La falce della pandemia sta rallentando. Ma anche da noi ha colpito duro. Quasi 1.400 vittime in poco più di un anno. Un intero paese, due generazioni scomparse. Se ne sono andati da soli, numeri e volti avvolti in un sudario di anonimato. Con i quali, prima o poi dovremo confrontarci. Se vogliamo ripartire.
Numeri. A questo ci stiamo abituando. A sommare numeri, computando l’invadenza tragica di una morte collettiva che sta potando l’albero della vita, sradicando intere generazioni dal terreno della quotidianità di questa terra come del mondo intero.
Più di millequattrocento esistenze, con i loro racconti, le loro esperienze ed il loro contributo essenziale al nostro esistere, ridotte a numeri su anonime tabelle che, a ritroso, ci ricordano altri numeri. Quelli dei “senza nome” di oggi inghiottiti dai flutti indifferenti di quel “mare nostrum”, dove galleggiano solo le nostre ansie e le nostre paure; quelli dei milioni di dissolti nel fumo grasso dei cieli polacchi ottant’anni fa; quelli diventati polvere nel deserto armeno e quelli che, in ogni tempo, sono scomparsi nei roghi dell’intolleranza, delle violenze, della sopraffazione e nella diffusione dell’ignoranza che ha divorato più vite di qualsiasi morbo.
Numeri. Solo numeri, a dire di quanto si inaridisce l’animo umano nelle pestilenze degli egoismi e di quanto sia in scadenza la data di consumo della vita. Millequattrocento esseri viventi sono un intero paese delle nostre valli. Un paese evaporato nell’arco di un anno. Un’assenza che deve ferirci, perché è inflitta nella carne di questa strana terra, ieri povera, solidale ed umana ed oggi opulenta, fredda ed egoista.
Solo il ricordo da senso alla narrazione indispensabile, perchè senza memoria di chi ci ha preceduto non c’è futuro per chi ci seguirà; perchè rammentare è sopravvivere dignitosamente e perchè solo una collettiva elaborazione del lutto può rendere meno disumana la ripresa del cammino.
I numeri a questo non servono. Non importa se ne sono morti dieci o cento o mille. Ciò che conta è ogni singola morte, perché ci impoverisce tutti.
I numeri sono importanti invece per la scienza e per le sue statistiche, anche se non nutrono l’anima; non allacciano le nostre vite a quelle chiuse negli anonimi sacchi funebri e non ci indicano le strade percorse che conducono a quelle ancora da percorrere. I numeri parlano solo dei fatti occorsi, senza disegnare orizzonti nuovi.
Dobbiamo allora rammendare le nostre sbrindellate coscienze, attraverso una sorta di rito comune entro il quale dare sostanza al ricordo di quei millequattrocento che solo ieri ci sorridevano e ci parlavano dalla complessità dei loro molti anni. Dobbiamo rattoppare le nostre lise intelligenze, smettendo di credere che tutto si risolve nell’urgenza vuota di qualche aperitivo in più. Dobbiamo ricucire infine il tessuto consunto di questa comunità, che non pare più capace di trovare rotte nuove da seguire ed ha dimenticato i vecchi sentieri che portano al confine del tempo. Dobbiamo………..ma a volte, il più delle volte, non facciamo.
Ma questa volta rimanere immobili non è irresponsabile, è colpevole.
Le anime, come le memorie, sono impalpabili quanto indispensabili. Evocarle non è un atto dovuto all’effimero bisogno di sgravarci la coscienza, quanto piuttosto un atto di pietà universale ed un alimento essenziale per evitare di trasformare anche noi stessi in numeri.
L’Europa è costellata di cimiteri. Sono i luoghi dove si consuma la storia e dove si raccolgono le identità perdute. E’ nei cimiteri, siano essi quelli delle tradizioni religiose come quelli degli orrori umani diventati cenere, che il racconto può e deve riprendere il proprio filo di senso ed è nei cimiteri che va celebrata le memoria delle generazioni andate, consci che quei luoghi, custodendo il ricordo di chi è stato, offrono speranza a chi è e a chi sarà.Attorno ai grandi appuntamenti della vita, come la nascita e la morte l’occidente ha sempre costruito una narrazione che nemmeno il maledetto Covid può far venire meno ed è a quel racconto che dobbiamo rifarci per ricominciare a vivere. Ben oltre e ben al di là dei numeri.