà di uomini e donne che parrebbe “altra” rispetto al quotidiano incedere della nostra vita al tempo del turbocapitalismo, nel regno apparentemente incontrastato delle merci. Chistè avverte: ci sono anche loro. Non sono alieni. Lo fa in modo a-politico? Lo si chiami anche libero, allora.
E, tornando da dove si è partiti: ci fosse concesso l’uso della macchina del tempo, quale desiderio migliore da esaudire se non quello di visitarla, questa mostra storica con mostra fotografica incorporata, al fianco di nonno Bepi, con i suoi racconti da Kaiserjager…
1 commento
Caro Carlo, scopro colpevolmente solo ora questa tua “appartenenza”. Mi fa molto piacere. Quanto alle compagnie degli Sizzeri trentini, è quasi ovvio che Massimiliano I non li avesse improvvisamente “tirati fuori dal suo cappello” ma che abbia dato riconoscimento e dignità istituzionale a qualcosa che già c’era, anche se non istituzionalizzato. Non è dunque una grande sorpresa il fatto che le compagnie degli Schützen esistessero già prima del Landlibell di Massimiliano.
In ogni caso … Schützen heil e un caro saluto a te “omonimo” Carlo