Ci fu un primario dell’allora “118-Trentino emergenza” che dichiarò di essere venuto in provincia di Trento dalla pingue Lombardia perché gli piaceva sciare. Non si sa se la carenza di neve, quell’anno, o la prospettiva di una più luminosa carriera, il fatto è che, dopo pochi mesi, il luminare se ne tornò ai patri lidi.
Devono aver fatto memoria di questi desiderata dalle parti del “palazzo delle aquile” i titolari, pro tempore, del governo di codesto territorio. Nell’intento di dare una svolta alla sanità in salsa tridentina, hanno annunciato la genialata del secolo. Per attirare medici ospedalieri da mandare nelle Gallie, ovvero nei nosocomi di valle, sarà messo sul piatto un pacchetto-vacanze. Skipass gratis per tutta la famiglia, biglietti a prezzo di saldo per teatro e concerti, contributo a fondo perduto per l’acquisto dell’abitazione e magari pure la cittadinanza (trentina). Già si annunciano lunghe file di sanitari di altre terre pronti ad agguantare tutti questi benefit. Non è precisato se dal contributo alloggio sono esclusi i medici meridionali o quelli di colore. Di certo tra gli ospedalieri delle terre padane ci sarà uno sgomitare per essere pronti alla leva. Accolti a braccia aperte (e con skipass in mano) a Cavalese, a Tione, a Cles, a Borgo Valsugana, ad Arco, per non parlare di Trento e Rovereto. Il senso dei camici bianchi per la neve è noto. E poi, vogliamo mettere l’appeal del cartellone teatrale e concertistico nelle valli trentine?
Parafrasando Flaiano, l’offerta è grave ma non è seria. Del resto, gli stessi medici trentini si sono un po’ offesi di fronte ad un’offerta che richiama certi piazzisti della fiera di San Giuseppe: “Non per mille, non per cento… metto uno, aggiungo due, ecco tre. Tre pezzi al modico prezzo di uno, tutto compreso”.
In attesa di questa massiccia immigrazione di cervelli armati di bisturi, fonendoscopio e sci, in val di Fiemme ferve il dibattito. Dopo l’avventura del reparto di maternità, riaperto in deroga e con gran dispendio di risorse, adesso si parla (sottovoce per non sollevare polemiche fuori luogo) di trasferire l’ospedale di Fiemme nella piana alluvionale dei Masi di Cavalese. Se ne parla, si discute. Se il padre del progetto è incerto, i padrini non tarderanno a palesarsi. Così come sono fumosi i tempi di realizzazione del nuovo manufatto. Viste le vicende del Not, del nuovo ospedale di Trento sud, è facile ipotizzare ere geologiche. In questo cicaleccio di rilancio sanitario stupisce l’assoluta mancanza di un minimo cenno a quello che fu un grande ospedale. Avviato nel 1882, l’anno della tragica alluvione che devastò il Trentino, fu chiuso il 29 ottobre 2002. Nessuno ne parla, ma il fu ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana andrebbe riaperto. Visti i tempi, spalancato. Non si sa quanti medici potrebbero essere interessati alla struttura, richiamati dalle nevi della Panarotta, ma l’elenco dei pazienti potremo tranquillamente fornirvelo noi.