Nel giorno delle mimose (chi le porge con convinzione, chi le offre per convenzione, chi le dà per costrizione, chi non ci pensa affatto) resta di attualità il tema della parità di genere e di una rappresentanza femminile all’interno della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige. Che varrà come il due di picche (l’ente Regione, così come l’hanno ridotto) ma una consigliera, almeno una, ce la volete dare?
Ecco, il Trentino, pur provandoci in tutti i modi, non riesce a coniugare donna e politica. Eppure le hanno provate tutte, anche con norme di legge che hanno obbligato gli elettori a sradicare le donne dal focolare domestico per collocarle su uno scranno della politica. Ma solo per far fare loro le belle statuine. Dopo aver obbligato i partiti a tingere di rosa le schede elettorali i maggiorenti, con furibonde liti, hanno ricavato alla “rappresentanza di genere” un paio di poltrone in giunta provinciale. Così, sull’onda, hanno fatto pure nel vicino Südtirol. Poi qualcosa si è inceppato. Il genere maschile ha avuto un sussulto quando loro, le donne, hanno detto chiaro e tondo che la restituzione di una degna rappresentanza non era ancora soddisfatta. E qui è scattata “l’opzione donna” anche per la politica. Donne part time: mezza giornata in Provincia e mezza in Regione, a sostituire un presidente che non trova soddisfacente e dignitoso fare il vice di qualcun altro. Una donna part time al suo posto pare la soluzione ideale in attesa del proprio turno quando “l’altro” se ne sarà tornato alla Provincia del Südtirol.
Gran bella idea, chiara, concreta. Ma nonostante la generosità del gesto e la genialità della soluzione, anche fra le donne d’area fugattiana è sorto il dubbio che la proposta fosse solo una grande toppa… per coprire un grande buco. Con tre presidenze tutte al maschile, vedendo ciò che succede in Sardegna le collezioniste di scranni di seconda scelta devono aver avuto qualche sussulto, qualche comprensibilissimo disagio. Se tutto ciò non bastasse, un’aggravante evidente e irritante ha fatto traboccare il vaso. La favorita è sempre la stessa: prima fa la consigliera provvisoria in attesa di assessorato tecnico, poi fa l’assessora effettiva e contestualmente la consigliera, non solo provinciale. Essendo pure consigliera regionale, senza ma e senza se, potrebbe fare pure la vice presidente di quell’esecutivo, per mezza legislatura guidato dal presidente sudtirolese.
Del resto, la sua terra d’origine, l’Anaunia pingue e ubertosa, confina pur con le terre südtirolesi. Anzi, proprio l’alta Anaunia è attraversata da quella “frontiera nascosta” (Lauregno, St. Felix) dove la popolazione parla il tedesco alternato alla lingua nonesa e, benché provincia di Bolzano, il territorio resta val di Non. Eccolo il punto di incontro e d’atterraggio della geniale intuizione del presidente-pilota avio-padano.
Geniale ma azzardata. Tanto che le donne (con o senza mimose) stanno scaldandoi trattori per marciare sul Palazzo e riprendersi quei diritti che la buona creanza, prima della legge, vorrebbe fossero garantiti. Si chiama parità. Il fatto è, peraltro, che a questo assunto le prime a credere poco o non crederci affatto sono proprio loro: le donne. Perché, se invece di farsi lo sgambetto e beccarsi come i polli di Renzo dei “Promessi sposi” si coalizzassero (anche contro le loro stesse coalizioni) sai che parità verrebbe fuori. Occhio marpioni della misera politica trentina: anche le formiche, nel loro piccolo, si incazzano.