Quei tralicci caduti fra Trentino, Alto Adige e Tirolo sessant’anni fa aprirono ferite che in parte sono state sanate ma nella memoria restano come cicatrici indelebili. Maurizio Ferrandi rilegge quelle vicende anche alla luce di avvenimenti recenti.
Qualche giorno fa, con una semplice cerimonia opportunamente pubblicizzata da tutti i mezzi di informazione locali, i tre Presidenti di Tirolo, Trentino e Alto Adige hanno voluto salutare, con orgoglio e soddisfazione, il ripristino dello storico collegamento delle reti di alta tensione tra Austria e Italia al valico del Brennero. Un risultato tecnico che migliora la qualità della rete di distribuzione dell’energia e che simboleggia il legame che esiste tra i territori dell’antico Tirolo e che oggi trova la sua espressione politica dell’attività dell’Euregio.
Tutte considerazioni più che condivisibili e non vi è da meravigliarsi per l’enfasi utilizzata nel sottolineare questa piccola conquista transfrontaliera, in un contesto generale nel quale sulla Regione Europea del Tirolo si proiettano, oltre a questa ed altre luci, anche ombre non certo rassicuranti. Basti pensare ai contrasti piuttosto vivaci riguardo alla politica tirolese di limitazioni al transito dei mezzi pesanti sulla Inntalautobahn per capire come, sui due versanti della frontiera del Brennero non tutte le cose vadano sempre lisce come dovrebbero.
La corrente elettrica torni dunque a circolare liberamente superando i confini di Stato, ma non sarebbe stato superfluo, forse, ricordare i motivi per i quali, esattamente sessant’anni fa, un collegamento che già esisteva fu bruscamente interrotto. La piccola cerimonia svoltasi al Brennero nei giorni scorsi cade infatti quasi a ridosso di una ricorrenza, quella della cosiddetta “Notte dei fuochi” che la storia e la memoria fissano sul calendario alla data del 12 giugno 1961. Quella sera i fuochi tradizionalmente accesi sulle montagne altoatesine per ricordare la dedicazione del Tirolo al Sacro Cuore di Gesù durante la rivolta hoferiana del 1809 si trasformarono in una serie ininterrotta di esplosioni che mandarono a gambe all’aria decine di tralicci dell’energia elettrica, lasciando nel buio e nella paura buona parte del territorio provinciale.
Una delle conseguenze di quell’operazione, che mirava a creare in Alto Adige i presupposti per una lotta di liberazione simile a quella in corso, all’epoca, in numerose parti del mondo, fu proprio quella di bloccare il collegamento elettrico tra Austria e Italia.
Nel frattempo di acqua nelle condotte delle centrali a sud e a nord del Brennero ne è passata parecchia. I tralicci che allora furono presi di mira perché simboli relativamente comodi da colpire di una politica di industrializzazione che era stata calata dall’alto sulle popolazioni locali, sono diventati, dopo un’operazione politico finanziaria non priva di aspetti controversi, consegnati anche in parte alle inchieste della magistratura, patrimonio di una società che ha le sue radici saldamente piantate nella realtà altoatesina.