Quando qualcosa va a pezzi nella nostra vita, abbiamo anche l’occasione di guardare con occhi nuovi la realtà e, per chi l’accetta, di scendere più in profondità nella comprensione di ciò che accade. Ogni crisi è anche un’opportunità.
Tutti sperimentiamo che la pandemia da coronavirus ha certamente sconvolto la nostra vita e la vita del nostro pianeta. Siamo stati messi dinanzi alla nostra fragilità; è stata messa in dubbio l’eccessiva e presuntuosa sicurezza del nostro io, il nostro narcisismo e la pretesa di farcela da soli. Il tema della morte, che le nostre società occidentali hanno sempre più nascosto, evitato e fuggito, può costringerci a interrogarci sul significato della vita. La crisi di un modello e di uno stile di vita incentrato sull’idolatria della velocità, della produzione, di un progresso spesso inseguito senza criteri di giustizia e di attenzione per i deboli e per il creato può suggerirci nuove esperienze di solidarietà universale. Tra il resto (e non è poco) “la crisi manda in crisi anche Dio” e ci invita a chiederci: in quale Dio crediamo? A quale Dio ci rivolgiamo? Di quale Dio parliamo?
Durante la pandemia molti cristiani si sono appellati a Dio perché, magari con un evento straordinario e miracoloso e perciò “saltando” la natura, la medicina e la scienza, si risolvesse il problema e ci desse salute e guarigione. Altri, tra loro, hanno coltivato la blasfema convinzione che, magari, se è arrivato il coronavirus, è certamente per un castigo divino, manifestando una religiosità piccola e chiusa, dominata dalla paura moralista, preoccupata del peccato e, appunto, cultrice dell’idea che Dio manda il male e lo permette per “fini educativi” nei confronti dell’umano. Ma Dio non c’entra nulla con la pandemia da coronavirus! Nell’esperienza della sofferenza e della notte di certo Dio può rivelarsi in molti modi e trarre anche da lì qualcosa di buono per noi. Egli non ci salva dal dolore, ma lo attraversa con noi, lo illumina, lo trasforma dal di dentro, impegnandosi a liberarci ed a rinascere continuamente. Credere, dopo la pandemia significherà guarire dalle immagini anticristiane di Dio, del Dio che castiga, che manda la sofferenza, che chiede sacrifici. Anche per chi crede questa crisi è un’opportunità!
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