Dei cinque musei della scuola allestiti in alcune valli del Trentino (Valsugana, Primiero, Val di Non e Vallarsa) quello di Rango, uno dei borghi “più belli d’Italia”, nel Bleggio, rischiava di finire nel museo dei ricordi. L’edificio delle scuole elementari, di proprietà della parrocchia, era in cerca di un acquirente. Per buona sorte si è fatto avanti il comune di Bleggio Superiore.
Qualche mese fa si era temuto seriamente che l’esperienza dovesse finire: la parrocchia (proprietaria dell’edificio) lo avrebbe venduto volentieri, dovendo fare cassa. Non saranno i tempi delle vacche magre, ma certo le loro colleghe grasse sono finite al macello. Parliamo del Museo della scuola di Rango, che vent’anni fa un tecnico tuttofare e tantopensare di nome Tomaso Iori si inventò. Si era temuto che l’esperienza finisse, abbiamo scritto. In realtà all’ultimo momento si è fatto avanti il Comune di Bleggio Superiore, di cui Rango è frazione. Adesso Tomaso ha un altro cruccio: “Che ci mettano mano. Tanto l’edificio non casca. E poi qui c’è una stufa antica che se la sposti non la rimonti più. Era la stufa alimentata dalla legna portata ogni giorno dai bambini che venivano a scuola. Solo la stufa vale l’edificio”. E ti racconta la storia della fabbrica (di fornelli e cucine economiche) di Luigi Spinella, in località Basso Arnò, a Tione, che ha operato fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Questa è l’ultima stufa realizzata dal costruttore. “Sospetto che abbia fornito tutte le scuole del circondario”. Tomaso è un vulcano in perenne eruzione. “Non voglio dilungarmi – anticipa – ma ci sarebbe un’altra cosa da raccontare”. Raccontiamola. “La maestra, in quei tempi, aveva in classe il catino e faceva lavare le mani a tutti. Non solo a quelli che le avevano sporche: a tutti, perché non voleva discriminare. L’acqua non c’era in casa e la propaganda del regime insisteva sull’igiene”.
Parte così la storia della scuoletta di Rango, due aule per le due pluriclassi: prima, seconda e terza in una; quarta, quinta e sesta nell’altra. Aule spaziose, anche perché dovevano ospitare molti bambini. Al Museo ne è rimasta una sola: l’altra viene usata come deposito da un’associazione. Ogni paese o gruppo di paesi aveva la sua piccola scuola di campagna: due aule, lo abbiamo detto, e due maestre. “Questa ospitava i bambini di Balbido e Rango”, racconta Tomaso, che tinge il racconto con colori locali: “Una delle maestre era la mamma di don Marcello (che sta per Farina il filosofo, docente e molto altro, ndr) e anche don Marcello ha frequentato questa scuola”.
A dire la verità definirlo solo Museo della scuola è un po’ riduttivo: infatti, nell’edificio Tomaso ci ha messo altre testimonianze della civiltà andata per non tornare più. Ha raccolto, per esempio, una collezione di ceramiche di Rango: pannelli, fotografie e documenti raccontano la storia di queste antiche lavorazioni, “le cui reliquie oggi sono conservate nei muri delle case”, sostiene Tomaso. Domanda ovvia: perché reliquie? “Perché durante la cottura molto materiale veniva scartato a causa dei difetti. E allora volevi buttarlo via?”. Nemmeno per sogno! “Appunto. Il materiale veniva lasciato in un angolo. Con il passare dei decenni, man mano che il villaggio cresceva, i costruttori andavano a recuperare i sassi, la sabbietta e pure i frammenti di questo materiale, che era l’ideale per essere usato nei muri o nelle ceppe”.
Non è un caso se Tomaso viene chiamato l’uomo delle ceppe (i cunei che venivano messi fra un sasso e l’altro al posto della malta per tener su le pareti), per il suo continuo cercare questo tipo di materiale.
Ma torniamo al Museo della scuola, che ti accoglie con la “Little Free Library”, una vecchia arnia appoggiata sul davanzale esterno di una finestra, nella quale Tomaso ha messo una nutrita pattuglia di volumi. Se passi di là, puoi prendere o dare. E comunque se visiti il Museo della scuola non puoi andartene senza aver preso un libro.
Ma entriamo nell’aula, dominata dalla cattedra e dai banchi, come ogni aula che si rispetti. E come in ogni aula, ecco i quaderni, le penne e le matite, le fotografie delle scolaresche passate qua dentro, il mappamondo, le cartine geografiche. Ed ecco l’orologio di Dante Alighieri.
Tomaso Iori, sempre lui, da anni ha inventato “Experimenta didactica”, esperimenti, come dice la parola. Lasciando andare il passato e venendo all’attualità, quest’anno, settecentesimo anniversario della morte di Dante, gli “Experimenta” sono dedicati proprio all’autore della Commedia. In aula fa bella mostra di sé un orologio medievale a verga e foliot. Diciamo il facsimile, costruito dallo stesso Tomaso. Spiegare com’è fatto? Non ce la sentiamo: meglio andare a Rango a vederlo. Si sappia, comunque, che nella Divina Commedia è citato almeno un paio di volte. Garantisce Tomaso Iori.
Merita visitare questo piccolo Museo, che ha il pregio di far correre lo sguardo malinconico su un mondo che non esiste più, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le durezze di una vita grama, ma capace di ispirare tanta tenerezza.
1 commento
Grande Giuliano! Hai colto perfettamente, con in più un pizzico di prezioso humor! Complimenti! 👏🏻👍🍀❤️